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Una lezione da tenere bene a mente

14.05.2017 11:00

La giornata dai due volti di Valerio Conti, dal sogno della maglia rosa all'amarezza per la caduta finale


In certe giornate appare davvero un peccato non poter utilizzare la propria bicicletta per lasciarsi dolcemente cullare dai pendii della strada e ammirare panorami d’incommensurabile bellezza. Il Gargano ha accolto il Giro d’Italia con una giornata tersa, godibile arrampicandosi verso Monte Sant’Angelo per poi riplanare verso il mare, dopo essersi seminascosti nella foresta umbra che nelle giornate afose è una vera e propria manna.

Parliamo però proprio del Giro d’Italia, corsa in cui è bene tenere sempre gli occhi bene aperti e dove i momenti per distrarsi e godersi l’intorno sono ben pochi e così ogni proposito vacanziero in posti da sempre abbastanza gettonati è sicuramente rimandato. Una tappa scattata da Molfetta a velocità sostenutissima, rimescolatasi proprio nell'approccio alle ascese e dentelli del Gargano e mantenutasi viva e frizzante fino ai chilometri conclusivi, con alcune schermaglie (soprattutto per merito di Mikel Landa) anche nel gruppo dei pretendenti alla maglia rosa. Tappa adatta ad azioni da lontano, a imboscate, a uomini ben scafati e avvezzi alle fatiche di tre lunghe settimane di gara e capaci di fiutare l’occasione propizia con un’azione da lontano.

Quando ti trovi in un’azione in cui sono presenti corridori del calibro di Giovanni Visconti o Luis León Sánchez sai benissimo che il gioco, specialmente nel finale, si farà molto duro. Tanto più se nel tentativo entrano anche uomini dotati della giusta scaltrezza e solidità come Gorka Izagirre, ufficiosamente come interessanti variabili tattiche ma nei fatti pedine in grado di finalizzare alla perfezione. Così, in una corsa rosa che ancora attende il primo successo italiano anche uno dei quei capisaldi delle passate edizioni, in cui sempre a Peschici si era imposto un corridore nostrano, è venuto a cadere. Proprio come Valerio Conti, che tanto dovrà rimuginare ancora su quella curva galeotta posizionata in prossimità dell’ultimo chilometro. Era stato proprio l’interessante ragazzo della UAE Emirates a rubare maggiormente l’occhio in questa ottava tappa, in cui sembrava veramente che potesse arrivare il suo momento sulle strade del Giro d’Italia, dopo lo splendido lavoro speso alla causa di Diego Ulissi (quest’anno assente) nella scorsa edizione.

Valerio Conti, una gran gamba e una generosità fin troppo palese

Le qualità del ragazzo romano, figlio d’arte e con origini umbre collocate proprio in quella Montefalco dove la corsa rosa approderà tra un paio di giorni come sede d’arrivo della prima frazione a cronometro di questa edizione, hanno cominciato ad emergere in maniera sempre più evidente nelle ultime annate, in cui è riuscito ad arrivare sempre puntuale all'appuntamento con la vittoria, con l’ultimo acuto firmato nella tredicesima tappa della Vuelta di Spagna 2016, quando s’inventò un numero altamente spettacolare coronato col successo sul traguardo di Urdax, al termine di una giornata trascorsa tutta in fuga, trofeo più importante di una giovane carriera che l’ha già visto prevalere anche al Gran Premio Beghelli nel 2014 e in una tappa al Tour of Japan 2015.

Così ieri, dopo la velocissima prima parte di tappa in cui si era abilmente inserito un impagabile Roberto Ferrari, è toccato proprio a Valerio entrare in azione sulle rampe che conducevano verso Monte Sant’Angelo e in cui Luis León Sánchez già si era messo a fare il diavolo a quattro. Recuperato il gruppo dei battistrada in un amen e inseritosi in un tentativo assai variegato, l’atleta laziale non ha fatto nulla per celare la propria brillante condizione, mostrandosi sovente nelle prime posizioni e non perdendo occasione per tirare qualche bella stilettata tra la Coppa Santa Tecla e gli insidiosi zampellotti che precedevano la discesa verso Vieste, dove la selezione naturale tra i fuggitivi iniziava a mostrarsi, favorita anche da traiettorie sbagliate in curva o forature.

