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E Dillier si vestì da Terme-nator

11.05.2017 16:58

Altra fuga a segno al Giro: battuto Stuyven a Terme Luigiane, Andreetta quarto, classifica immutata. Italiani, il digiuno è quasi da record


Sesto come sesto giorno transistato dall'inizio del Giro d'Italia senza una vittoria italiana, e non è un dato che buttiamo lì sul piatto agratis, visto che il record l'abbiamo eguagliato oggi: solo una volta erano passati più di 6 giorni dal via della corsa rosa per assistere a un successo azzurro, ed era successo nel 2012, quando il digiuno venne spezzato al settimo dì da Paolo Tiralongo a Rocca di Cambio.

Ora, o domani un velocista dei nostri si inventa qualcosa, oppure avremo stabilito il nuovo primato assoluto. Un record per il quale non stappare spumante, perché se è vero che oggi c'è molta più mondializzazione di un tempo, è parimenti vero che se il movimento italiano non facesse la parte del vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro, non ci ritroveremmo a questo punto: perché va anche ricordato che diversi italiani di valore non sono al Giro, dirottati dalle proprie squadre World Tour (straniere) verso altri obiettivi, da perseguire in molti casi con compiti di gregariato. Questo càpita se non si dispone di team al massimo livello, e noi - con le parziali eccezione di UAE e Bahrain - non ne disponiamo.

Sesto pure come "se-sto-bene attacco domani", un po' il mantra che caratterizza molti di quelli che al Giro sgomitano per preservare un posto... all'ombra. E sì, perché in una tappa in cui la fuga aveva buone chance di riuscita (e lo si sapeva anche prima di leggere l'ordine d'arrivo di stasera) ci saremmo aspettati di vedere in azione più uomini di casa, e invece... "se-sto-bene" e passano i giorni, tanto prima o poi arriva Milano.

 

Dillier, una vittoria su cui costruire una nuova carriera
I ciclonerd come noi ricordano - un po' ridendo sotto i baffi - un Silvan Dillier incarognato col mondo al termine della Johan Museeuw Classic (o Dwars door West-Vlaanderen, se preferiamo), all'inizio di marzo, seduto come un bimbetto su un marciapiede subito dopo aver tagliato il traguardo in seconda posizione. Era stato in fuga nel finale con un locomotore come Jos Van Emden, e probabilmente pensava che l'avrebbe battuto, e invece finì sconfitto e incupito, al punto da respingere pure l'abbraccio consolatorio del collega-avversario. Una scena abbastanza buffa, impietosamente inquadrata dall'alto dalla tv belga.

Oggi in Calabria tutt'altra storia: quello che partiva favorito nello sprint a due era l'altro, ovvero Jasper Stuyven, ma lo svizzero della BMC l'ha stroncato nella volatina che ha deciso la sesta tappa del Giro d'italia 2017, la Reggio Calabria-Terme Luigiane di 217 km. Dopo la citata esperienza, il 26enne svizzero saprà bene come si sarà sentito l'avversario battuto un po' a sorpresa, e di certo il karma che ora gli ridà con gli interessi quanto perso due mesi fa lo aiuterà a prendere con filosofia le sconfitte future. Ma oggi, per lui, solo sorrisi ovviamente. Sorrisi e incredulità.

La tappa che era perfetta per un Philippe Gilbert, se solo il Vallone Aerostatico avesse potuto prender parte al Giro, è stata comunque vinta da un buon corridore da classiche ardennesi. Fin qui Dillier ha sempre operato da luogotenente, ma passa da successi come questo, ottenuto in faccia a un già noto classicomane come Stuyven, la possibilità di ottenere in seguito un avanzamento di grado. Le qualità non mancano, la tenuta c'è, gli strappetti non fanno paura, la distanza nemmeno, e neanche la velocità fa difetto al ragazzo di lingua tedesca. Si apre oggi per lui una nuova importante fase della carriera, e per la BMC arriva una vittoria che mitiga il dispiacere per il precoce ritiro di Rohan Dennis, cocapitano del team almeno sulla carta.

 

Trek, il piano è ottimo ma l'epilogo è amaro
Dal punto di vista di Jasper Stuyven, invece, una disfatta su tutta la linea, non solo per la brutale sconfitta patita sulla rampa di Terme Luigiane, ma anche per la consapevolezza di non aver saputo finalizzare un sublime lavoro di squadra, visto che il team (la Trek-Segafredo) ha sacrificato al progetto di fuga con il belga anche un inesauribile Mads Pedersen, gregario a cui va gran parte del merito per la riuscita dell'azione.

Tanto lavoro, tanta determinazione per uscire dalla tappa a mani più o meno vuote. Anche questo è ciclismo, ma andatelo a dire a Bauke Mollema, capitano del team americano che chissà se gradisce tutto questo movimentismo in seno alla squadra: e se quegli uomini dovessero servire più avanti per aiutarlo nella sua rincorsa all'alta classifica?

Considerazione, questa, che non farà che aumentare a dismisura i sensi di colpa di Stuyven, che la giornata in bici l'ha chiusa con un violento colpo sul manubrio, di stizza e rabbia, e che faticherà a prendere sonno stasera. Coraggio Jasper, anche tu - come è successo a Dillier - troverai presto il tuo giusto riscatto.

