Professionisti

Aru tricolora di fresco la sua carriera

25.06.2017 18:10

Grande vittoria di Fabio al Campionato Italiano di Ivrea e dedica a Scarponi. Ulissi e Nocentini a podio, anche Rebellin (45!) in top ten


Quanti motivi ci possono essere dietro a una vittoria, dietro una a maglia, dietro a un obiettivo? Se quella vittoria è la tua prima stagionale; se quell'obiettivo te lo sei ritrovato praticamente strada facendo; se dopo aver stracciato tutti ci riveli che indossavi una maglia che fu di Michele Scarponi, con cui te la scambiasti in ritiro, poco tempo prima della sua disgrazia...

E se ti chiami Fabio Aru, se hai conquistato il titolo italiano, se sarai l'alfiere azzurro al Tour de France. E se per vincere hai a dir poco dato spettacolo, se la tua primavera è stata segnata da un infortunio grave che ti ha tenuto lontano dal Giro che partiva dalla tua terra, se però adesso è estate... ed è tutta un'altra storia.

Fabio Aru a Ivrea si è laureato campione italiano, ha vinto in solitaria (che poi era più o meno l'unica maniera che aveva, vista la velocità dei suoi primi concorrenti, a partire da Diego Ulissi), ha confermato quanto di buono aveva lasciato intuire al recente Delfinato. Ha corso da protagonista, e da responsabile, all'altezza delle attese che c'erano su di lui, ha fatto lavorare la squadra, bene, e poi ha finalizzato, meglio.

Soprattutto, ha dato un'impressione molto diversa dal balbettante Fabio di 12 mesi fa, quello che si accostava al primo Tour con una certa titubanza, con una vittoria di tappa sì, sempre al Delfinato, ma meno importante dei piazzamenti ottenuti quest'anno, e senza il supplemento di motivazione che oggi gli viene da questo Tricolore. Un po' ricorda, la sua, la parabola che nel 2014... no, ferma tutto, stop. Basta parallelismi.

 

Battaglin in fuga con Sterbini e Carlini
È stata una fuga a tre a caratterizzare il Campionato Italiano su strada di Ivrea: Ettore Carlini della d'Amico-Utensilnord, Simone Sterbini della Bardiani-CSF e soprattutto Enrico Battaglin della LottoNL-Jumbo, partiti dopo 50 km, sono stati gli unici ad avventurarsi sul terreno minato dell'azione a lunga gittata. "Minato" perché, su un percorso come quello eporediese, era più scontato di altre volte che un attacco del genere fosse destinato a morte certa.

E "soprattutto" (riferito a Battaglin) perché il vicentino del team olandese, in gara da solo, ha fatto la scelta forse più opportuna per la sua giornata: non potendo confidare in un gran finale, sia per la solitudine, sia per il percorso forse troppo ostico, si è accontentato di essere un protagonista fuori dagli schemi, e fra i tre fuggitivi è stato pure l'ultimo a mollare la presa, dopo che l'azione (passata anche da un vantaggio massimo di 12'), si stava via via spegnendo sulla salita della Serra.

Al penultimo passaggio da detta salita, poco dopo un primo saggio d'attacco di Fabio Felline (Trek-Segafredo), rintuzzato dai Bahrain-Merida, Battaglin è stato infine raggiunto (mancavano 36 km alla conclusione), e lì è iniziata la fase cruciale della corsa.

 

Felline e Brambilla in discesa, Cataldo a far ritmo
In cima alla Serra, nel tratto più duro della salita, la gara si è accesa, con una serie di schermaglie che però non hanno prodotto altro se non una scrematura del gruppo (che da 30 elementi è sceso a una quindicina).

Più incisiva l'azione sulla successiva discesa, condotta da Felline insieme a Gianluca Brambilla (Quick-Step Floors). I due hanno guadagnato una ventina di secondi, ma il terreno tra la fine della picchiata e il traguardo favoriva troppo gli inseguitori (perlomeno in quella fase di gara), per cui i due hanno fatto prima a rialzarsi e a farsi riprendere ai -25, quando il loro margine si era già parecchio assottigliato.

Protagonisti in questa fase Dario Cataldo per l'Astana (quindi per Fabio Aru) e Salvatore Puccio per la Sky (quindi per Gianni Moscon). Notevole, poi, il rientro di Sonny Colbrelli, che aveva perso contatto in salita, ma che è stato bravo a non mollare e a rifarsi sotto. Non tanto in ottica risultato finale di oggi (che gli restava particolarmente ostico), quanto per dimostrare una volta di più di essere mentalmente pronto alle grandi battaglie del Tour, in cui esordirà tra pochi giorni.

