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Hai visto questo Merlier? Centro al primo colpo!

09.05.2021 17:45

Giro d'Italia, il belga vince su Nizzolo e Viviani e dedica il successo a Weylandt; grave incomprensione in casa UAE tra Gaviria e Molano. Ganna allunga in classifica con un abbuono


Non in pochi hanno contestato, nei mesi scorsi, la golosità con cui la Alpecin-Fenix si era lanciata - secondo diritto, avendo vinto la classifica delle Professional 2020 - nel voler partecipare a tutti i GT. "Ma come, che ci vengono a fare al Giro, perché non lasciano il posto a una squadra italiana?", sentenziavano quelli convinti che la forza del team si esaurisse nel luminoso Mathieu Van der Poel. E invece il team belga sapeva bene quel che faceva. Sapevano, i suoi manager, che avrebbero potuto spendere nella corsa rosa uno dei velocisti in vertiginosa ascesa in questo 2021. Uno che, proprio come MVDP, viene dal cross, e che a 28 anni ha raggiunto la maturazione su strada (essendo rimasto sempre piuttosto discontinuo nell'offroad).

Ebbene, oggi a Novara Tim Merlier ha vinto la seconda tappa del Giro d'Italia 2021, precedendo senza tanti complimenti tanta nobiltà dello sprint mondiale, al termine di una volata dai tratti convulsi ma per fortuna andata in porto senza incidenti (solo sfiorati). Alla quarta affermazione stagionale dopo tre semiclassiche belghe, e alla prima in un grande giro (non ne ha mai disputati prima), Merlier ha anche avuto la delicatezza di dedicare il successo a Wouter Weylandt, mimando la W con le dita, mentre tagliava il traguardo; e tra l'altro l'ultima volta che un belga aveva vinto una volata al Giro era stata proprio la vittoria di Weylandt a Middelburg 2010. Un giorno particolare, ricordare Wouter, in quanto proprio oggi ricorrono i 10 anni dalla sua tragica scomparsa proprio sulle strade del Giro. E la corsa l'ha commemorato con un emozionato minuto di raccoglimento prima del via.

Dopo l'adrenalina del primo giorno, della lotta serrata contro le lancette, del faccia a faccia tra i big della classifica, al Giro il tempo del relax è arrivato subito subitissimo, alla seconda tappa, Stupinigi-Novara, 179 km destinati a un epilogo da velocisti, e a uno svolgimento di mero traccheggio. Tanta l'animosità che la fuga è partita al primo colpo, al primo metro, innescata dal mister precocità della corsa rosa, Alessio Tagliani. Il 25enne dell'Androni-Sidermec era stato il primo a partire ieri nella crono torinese, ed è stato il primo a partire oggi. Insieme a lui si è mosso Umberto Marengo (Bardiani-CSF) e poi pure Vincenzo Albanese: il corridore della Eolo-Kometa ha sperimentato alla Tirreno di quest'anno un modo intelligente di stare in corsa, cioè andare in fuga nelle prime tappe e conquistarsi la maglia di migliore scalatore sui morbidi Gpm di inizio gara.

Detto fatto, Albanese ha centrato in pieno l'obiettivo che aveva puntato sin dalla notizia della wild card alla sua squadra: la rampetta di Montechiaro d'Asti era il suo Mortirolo, il suo Galibier, la salita su cui fare l'impresa che l'avrebbe proiettato sul podio del Giro, almeno per un giorno, o per un paio se domani sarà bravo. Ed è stato concentrato e conseguente con gli impegni (presi con se stesso), ha tenuto a bada la resistenza di Marengo, ha vinto quell'unico Gpm di giornata, e da lì in avanti si è mentalizzato sulla maglia azzurra che avrebbe sfoggiato dopo la fine della tappa.

Da lì in avanti mancavano 84 km alla fine e la frazione, per lui ma anche per gli altri due, aveva già detto tutto quello che poteva dire. Dopo la presta partenza, i tre avevano raggiunto un vantaggio massimo di 5'05" a 128 km dal traguardo, ma poi il plotone, dominato dai team dei velocisti, aveva subito fatto capire l'antifona, abbattendo di colpo il gap a un paio di minuti scarsi e tenendolo lì fino a quando non avrebbe deciso di staccare i fili della fuga.

I team dei velocisti erano nella fattispecie la Lotto Soudal per Caleb Ewan, la Alpecin-Fenix per Tim Merlier, la Jumbo-Visma per Dylan Groenewegen. Gli altri lasciavano seraficamente fare, e in gruppo si pedalicchiava sereni, chiacchierando del più e del meno, regalando alle telecamere grandi sorrisi e facce d'allegria.

Superato brillantemente il Gpm, Albanese è durato neanche 10 km con Tagliani e Marengo, perché ai -75 un problema meccanico l'ha appiedato, e tra attesa dell'intervento dell'ammiraglia, intervento stesso, sostituzione della bici, faticosa ripresa della pedalata (si era in un tratto di leggera salita), era già passato un minuto e il gruppo era lì che lo riprendeva senza battiti di ciglia. Gli altri due insistevano con l'azione, riportandosi a +2'20", ma tanto abbiamo capito che il distacco era telecomandato dal plotone molto più che dagli sforzi dei coraggiosi superstiti.

