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Più che una Vuelta, una Svueltina

18.12.2019 17:20

Il percorso 2020 della prova spagnola ha il culmine nella seconda settimana. Finale moscio e distribuzione discutibile, ma non mancano le salite


La Vuelta a España ha presentato ufficialmente ieri sera il percorso della sua 75esima edizione che si disputerà dal 14 agosto al 6 settembre del 2020 e bisogna ammettere che per tanti aspetti il primo sguardo ha generato non poche perplessità. È vero che è un tracciato che si inserisce molto bene nella tradizione della corsa spagnola, fatta di arrivi in salita e altre tappe che possono prestarsi a finali abbastanza movimentati e divertenti, ma è impossibile non notare al volo due storture che non aiutano a rendere il giudizio pienamente positivo; in primis parliamo della distribuzione geografica delle tappe, perché dopo i tre giorni iniziali nei Paesi Bassi, la corsa sarà concentrata tutta nel nord del paese, proponendo sconfinamenti in Francia e Portogallo ed ignorando regioni di ottima tradizione ciclistica come Catalogna, Comunidad Valenciana, Murcia e Andalucía. Negli ultimi anni, però, è questa la direzione che ha preso la Vuelta, ma per il 2020 il concetto è stato fin troppo estremizzato.

Da un punto di vista più strettamente legato alla competizione, invece, ciò che non convince è l'ultima settimana che Javier Guillén, Fernando Escartín e soci hanno disegnato senza grossi spunti di interesse: delle ultime sei tappe, infatti, ne avremo ben quattro dedicate a velocisti o al massimo ai fuggitivi della prima ora, mentre le occasioni finali per gli uomini di classifica saranno una cronometro individuale (con arrivo in salita) ed una frazione di montagna al penultimo giorno in cui poco dovrebbe accadere prima dell'ascesa conclusiva. Questo finale annacquato ricorda gli anni in cui la Vuelta soffriva per i numerosi ritiri di corridori che andavano in Spagna solo per prepararsi al Mondiale, e gli organizzatori erano quindi costretti a cercare soluzione per limitare questo fenomeno: quella del 2020 sarà un'estate caldissima per gli scalatori che dovranno gestirsi tra Giro, Tour, Olimpiadi, Vuelta e Mondiali tutti abbastanza ravvicinati, ma forse proprio per questo aveva più senso una prima settimana agevole per andare in crescendo nella seconda parte, anziché fare il contrario.

Si parte con una cronosquadre
Come detto, la Vuelta a España scatterà dai Paesi Bassi come era già accaduto nel 2009: stavolta ad ospitare la prima frazione sarà la città di Utrecht che potrà così vantarsi di aver ospitato almeno una volta tutti e tre i Grandi Giri, visto che da qui sono passati il Giro d'Italia nel 2010 ed il Tour de France nel 2015. La partenza avverrà di venerdì così da poter usufruire di un giorno in più di riposo per rientrare in Spagna, ma i corridori dovranno subito farsi trovare pronti: la prima tappa sarà infatti una cronometro a squadre di 23.3 chilometri, tutti pianeggianti, che creerà quindi le prime differenze in classifica generale; e probabilmente qualcuno quella sera si dovrà leccare le ferite.

Le due tappe successive nei Paesi Bassi saranno dedicate ai velocisti visto che sia i 181 chilometri della 's-Hertogenbosch-Utrecht che i 193 km della Breda-Breda saranno interamente in pianura. Non saranno comunque due tappe di puro relax: il possibile vento, soprattutto in quella di Breda, le strade strette, le rotonde e gli spartitraffico obbligheranno i corridori a tenere gli occhi ben aperti ed a correre davanti, per non rischiare di compromettere subito la gara.