 

L'esaltante e decisiva scalata di Aru alla Serra
Sono stati in 18 a presentarsi all'avvio dell'ultimo e decisivo giro del circuito di Ivrea. Aru con Cataldo, e l'abbiamo detto; Moscon con Puccio, idem. Con Colbrelli c'era pure un Vincenzo Nibali alquanto professionale. Altre due coppie: il citato Brambilla con Matteo Trentin; e i due dell'Androni (squadra molto attiva nell'inseguimento alla fuga) Mattia Cattaneo e Francesco Gavazzi. Poi, otto cani sciolti: Damiano Caruso (anche la sua BMC aveva lavorato per ricucire su Battaglin e gli altri); Matteo Busato (Wilier Triestina) e Marco Canola (Nippo-Fantini); Davide Villella (Cannondale) e il citato Felline; un altro dei favoriti della vigilia, Diego Ulissi (UAE Emirates); i due grandi vecchi Rinaldo Nocentini (Sporting-Tavira) e Davide Rebellin (Kuwait-Cartucho). Tra gli assenti, spiccava Giovanni Visconti, staccatosi in cima alla precedente salita.

Sulla Serra - ultima scalata - è stato ancora Cataldo a impostare il ritmo, aumentandolo man mano che si saliva, e mettendo in croce tutti gli avversari di Aru, il quale invece sgambettava sereno nell'attesa di sparare il suo colpo. Ulissi marcava il sardo, incollato alla sua ruota, ma nulla ha potuto quando quello è partito secco, a 17 km dal traguardo (e 3 dalla vetta). Moscon e Caruso hanno sulle prime provato a tenere Aru, ma quando il capitano Astana ha piazzato il suo secondo affondo, molto più velenoso del primo, ciao patria.

Il finale di salita di Aru è stato esaltante: non sentiva la catena, era come saltellasse di due metri in due metri, mentre gli altri, sempre più lontani, si arrabattavano alla meglio. Moscon e Caruso sono stati raggiunti da Brambilla, Ulissi, Nibali e Nocentini ai -15, quando il battistrada aveva 20" di vantaggio; poi Nibali si è staccato (e gli si è proprio spenta la luce), e non è però che gli altri stessero tanto meglio, visto che Aru continuava a macinare secondi in maniera inesorabile: 25, poi 30, poi 35, poi addirittura 40... no, siamo precisi: 39", il vantaggio massimo toccato dal sardo poco prima dello scollinamento, a 13 km dalla fine.

In cima Moscon (comunque complimenti!) ha dato il tutto per tutto per provare a riavvicinare Aru, e tale forcing ha fatto staccare pure Brambilla; ma ormai le cose avevano preso la loro piega, e il battistrada l'avrebbero ripreso solo se fosse stato colpito alla schiena da un drone clandestino... ma così ovviamente non è stato.

 

Fabio primo su Ulissi e Nocentini. Rebellin ancora in top ten a 45 anni
In discesa Aru si è trovato a dover difendere 30" di margine, e l'ha fatto con maestria e un pizzico di spericolatezza, guidando la bici accucciato sul telaio (alla Froome), e non perdendo più un secondo, nonostante gli sforzi di Moscon e colleghi. I 30" di vantaggio son rimasti stampati nella roccia fino ai 5 km, dopodiché dietro sono praticamente scoppiati, e Fabio ha ripreso addirittura a guadagnare, riportando a 40" il gap, e concedendosi di mollare la presa solo dopo il triangolo rosso dell'ultimo chilometro, per esultare un po', indicarsi il casco con l'effigie dei Quattro Mori, ridere, mandare pensieri al povero Michele Scarponi.

Al marchigiano la vittoria è stata dedicata, con il disvelamento, da parte di Aru ai microfoni Rai, della storia della maglia che indossava oggi: maglia che era appartenuta proprio a Scarponi, il quale l'aveva scambiata col sardo nel ritiro primaverile in Sierra Nevada. Ora quella casacca tornerà a casa, verrà restituita - con la vittoria di cui ora odora - alla moglie di Michele.

Mentre Aru viveva le emozioni del suo successo, i suoi avversari arrivavano alla spicciolata: a 40" Diego Ulissi ha preceduto un comunque ottimo Rinaldo Nocentini (40 anni!), e giù dal podio son rimasti Damiano Caruso e Gianni Moscon. Poco dopo, a 48", Marco Canola ha preceduto Fabio Felline, Sonny Colbrelli e Matteo Trentin; il decimo posto, a 50", è andato a un altro highlander, il più highlander di tutti, anzi: Davide Rebellin, 45 primavere. Gianluca Brambilla ha chiuso all'11esimo posto a 58", Vincenzo Nibali al 12esimo a 1'13".

Ora qualcuno staccherà la spina e si riposerà (è proprio il caso del testè citato Squalo), qualcun altro partirà per il Tour, e tra questi "qualcun altro" è inevitabile per noi che il pensiero primario sia rivolto appunto ad Aru, fresco campione italiano che potrà sfoggiare con orgoglio il suo Tricolore in terra di Francia (e sconfinamenti vari). C'è ancora tutto il tempo, c'è ancora tutto il terreno per rendere questa stagione 2017, disgraziata sino a poco fa, memorabile, indimenticabile. Fabio lo sa, noi lo sappiamo. Vediamo se tra qualche settimana l'avranno saputo anche tutti gli altri.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!