Dopo un'altra oretta di tranquillità, incrinata solo da una caduta senza conseguenze di Davide Gabburo (Bardiani) con altri due, siamo entrati in zona traguardi volanti. Il primo, piazzato a Tricerro ai -39.5, ha visto Tagliani primeggiare su Marengo, ma la cosa gustosa è avvenuta poco dopo in gruppo: quelli interessati ai punti in palio hanno clamorosamente equivocato il traguardo, individuandolo nello striscione dei -40 all'arrivo: sicché Elia Viviani (Cofidis, Solutions Crédits) si è impegnato per battere Fernando Gaviria (UAE-Emirates), Peter Sagan (Bora-Hansgrohe) e Andrea Pasqualon (Intermarché-Wanty). Tutto sbagliato, tutto da rifare 500 metri più avanti: laddove - una volta che i quattro si sono accorti dell'errore - una volata vera e propria non c'è stata, e Gaviria si è trovato davanti a Viviani, con Pasqualon e Sagan nell'ordine poco dietro, e si è preso lui i punti per il terzo, foraggio buono per la maglia ciclamino.

I fuggitivi sono stati infine ripresi ai -26, subito prima del traguardo volante di Vercelli (su cui Tagliani partendo lunghissimo aveva provato a precedere di nuovo Marengo, e per un attimo ci aveva creduto). Invece sono stati gli uomini di classifica (perlomeno quella attuale) a spendersi, perché qui erano in palio secondi di abbuono e non punti ciclamino. La Deceuninck-Quick Step lavorava per lanciare Remco Evenepoel, ma con uno spunto irresistibile Filippo Ganna (Ineos Grenadiers) è uscito forte sulla sinistra, andando a prendere i 3" che rafforzano la sua maglia rosa, davanti a Remco e all'altro Ineos Gianni Moscon.

Restava quindi da archiviare la pratica sprint. Sulle tortuose strade del finale novarese le spallate si sono sprecate (Sagan si è distinto nella pratica), e ai 200 metri si è consumato il disastro UAE: Juan Sebastián Molano aveva il compito di lanciare Fernando Gaviria. Beh, Gaviria ha fatto per entrare in scena, passando sulla destra, ma chissà com'è, al suo connazionale s'è spenta la luce, si è sentito circondato da antimateria, ha dimenticato chi fosse e cosa stesse facendo, e senza aver lanciato il compagno si è adagiato verso il lato destro della strada; forse pensando pure che quello che proprio in quel momento lo stava per superare fosse un avversario, il quasi si è trovato stretto alle transenne, rischiando seriamente di cadere. Quell'uno era proprio Fernando, che tra il non poter credere ai propri occhi, e l'avere il notevole impegno di riuscire a restare in piedi, appoggiandosi ai pannelli che delimitavano la sede stradale, ha trovato solo la forza per smettere di pedalare sconsolato quasi più che infuriato, per poi superare il traguardo poco dopo con un urlo di rabbia, mentre Molano, poveretto, non si capacitava della castroneria fatta e si preparava mentalmente al cazziatone che sarebbe seguito dopo la tappa.

Nel frattempo, Tim Merlier si vinceva il suo bravo sprint. Il biondo della Alpecin ha preso la volata dovendo chiudere un buchetto su Viviani e Nizzolo, proprio nello stesso istante in cui Gaviria a sua volta provava a partire per finire dove sapete; Merlier, una volta partito - eravamo ai 200 metri - non si è più fermato, ha chiuso sui due italiani che avevano preso la volata in testa, li ha superati e non si è più fatto sopravanzare, trascinandosi anche Dylan Groenewegen al primo sprint dopo 9 mesi. Solo che quest'ultimo ha dovuto subire l'orgoglioso ritorno di Viviani, che l'ha battuto al colpo di reni per il terzo posto. Quanto alla piazza d'onore, se l'è assicurata Giacomo Nizzolo, bravo a contrastare Merlier per quanto possibile, e a respingere il riavvicinamento di Elia e Dylan.

Dal quinto in giù troviamo Sagan, Matteo Moschetti (Trek-Segafredo), Filippo Fiorelli (Bardiani), Lawrence Naesen (AG2R Citroën), Davide Cimolai (Israel Start-Up Nation) e Caleb Ewan, solo decimo dopo non aver praticamente sprintato, trovando strada chiusa davanti. La classifica, minimamente rimodellata dagli abbuoni vercellesi, resta temporanea proprietà di Filippo Ganna, con 13" su Edoardo Affini (Jumbo), 16" su Tobias Foss (Jumbo), 20" su Remco Evenepoel e João Almeida (Deceuninck), 21" su Rémi Cavagna (Deceuninck) e Jos Van Emden (Jumbo), 22" su Max Walscheid (Qhubeka Assos), 25" su Matthias Brändle (Israel) e 26" su Gianni Moscon.

Domani il finale sarà ben più frizzante di quello odierno: la terza tappa, Biella-Canale (190 km), presenterà tutta una serie di salitelle negli ultimi 70 km; niente di che, ma in particolare l'ultimo strappo, quello di Guarene ai -15, è abbastanza impegnativo e in cima ha pure gli abbuoni del traguardo volante, quindi sarà facile prevedere battaglia sulle sue rampe. Da lì all'arrivo, poi, ci gusteremo il chi-corre-dietro-a-chi: prepariamoci a una mezz'oretta di divertimento.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!