Ad Arrate e sull'Alto de San Miguel i primi test in salita
Al rientro in Spagna si inizierà subito a fare sul serio con un trittico di tappe che inizierà a delineare la classifica, eliminando dai piani alti i gregari che si trovavano lì dopo la cronosquadre. La Vuelta ripartirà dai Paesi Baschi e la quarta frazione avrà l'arrivo in salita su una delle asceso simbolo della zona: il traguardo sarà posto al Santuario di Arrate dopo 5 chilometri all'insù con pendenza media attorno al 9%, ed una breve discesina finale; sarà una tappa tipica basca e guai a sottovalutare l'Alto de Karabieta. Nella quinta tappa arriva invece un colle di prima categoria, l'Alto de San Miguel de Aralar dove Fabio Aru vinse nel 2014: stavolta l'arrivo non sarà lassù, ma dal gpm avremo 17 chilometri di discesa per giungere a Lekunberri dove si concluderà la tappa; difficile che un corridore faccia il vuoto da solo, ma qualcuno potrebbe pagare.

La sesta tappa sarà ancora un arrivo in salita anche se stavolta le differenze saranno minime: a Laguna Negra, salita lunga ma molto pedalabile nella prima parte e più impervia solo negli ultimi 3 chilometri, la classifica generale potrebbe essere stravolta solo nel caso in cui il plotone decidesse di lasciare ambio spazio ad una fuga di seconde linee. A seguire altre due tappe sulla carta tranquilla per gli uomini di classifica: il traguardo di Ejea de los Caballeros sarà verosimilmente preda dei velocisti puri, più aperto invece il finale di Sabiñánigo con tre salite negli ultimi 70 chilometri che potrebbero lanciare una fuga oppure scremare il plotone e dare una chance a corridori veloci ma anche resistenti.

La tappa del Tourmalet arriva troppo presto
Domenica 23 agosto si disputerà la nona tappa, l'ultima prima del secondo giorno di riposo, e sarà una di quelle giornate da segnarsi con il circoletto rosso sul calendario: la Vuelta sconfinerà infatti in Francia per mettere un arrivo in cima al Col du Tourmalet. Il percorso sarebbe quello di una tappa che tutti vorrebbero vedere nella terza settimana perché sulla carta offre la possibilità di attacchi decisi da lontano per far saltare il banco e ribaltare la classifica: ma alla Vuelta 2020 è difficile che la situazione di classifica sia tale da stimolare attacchi kamikaze da parte di chi ha perso terreno nelle giornate precedenti.

La tappa comunque misura 135.6 chilometri e di pianura ce n'è davvero poca: dopo il via da Biescas si inizierà subito a salire verso Formigal ed il pedalabile Alto de Portalet, attraverso il quale i corridori faranno il loro ingresso in Francia, ma è dall'abitato di Laruns che inizierà il bello. Il gruppo dovrà infatti scalare il difficile Col d'Aubisque la cui vettà sarà a 65 chilometri dall'arrivo: da lì discesa (ma occhio alla contropendenza del Soulor), qualche chilometro di falsopiano e poi gli ultimi 20 chilometri di salita verso una delle mete mitiche del ciclismo che con i suoi 2115 metri di quota sarà anche il punto più alto toccato dalla settantacinquesima edizione della Vuelta a España.

Ancora salite nella seconda settimana
Il disegno arzigogolato di questa Vuelta farà sì che anche dopo il secondo giorno di riposo la corsa riparta dai Paesi Baschi e, come non potrebbe essere altrimenti vista la zona, arriveranno di nuovo salite e pendenze decisamente impegnative. La decima tappa è caratterizzata da una doppia scalata dell'Alto de Orduña, l'ultima a 18 chilometri dall'arrivo: sono 8 chilometri di salita con la pendenza massima al 14%, e dopo un giorno di riposo nessuno potrà permettersi il lusso di farsi trovare con le gambe un po' imballate.

Anche perché poi bisognerà recuperare molto velocemente, perché il giorno successivo ci sarà l'inedito arrivo in salita dell'Alto de Moncalvillo, salita di circa 11 chilometri con gli ultimi tre durissimi in cui la pendenza sarà costantemente in doppia cifra: potrebbe essere proprio questa tappa, a metà Vuelta, che chiarirà una volta per tutte le ambizioni dei corridori in gara. Prima del terzo weekend di corsa, ci sarà spazio per due tappe per velocisti: ad Aguilar de Campoo saranno gli sprint puri a sorridere, a Suances invece spazio ai cosiddetti scattisti velocisti visto che gli ultimi due chilometri avranno pendenza attorno al 5%.

