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GP Denain, Walscheid trova una dimensione. Bene la prova pavé di Roglic, Vingegaard e Martínez

17.03.2022 19:00

Un po' velocista, poi apripista, infine cronoman e nel mezzo classicomane delle pietre. Max Walscheid (Cofidis) negli ultimi anni è sembrato disorientato, quasi come non riuscisse a trovare la propria strada. Bravo in tutto ciò che riguarda la pianura, ma eccellente in nulla. E allora quale destino cercare? Quest'inizio di 2022 qualche indicazione l'ha data a noi e forse anche al gigante tedesco: mirare le semiclassiche belghe (e francesi) del pavé sfruttando le innate doti da sprinter e la resistenza sulle pietre non comune per un uomo veloce. Ieri si è tolto lo sfizio di accompagnare sul podio un jet come Tim Merlier alla Nokere Koerse, mentre oggi ha domato Dries De Bondt (Alpecin-Fenix) nel confuso finale del GP de Denain. E così anche per Max è giunta primavera.

I 200.3 km attorno alla cittadina del dipartimento dell'Alta Francia si articolano in quattro giri: due senza alcuna insidia, i primi, e gli altri due, identici, caratterizzati dal temibile pavé francese, presente a partire dai -91. Questo GP è l'unico antipasto della Parigi-Roubaix ma sconta la vicinanza con la Milano-Sanremo (corsa che a propria volta sta soffrendo a causa delle numerose defezioni delle ultime giornate) e dunque una startlist di secondo piano. Ad animare il parterre in questa stagione la presenza di tre uomini che faranno classifica al prossimo Tour de France, al via per testarsi sulle pietre che rappresenteranno uno snodo cruciale della Grande Boucle 2022: per la INEOS Daniel Martínez; per la Jumbo-Visma Primoz Roglic e Jonas Vingegaard.

Prime fasi di corsa contrassegnate da una fuga di cinque uomini: Floris de Tier (Alpecin), Milan Fretin (Sport Vlaanderen-Baloise), Niki Terpstra (TotalEnergies), Emiel Vermeulen (Go Sport-Roubaix Lille Métropole) e Yoann Paillot (St Michel-Auber 93) alimentano il tentativo nei primi cento chilometri, ma l'arrivo del pavé sancisce l'immediata sfaldatura del gruppetto di testa; sotto il forcing di un ritrovato Terpstra, il quale nelle fasi finali darà anche una mano a Sandy Dujardin, prima Vermeulen, poi De Tier ed infine Paillot perdono le ruote del duo targato Belgio-Paesi Bassi.

Il plotone procede compatto guidato dalla Jumbo che grazie a Mick van Dijke tiene sempre nelle prime posizioni Vingegaard e Roglic, con alcuni corridori, Hugo Page (Intermarché-Wanty) e Kévin Vaquelin (Arkéa Samsic) in particolare, che tentano di scombinare le carte, senza però riuscirci. Ai -33 anche Fretin e Terpstra devono arrendersi al sopraggiungere di un gruppo decimato da cadute e inconvenienti meccanici, proprio all'ingresso del settore da Monchaux-sur-Ecaillon a Maing. Nel segmento successivo, il numero 4, un attacco coordinato del team INEOS fa esplodere il gruppo e in testa rimangono tre alfieri della compagine britannica, il giovane e talentuoso Magnus Sheffield, il crossista Ben Turner e il capitano Jhonatan Narváez, accompagnati da Damien Touzé (AG2R Citroën) e soprattutto dallo sloveno Primoz Roglic (Jumbo). I cinque viaggiano di comune accordo fino all'ultimo chilometro.

Proprio sotto la fiamma rossa Narváez, ultimo degli attaccanti ad arrendersi, viene riassorbito dal gruppo tirato da Groupama-FDJ per Bram Welten, Intermarché per Adrien Petit e B&B Hotels-Ktm per Pierre Barbier. Gli Alpecin anticipano la volata, ma la progressione di Max Walscheid è irresistibile e così il portacolori della Cofidis timbra a Denain. Sul podio salgono anche Dries De Bondt e Petit; quarto e quinto Barbier e Marc Sarreau (AG2R), sesto Dujardin, settimo Amaury Capiot (Arkéa), favorito della vigilia, ottavo Samuel Leroux (Go Sport), nono Robbe Ghys (Sport Vlaanderen) e decimo Welten.

Nonostante il braccio di ferro sia stato vinto dalle formazioni dei velocisti (quindi dai team di secondo piano), l'azione della INEOS e di Roglic ha segnato la corsa dimostrando ancora una volta l'amplissimo divario che intercorre tra le compagini con un budget modesto e quelle più ricche, che possono permettersi anche con corridori poco adatti alle caratteristiche del percorso di risultare protagoniste. L'esperienza di Martínez, Vingegaard e Roglic si può dire assolutamente positiva. Il danese ha corso nelle primissime posizioni fino al problema alla bicicletta, il colombiano si è mosso con notevole disinvoltura sul pavé e lo sloveno ha messo in campo le sue qualità da passista per fare la differenza, dando l'impressione di soffrire leggermente le pietre più cattive, ma di adorare al contrario le canaline sterrate laterali.

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