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Forti le emozioni, fortissimo Van Avermaet

09.04.2017 17:19

Greg vince una Parigi-Roubaix destinata a restare nella memoria. Stybar secondo, Moscon sorprendente quinto, Sagan a picco. E il gigante Boonen all'ultimo atto


Che vincere l'ultima Roubaix disputata sia praticamente impossibile lo sapevamo. Solo in quest'ultimo quindicennio (anno più anno meno) abbiamo visto gli arrivi - trionfanti eppur perdenti - di Johan Museeuw, di Franco Ballerini, di Fabian Cancellara ancora 12 mesi fa. Oggi di Tom Boonen. Abbiamo sperato, alla vigilia, che accadesse il miracolo, che il gigante di Mol riuscisse nell'impresa clamorosa, in fondo l'anno scorso ci era andato talmente tanto vicino da lasciar presupporre che potesse ripetersi, e poi in gara tutto può succedere, e alla Roubaix ancor di più, prendi una curva più avanti e vai a vincere, la prendi più indietro e sei tagliato fuori.

Non è successo. Ora possiamo dire "lo sapevamo". Ma non è consolatorio, figurarsi. Non lo è nel giorno in cui salutiamo uno dei più grandi campioni degli ultimi lustri, e - relativamente alle pietre - uno dei più immensi di sempre. Non ci saranno rivincite, non ci saranno riscatti, non ci saranno prove d'appello. Finisce così, con il boato del Vélodrome - che non poteva mancare - e con una gara gagliarda, l'ennesima della carriera di Tom.

Finisce così, con un grazie grande quanto una casa, o un mulino, o una foresta. Con emozione. Con la precedenza che diamo al saluto a Boonen rispetto a tutto il resto. Buona vita, Tom. Ci hai regalato tanto e noi in cambio niente, se non l'amore da lontano, il rispetto, l'ammirazione. Ci sarà un vuoto incolmabile nelle griglie dei favoriti per la Roubaix 2018. Lacrimuccia.

 

Greg, un (altro) successo che vale una carriera
Salutato il Campione, accogliamo con piacere l'ingresso nel club dei monumentali di Greg Van Avermaet, di fatto l'assenza fin qui più pesante nell'élite dei classicomani. Che al GVA visto in questi ultimi anni mancasse ancora un successo di questa levatura era effettivamente un'offesa, o un'ingiustizia, mettetela come volete.

Van Avermaet quest'anno è incontenibile. Dal trono di Campione Olimpico, comodo seggio da cui nessuno potrà schiodarlo per ancora 3 anni e mezzo, ha allungato le sue mani sui più vasti possedimenti di Fiandra e dintorni da Merckx in giù: nel senso che sicuramente ci sarà stata una stagione in cui Eddy avrà fatto di meglio, come peso specifico dei singoli successi. Ma un filotto come Omloop Het Nieuwsblad, E3 Harelbeke, Gand-Wevelgem e Parigi-Roubaix era fin qui sfuggito a chiunque, anche al Cannibale. È mancato praticamente solo il Fiandre, chiuso comunque al secondo posto: ce n'è d'avanzo perché, nei conti che si stileranno a fine anno, Greg risulti perlomeno sul podio (se non sul gradino più alto) tra i corridori simbolo della stagione. Chi può far meglio di quel che il (non ancora) 32enne di Lokeren ha già fatto sin qui?

Oggi, poi, è stato più che mai Cuore-Acciaio-GregVan, perché la sua prima Monumento - e che Monumento: la più grande! - l'ha vinta dominando, ruggendo, smadonnando all'occorrenza per qualche intoppo di percorso, ma poi rinvenendo, più forte che mai, e imponendo la propria legge, indirizzando l'andamento delle cose, risultando più forte di tutti, decidendo lui quando chiudere la partita, sbarazzandosi infine con la massima nettezza degli avversari che speravano d'aver riservato quella pedalatina in più per uccellarlo al traguardo. Macché, non c'era strategia che tenesse, oggi, contro Gregga. Come sempre quando - alla fine di una gara - si può dire senza tentennamenti: ha vinto il più forte.

 

Media altissima, fuga difficile e cadute a iosa
Vento in poppa, partenza spostata in avanti (come orario) per far sì che si rispettasse la tabella di marcia... e infatti alla fine media record all time, 45.204, superato dopo 53 anni il risultato di Peter Post nel 1964 (ma all'epoca c'era molto meno pavé sul percorso).