 

Il gruppo non prende le misure alla fuga
La fuga che ha protagonizado la frazione calabrese è partita dopo 5 km proprio coi due Trek, che evidentemente sentivano proprio aria di grande giornata. Ai due si è per primo accodato Lukas Pöstlberger (Bora-Hansgrohe), l'uomo rosa di Olbia, quindi intorno al km 20 sono riusciti a rientrare anche Silvan Dillier (BMC) e l'unico italiano della compagnia, Simone Andreetta (Bardiani-CSF), già visto all'attacco nella tappa di Tortolì. Stranamente fuori dall'azione la Gazprom-Rusvélo, fin qui in ballo in tutte e cinque le prime frazioni.

Al km 76 il quintetto ha toccato il vantaggio massimo di 8'45", poi - dopo la Wilier-Selle Italia, messa a tirare dal ds Luca Scinto per punizione per aver mancato la fuga - si è messa pancia a terra la Cannondale-Drapac, che ufficialmente lavorava a beneficio di Tom-Jelte Slagter, ma che disponeva all'occorrenza di altre carte discrete per il finale, da Formolo e Woods in giù.

Nonostante l'impegno dei simpatici ramarroidi di Vaughters, il margine dei fuggitivi pareva granito, e scalfirlo non era impresa delle più semplici. A 70 km dall'arrivo, quando i contrafforti della prima parte di tappa erano ben alle spalle, e si costeggiava il Mar Tirreno su un'infinito piattone, il distacco ammontava ancora a 6', secondo-più-secondo-meno. E dire che quello era il tratto più favorevole - teoricamente - a chi inseguiva.

 

Inseguimento fallito, anche grazie a un grande Pedersen
Un po' tardivamente (l'"un po'" è un chiaro eufemismo) altre formazioni sono andate a dar man forte alla Cannondale, prima di nuovo la Wilier (dai -65), poi l'Astana e la Dimension Data, infine - in prossimità del Gpm di Fuscaldo - pure la Quick-Step Floors della maglia rosa Bob Jungels.

Ma a questo punto mancavano alla conclusione meno di 30 km, e i buoi erano pressappoco lontanucci dalla stalla, e limare quattro minuti a quegli ottimi passistoni atteneva più alla fantascienza che ad altro.

Comunque un briciolo di incertezza ce lo siamo tenuto fino a tutta la rampa di Fuscaldo: qui effettivamente il gap è stato portato a meno di 3' dall'azione dei Quick-Step (anche l'ottimo Fernando Gaviria al servizio di Jungels), ma dopo lo scollinamento il gruppo - peraltro pure abbastanza selezionato - si è di nuovo rilassato un tantinello, e allora scacco matto per gli attaccanti.

Tra i cinque, Pedersen - dopo tanto trenare - ha patito la salita e ha perso contatto, ma è poi riuscito a riportarsi sotto per dare un ulteriore contributo al progetto Trek: si è rialzato definitivamente sullo strappetto di Acquappesa, a 6.5 km dalla fine.

 

Stuyven attacca e poi perde, esulta Dillier, Andreetta è quarto
Qui, ad Acquappesa, Stuyven ha provato ad anticipare i tempi proponendo un allungo ai 5.6 km; Dillier è stato veloce a rispondere, con più fatica ce l'ha fatta pure Pöstlberger, mentre ha dovuto alzare bandiera bianca Andreetta (che però è rimasto fino alla fine non distante dai primi, e pur senza riuscire più a rientrare ha conquistato un discreto quarto posto).

Sulla stessa salitella di Acquappesa il plotone si è vieppiù frazionato, hanno perso contatto tra gli altri Gaviria e Pippo Pozzato (Wilier). I tre superstiti della fuga erano intanto definitivamente irraggiungibili. Ci ha provato - con un allungo - Rui Costa (UAE Emirates) che già si era nell'ultimo chilometro, ma l'attacco del portoghese non è andato a buon fine.

La volata dei battistrada è stata molto combattuta, sulla strada all'insù di Terme Luigiane: Pöstlberger si è spostato tutto a sinistra ai 400 metri ma non è riuscito di fatto a lanciarsi, anticipato da Dillier che ai 200 metri è partito per vie centrali. Stuyven ha affiancato da destra lo svizzero, e pareva pure in grado di rimontarlo, ma così non è stato: e la vittoria, come ampiamente anticipato, ha premiato il corridore della BMC davanti al belga e - cronometrato a 12" (persi tutti nello sprint) - all'austriaco. Andreetta ha chiuso a 26".

La volata del gruppo, a 39" dal vincitore, è stata vinta da Michael Woods (Cannondale) su Adam Yates (Orica-Scott), Wilco Kelderman (Sunweb), Jungels, Mollema e Geraint Thomas (Sky). 11esimo e 12esimo Nairo Quintana e Vincenzo Nibali, confermati più inseparabili che mai (chiamasi marcatura).

Non ci sono stati buchi tra gli uomini di classifica, per cui tutto (a parte qualche posizione stabilita dal gioco dei piazzamenti) resta immutato nella generale: Jungels è maglia rosa con 6" su Thomas, a 10" ci sono Yates, Nibali, Domenico Pozzovivo (AG2R La Mondiale), Quintana, Tom Dumoulin (Sunweb), Mollema, Tejay Van Garderen (BMC), Andrey Amador (Movistar), Thibaut Pinot (FDJ), Mikel Landa (Sky) e Davide Formolo (Cannondale). Ilnur Zakarin (Katusha) è 14esimo a 14" (la coerenza!), a 23" ci sono Steven Kruijswijk (LottoNL-Jumbo) e Kelderman.

Domani la settima tappa condurrà la carovana rosa da Castrovillari ad Alberobello, attraverso tre regioni (Calabria, Basilicata e Puglia) e 224 km. Tappa lunga, in qualche frangente anche nervosa, ma che non dovrebbe sfuggire a un velocista.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!