Mostrarsi però quasi strabordanti e cattivi il giusto anche nei tratti di discesa, senza lesinare il proprio contributo in termini di tirate in un’azione in cui sono presenti corridori dall'esperienza ormai ultra conclamata e pronti a sfruttare ogni minima asperità o segno di cedimento per mettere a segno la stoccata decisiva, può non essere del tutto producente, a meno di non trovarsi in un vero e proprio stato di grazia.

Così, uno dopo l’altro, nel momento in cui si è venuto a creare il quintetto che sarebbe andato a giocarsi la tappa (ad eccezione dell’austriaco Mühlberger, il primo a pagare dazio), i vari Visconti, Sánchez e Izagirre hanno iniziato a “cucinare” a modo loro Conti, obbligandolo a non vivere passivamente le loro stilettate per non perdere irrimediabilmente il treno buono per la vittoria. Del resto il sogno della maglia rosa (che per vari frangenti di tappa, quando il vantaggio nei confronti del gruppo aveva superato i 4 minuti) stava già sfumando pian piano sotto la reazione del gruppo e chissà che un pensierino più che ambizioso, quello di giungere con le insegne del primato a Montefalco dopo aver superato anche la durissima giornata del Blockhaus, non avesse cominciato a farlo.

La prima curva fatale in un finale non gestito con la dovuta lucidità

Costretto quindi a spendere energie supplementari sugli ultimi strappi alle porte di Peschici, dopo avere a sua volta provato ancora in prima persona a portar via l’azione decisiva, Conti si è trovato così quasi stretto in una morsa da cui non sarebbe stato facile uscire indenni, tanto più che da dietro il gruppo si era messo a recuperare vertiginosamente terreno sotto l’impulso della FDJ.

A quel punto cosa fare? Tentennare e provare a risparmiare la gamba per l’ultimo, decisivo strappo, oppure continuare a collaborare senza risparmiarsi? Con atleti meno avvezzi o di con esperienza almeno pari un bluff lo si sarebbe potuto anche tentare, di certo non con gente che in carriera ha già sommato un buon numero di vittorie tra tappe di grandi giri, brevi gare a tappe e corse in linea di una certa importanza. Toccava proprio a Valerio quindi spendersi in testa al plotoncino in attesa di giocarsela nel punto cruciale.

La voglia di vincere, di mostrarsi forti e di arrivare a vedere prima che si può il traguardo però può giocare brutti scherzi e così, nell'approcciare la prima curva verso destra all'ultimo chilometro, l’errore commesso da Conti ha avuto la chiara conseguenza di produrre la caduta che non solo è andata a spegnere i suoi sogni di gloria ma ha involontariamente spalancato la strada anche a Izagirre. In 189 chilometri il laziale classe 1993 è così passato dalla possibilità di vestire la maglia rosa a quella di giocarsi la tappa per poi ritrovarsi con un vero e proprio pugno di mosche.

L’autocritica mostrata ai microfoni Rai con il rammarico e il malumore ancora evidenti per l’esito della frazione fanno presagire che Valerio, in cuor suo, abbia già iniziato a ben assimilare la lezione suggerita da questa circostanza creatasi sulle strade del centesimo Giro d’Italia. Senza dover per forza di cose iscriversi all'albo dei succhia ruote (anche se alcune volte converrebbe), l’usare un po’ di malizia in più in una contesa in cui tutti giocano a viso aperto, può aiutare a gestire con maggior sangue freddo gli attimi in cui realmente ci si po’ trovare a poter assestare la stoccata decisiva. Cosicché il rammarico dell’oggi si trasformi nella gioia incontenibile del domani.
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