La fuga di fatto non è mai partita, tra i mille tentativi della prima fase (tra gli altri abbiamo visto muoversi Oliviero Troia, poi Matteo Bono, poi il solito Alexis Gougeard) nessuno che abbia messo insieme più di 10" (forse 20", via), sicché si è arrivati al km 90 (sui 257 totali) per vedere un attacco dalle proporzioni decenti, con Yannick Martinez (Delko Marseille KTM Provence) e su lui Jelle Wallays (Lotto Soudal) e Mickael Delage (FDJ), una cinquantina di secondi al massimo per loro.

Il gruppo lo tirava la Katusha di Alexander Kristoff, ma a far più notizia erano le cadute, che hanno coinvolto diversi possibili protagonisti: Luke Durbridge (Orica-Scott), poi sui primi settori in pavé Oliver Naesen (AG2R), Gianni Moscon (Sky), Tony Gallopin (Lotto Soudal), Niki Terpstra (Quick-Step Floors, poi presto ritirato), Luke Rowe (Sky).

Sul secondo tratto in pavé si è staccato Martinez dal trio di testa, poi sul sesto è rientrato davanti Stijn Vandenbergh (AG2R), e il suo arrivo ha dato nuovo impulso all'azione che ormai languiva. E siamo arrivati così ai -100 al traguardo, o quasi.

 

Boonen accende la corsa sul pavé: come al solito!
I big: Peter Sagan ha preso molto avanti (terza, quarta ruota al massimo) tutti i primi settori di pavé, Tom Boonen sembrava molto presente e pure John Degenkolb, mentre Greg Van Avermaet si misurava con più di un intoppo: prima un problemino meccanico, poi una strettoia su cui doveva mettere piede a terra, infine una caduta che l'ha coinvolto sul pavé di Haveluy-Wallers ai -102. Fortuna per lui che l'ammiraglia fosse subito dietro, sicché è potuto ripartire senza grosse perdite di tempo.

Il problema era che Boonen proprio su quel tratto ha iniziato a incendiare la corsa, proponendosi in alcuni forcing che hanno selezionato il gruppo dei migliori, il quale era peraltro già stato abbastanza ridotto dalle varie cadute che l'avevano spezzato in più tronconi.

Van Avermaet (con Kristoff - vittima di foratura - nel suo stesso drappello) ha dovuto inseguire per oltre 15 km e recuperare un mezzo minuto dai rivali più forti. In mezzo, tra la caduta e il rientro di GVA, si è transitati per la Foresta di Arenberg.

Qui è stato Matteo Trentin a fare l'andatura per il gruppo Boonen, mentre davanti perdeva contatto Delage; dopo la Foresta si rialzava pure Vandenbergh ma in compenso rientrava su Wallays Sylvain Chavanel (Direct Énergie), a formare una coppia che sarebbe rimasta al comando per un'altra quindicina di chilometri.

 

Con Sagan il Folle inizia la rumba vera
Sul tratto di Hornaing-Wandignies, settore numero 17 ai -80 circa, la Trek di Degenkolb ha alzato nettamente il livello dello scontro, e la frustata ha colto Boonen nelle retrovie, mentre attentissimi erano Van Avermaet e Sagan tra gli altri.

Proprio Peter il Folle, all'uscita dal settore, s'è messo in testa di sparigliare tutto lo sparigliabile, e si è prodotto in un allungo inopinato: mancavano 78 km al traguardo, e l'idea di fare l'impresa dell'anno inondava la mente dello slovacco, che si ritrovava al comando (Wallays e Chavanel erano appena stati ripresi dai Trek) col compagno Maciej Bodnar e con due convitati di pietra, Jasper Stuyven (Trek) e Daniel Oss (BMC).

Il margine è presto salito fino a mezzo minuto su un gruppetto di 20 (intanto Boonen era rientrato su Van Avermaet-Degenkolb), poi diventato un gruppetto di 30 perché i rientri da dietro si susseguivano, mentre davanti Stuyven iniziava a collaborare coi due Bora-Hansgrohe. Il famoso diavolo scoperchiato ci ha però messo a questo punto la coda, e ha prodotto una bella foratura per Sagan, sul pavé di Warlaing-Brillon ai -74.