Un weekend di fuoco nelle Asturie
Il 29 ed il 30 di agosto ci si giocherà la Vuelta e non si può sbagliare se si dice che la quattordicesima e la quindicesima saranno le due tappe decisive della settancinquesima edizione. Il programma inizia al sabato con una frazione che propone ben quattro gran premi della montagna di prima categoria: si parte con l'Alto de la Colladona, poi Alto de la Cobertoria, Puerto de San Lorenzo ed infine arrivo in salita sull'Alto de la Farrapona all'altezza dei Laghi di Somiedo dove vinsero Taaramäe nel 2011 e Contador nel 2014. Il percorso è impegnativo e la selezione sarà naturale, ma non bisogna aspettarsi troppa battaglia perché il giorno dopo la gambe dovranno essere di nuovo brillanti visto ciò che aspetta i corridori.

Rispetto a La Farrapona la distanza in linea è solo di pochi chilometri e breve sarà anche la tappa numero quindici che prenderà il via da Pola de Laviana: in tutto saranno 109.2 chilometri (contro i 170.2 km del giorno precedente), ma dei cinque gran premi della montagna in programma quello che fa paura è l'ultimo, il mitico Alto de Angliru che sarà arrivo di tappa per l'ottava volta nella storia della corsa spagnola. Ufficialmente sono poco più di 12 chilometri al 10% con il celebre tratto della Cueña Les Cabres dove si tocca il picco massimo di pendenza al 23.5%: ecco perché il giorno prima a La Farrapona bisognerà cercare di dosare le energie, per quanto possibile.

Una brutta ultima settimana
Ed eccoci quindi alla famigerata terza settimana che tanto ha lasciato perplessi gli appassionati. Dopo l'Angliru ci sarà il terzo ed ultimo giorno di riposo per ricaricare le batterie, ma attenzione a rilassarsi troppi perché martedì 1 settembre la gambe dovranno essere brillanti: il gran finale inizierà infatti con una difficile cronometro individuale, l'unica della corsa, che in 33.5 chilometri porterà i corridori da Muros fino in cima al Mirador de Ézaro, un rampa terribile di circa un chilometro e mezzo con pendenza media del 15%. Uno dei temi della tappa, sarà quello del possibile cambio di bicicletta ai piedi del muro finale, sebbene sia molto breve.

Dopo la cronometro, la lotta per la classifica generale verrà congelata per tre giorni: nell'ordine avremo un tappa da fuga con arrivo a Ourense, una per velocisti pure con traguardo a Oporto in Portogallo e quindi un'altra frazione prevalentemente pianeggiante che tra Viseu riporterà la carovana in Spagna a Ciudad Rodrigo; chi aveva sognato un passaggio sull'Alto da Torre, la vetta più alta del Portogallo continentale, sarà rimasto deluso. La resa dei conti in salita avverrà al penultimo giorno di gara in una tappa di 175 chilometri da Sequeros a La Covatilla: siamo sulle strade di casa del plurivittorioso Roberto Heras, pianura ce n'è poca, ma è difficile immaginarsi che possa succedere qualcosa prima della salita finale, 9 chilometri al 7.5% medio.

L'epilogo sarà la classica passerella per le strade del centro di Madrid e quindi sorriderà ancora ai velocisti: un vero peccato avere un'ultima settimana così, perché il rischio è che la corsa si chiuda virtualmente già sull'Angliru togliendo completamente di interesse alle ultime tappe. Se si voleva alleggerire il finale, lo si poteva fare inserendo comunque qualche tranello che poteva essere sfruttato da un corridori in crescita di condizione per ribaltare le sorti della corsa, se non per la vittoria finale almeno per un posto sul podio.
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