Peter ha cambiato abbastanza rapidamente la ruota, ma nel frattempo è stato ripreso (con Bodnar) da Boonen & c., e intanto i due possenti treni rimasti al comando hanno continuato a macinare chilometri e pietre, mettendo insieme un vantaggio oscillante fra i 30 e i 40".

Sul pavé di Tilloy-Sars et Rosières Boonen ha piazzato un'altra accelerazione delle sue, e non sarebbe stata l'ultima. Si è visto un breve attacco di André Greipel (Lotto Soudal), poi ha allungato pure Arnaud Démare (FDJ), ma di nuovo sul pavé successivo (Beauvry-Orchies ai -65) Boonen ci ha dato giù di nuovo (bene Degenkolb nell'occasione), e ancora sul tratto di Orchies ai -60, un Boonen show come nei giorni migliori.

Il gruppo, frustato di continuo ed esasperato dalle trenate di Tom, perdeva pezzi, ma non si riusciva a coagulare un drappello che andasse a riprendere Oss e Stuyven. Solo ai -57 è emerso un interessante contrattacco con Dimitri Claeys (Cofidis) e - udite udite - Gianni Moscon, gioia e speranza di tutti i tifosi italiani. Ai due si è accodato pure Jurgen Roelandts (Lotto Soudal), ed ecco servito il terzetto che ci ha introdotti nella fase più calda della corsa.

 

È ancora Peter a scuotere la corsa dalle fondamenta
Un forcing di Vandenbergh su Auchy-lez-Orchies, un allungo di Tony Martin (molto attivo per tutto il giorno il tedesco della Katusha) con Bert Van Lerberghe (Sport Vlaanderen-Baloise) poco dopo, e si è giunti su un settore durissimo, quello di Mons-en-Pévèle. Oss e Stuyven l'hanno preso con 16" su Moscon-Roelandts-Claeys e 50" sul gruppo dei migliori, guidato dalla Trek.

Già l'azione degli uomini di Degenkolb ha prodotto i primi smottamenti, ma quando Sagan ha attaccato da par suo, le cose sono più o meno precipitate, e all'uscita dal settore abbiamo ritrovato una situazione ben più definita rispetto a 4 km prima. Il terzetto Moscon aveva ripreso i due battistrada; e a 30" avevamo un drappello di 10 così composto: Sagan, Stybar&Boonen, Degenkolb, Sebastian Langeveld&Dylan Van Baarle (Cannondale-Drapac), Jens Keukeleire (Orica), Bert De Backer (Sunweb), Chavanel e Van Avermaet. Tutto il meglio della Roubaix era qui.

I cinque al comando sono stati ripresi dopo il breve tratto di Mérignies-Avelin, ai -40, e a questo punto Daniel Oss non ci è voluto stare e ha rilanciato, ripartendo subito in contropiede: azione strategica quantomai, in vista di una possibile emersione di Van Avermaet nel finale. E in una fase che teoricamente doveva essere interlocutoria, la corsa si è definitivamente indirizzata.

Come? Sull'onda delle azioni di Sagan, ovviamente. Dopo il pavé di Pont Thibault (-38) ci sono stati vari sommovimenti nel gruppetto buono, prima Van Baarle, poi Chavanel con Stybar e Moscon, quindi Langeveld con Roelandts che sono riusciti a prendere un po' di margine sugli altri.

Ai -36 si è mosso tutto solo Stybar, e ai -34 ecco il Campione del Mondo, uscito pure lui solo all'inseguimento del quasi connazionale. Un inseguimento che però non si è concretizzato, perché mentre Zdenek - sul pavé del Moulin de Vertain ai -33 - riusciva a riportarsi su Langeveld e Roelandts, Sagan incappava in una nuova noia meccanica che lo obbligava a fermarsi, e faceva sì che l'iridato venisse di nuovo ripreso e superato dal gruppo GVA-Boonen-Degenkolb.

 

Van Avermaet è una faina e coglie al volo i buoni auspici
Vista la malaparata per Peter, Van Avermaet non ci ha pensato - giustamente - due volte, e senza attendere che le cose si ricomponessero ha deciso di cambiare marcia, nettamente. Non ha aspettato il successivo tratto in pavé, ma si è mosso ai -31, sull'asfalto, e così facendo ha colto in castagna Boonen e Degenkolb (Sagan era più indietro), andandosene via con Stuyven (inesauribile) e un ancora convincentissimo Moscon.

Due parole sul trentino della Sky: che forza! (Avevamo detto "due parole", no? Avremo tempo e modo di scriverne molte altre negli anni a venire, vedrete).

A 30 km dalla conclusione il secondo terzetto ha chiuso sul primo, per cui la situazione era che Oss restava tutto solo al comando con 25" su Van Avermaet, Moscon, Stybar, Langeveld, Stuyven e Roelandts, 45" sul gruppo Boonen-Degenkolb e 1' su Sagan. Peter è poi rientrato abbastanza rapidamente sul drappello di Tom, ma a quel punto iniziava a pervaderlo la fastidiosa sensazione che la Roubaix, ancora una volta, gli stesse sfuggendo via senza fargli troppi complimenti.

In ogni caso, la corsa non poteva ancora dirsi chiusa in quella fase, perché dopo il rientro di Peto su Boonen ci sono stati altri importanti ritorni sul drappello, a partire da quello di Marcus Burghardt (Bora), che si è messo a lavorare per il suo capitano, e il tirare del tedesco (e non solo suo) ha permesso che si riuscisse a tenere entro i 30-40" il ritardo da Van Avermaet e gli altri.

Per questo motivo la BMC ha deciso di fermare Oss e di metterlo a trenare per il suo capitano: del resto il senso dell'azione di Daniel era giustappunto quello. Prima o poi sarebbe giunta la chiamata via radio, e il ragazzone, urlando Obbedisco a mezza bocca, avrebbe visto finire la sua bella avventura di battistrada della Roubaix.

Tale chiamata è giunta ai -25, sul pavé di Cysoing-Bourghelles, e anche se le trenate del trentino a quel punto non potevano avere più l'efficacia di qualche ora prima, sono state utili per permettere a GVA di rifiatare e preparare il grande attacco finale.

Sul pavé di Bourghelles-Wannehain (-23) Sagan ha sparato gli ultimi colpi, e all'uscita dal settore il margine era sceso sotto la soglia psicologica del mezzo minuto, ma per gli inseguitori era nient'altro che il canto del cigno: di lì a pochissimo, a Camphin-en-Pévèle, ai -19, Van Avermaet avrebbe fatto cadere la sua mannaia sulla corsa.

 

Greg sgombera il campo da qualsiasi dubbio o illusione
E puntualmente, sul quint'ultimo settore di pavé, e ancor prima del Carrefour quindi, GVA ha aumentato il ritmo (coadiuvato nell'occasione da Langeveld), e ha riportato il vantaggio sopra i 40", facendo peraltro staccare Oss, ma era un "danno collaterale" messo in preventivo dal capitano BMC. A nulla è valso un forcing di Boonen (sempre Deggy a ruota, senza collaborare), al quale Sagan non è riuscito a ribattere, evidenziando di essere giunto alla fine delle energie spendibili per la giornata.

Ai 17.5 km un breve accenno di attacco di Moscon è stato annullato proprio da Van Avermaet, che non aveva nessuna intenzione di avere rogne da lì al Velodromo. E che si era riservato un'altra terrificante sparata per il Carrefour de l'Arbre.

Sul settore tante volte decisivo in passato, ai -17, Gregga ha messo in croce tutti col suo passo quasi insostenibile: Roelandts è stato il primo a saltare, poi si è staccato Moscon, poi ha perso contatto pure Stuyven, e con lo scatenato Van Avermaet sono rimasti - a quale prezzo però! - i soli Stybar e Langeveld.

Nel secondo gruppetto un commovente Boonen provava un'altra sparata, raccoglieva ancora la reazione di Degenkolb (e di Bernhard Eisel, riemerso da chissà dove, e di un tignoso Naesen), e mandava definitivamente ko Sagan. Quel che più conta, Tommeke riportava a 30" il distacco da GVA, confermando una volta di più (purtroppo l'ultima nella sua stratosferica carriera) che il verbo "arrendersi" non fa parte del suo idioma.

Sul pavé di Gruson ai -14 Boonen, Naesen e Degenkolb - dopo aver già raggiunto Oss - hanno ripreso Roelandts, ma l'ideale elastico che divideva Tom da Greg era nuovamente in fase di estensione. Sul gruppetto sono rientrati il vincitore del 2016 Mathew Hayman (Orica), un tenacissimo Greipel, e poi anche altri, ma ormai era chiaro che da quelle parti ci si sarebbe giocati al più il sesto posto, visto che anche Moscon e Stuyven, seppur staccati dal terzetto di testa, non avevano nessuna intenzione di mollare la presa e farsi riprendere, anzi!

Ai -4 l'unica azione tentata da Stybar (che per il resto non è stato mai collaborativo, scatenando pure la rabbia di GVA, ma era giustificato dal fatto di avere Boonen - non Pier Carlino - dietro) è stata smorzata con fare cagnesco dal dominus di giornata, dopodiché - superato di slancio il tratto di similpavé dell'ultimo chilometro, quello intitolato a Charles Crupelandt - i tre battistrada sono entrati nel Velodromo.

 

Nel finale targato GVA c'è anche gloria per Moscon
E qui, quasi l'imponderabile: con Stybar alto sulla parabolica, e gli altri due giù alla corda, ma a passo felpato, quasi immoto, Stuyven e Moscon hanno avuto la brillantezza di rifarsi sotto, piombando sui tre nell'ultimo giro dell'anello, ai 300 metri.

Quante volte abbiamo assistito a situazioni del genere, i battistrada che si guardano e vengono uccellati da quello o quelli che rientrano? Moscon, enorme per essere un 23enne alla seconda esperienza alla Roubaix, ha tentato di rinverdire questa gloriosa tradizione delle classiche, e appena chiuso il gap rispetto a GVA e gli altri due ha piazzato uno scattino all'interno, prendendo per primo l'ultima curva.

Ma quel che rimaneva nelle gambe del trentino era ben poco, sicché Stybar l'ha superato senza problema alcuno, e la curva l'ha guidata lui, ma Van Avermaet era troppo affamato, troppo cattivo, troppo tutto per farsi sfuggire questa grande occasione, e non ha fatto sconti. Ha affiancato il ceco in uscita dalla parabolica, l'ha superato, se l'è tolto di ruota ed è andato a vincere la sospiratissima prima Monumento della sua carriera, erompendo in un'esultanza sfegatata e preparandosi ad abbracciare tutti, ma proprio tutti, dalla moglie al generosissimo Oss (quando Daniel è arrivato, in coda al gruppetto Boonen).

Stybar eguaglia col secondo posto il suo miglior piazzamento nella classica che più gli si addice (già due anni fa si piazzò così), Langeveld si è ritagliato un meritato spazio sul podio, sul gradino più basso, e poi Stuyven e Moscon hanno completato la top five. Per l'italiano un risultato già memorabile.

A 12" il secondo gruppetto è stato regolato per il sesto posto da Démare su Greipel, Edward Theuns (Trek), Adrien Petit (Direct Énergie) e Degenkolb. Hayman ha chiuso all'undicesimo posto, poi il buon Florian Sénéchal (Cofidis), quindi, 13esimo, Tom. Appena fuori dai 20, 21esimo, Oss; 26esimo, in un gruppo giunto a 2'26", il terzo degli italiani all'arrivo, Marco Marcato (UAE Emirates). Sagan, malinconico e solo soletto, ha tagliato la linea d'arrivo a 5'12" da Van Avermaet, in 38esima posizione, che poi corrisponde al suo peggior risultato dal 2011 (quando fu 86esimo) a oggi. Niente, proprio non nasce il necessario feeling tra Peter e la regina delle classiche.

Avrà tempo per rifarsi, il Campione del Mondo, ma certo stasera non potrà fare altro che riconoscere i giusti onori al suo corrispettivo Olimpico. A un rivale che quest'anno gli ha mangiato in testa ogni volta che ha potuto. Anche da questi rovesci ci si rialza, si cresce, si ritrova motivazione.

Quanto a Greg, o GVA, o Gregga, o GregVan, o come lo vogliamo nickizzare, oggi il mondo del ciclismo è ai suoi piedi, e invece il pavimento, fatto di blocchetti di porfido, è alto nel cielo, sollevato come il trofeo della Roubaix, simbolo ambìto e infine conquistato e pronto per finire sulla mensola più in vista di casa sua, per essere ammirato e serbato come uno dei ricordi più belli di una carriera che riserverà ancora grandi soddisfazioni a questo combattente di valore assoluto.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!