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La classica degli italiani… piazzati

22.04.2018 19:09

La Liegi dei nostri colori: bravi Pozzovivo, Gasparotto e Formolo, Nibali rimbalza pesantemente


Fra tutte le classiche monumento del panorama ciclistico internazionale ce n’è una particolarmente amata dai corridori italiani. Non parliamo del Lombardia, spesso snobbato come se non meritasse una considerazione pari a quella che usiamo rivolgere alle classiche di primavera. E non parliamo neanche della Milano-Sanremo, che nella sua storia ha visto lunghi periodi di dominazione straniera (l’ultimo dei quali appena conclusosi dopo 12 anni). Ma neanche ci riferiamo alla coppia extralusso composta da Ronde van Vlaanderen e Paris-Roubaix, dure e spettacolari corse del pavé, nelle quali da ormai molti anni non riusciamo a svolgere un ruolo importante. Invece la Liège-Bastogne-Liège, unica classica monumento della settimana delle Ardenne, ha negli ultimo decenni avuto un certo fascino sul movimento ciclistico italiano. Sarà per il percorso mosso ma non propriamente montuoso (tipico ad esempio delle semiclassiche appenniniche italiane) o forse per i luoghi che la corsa attraversa, da più di un secolo abitati da minatori emigrati in cerca di fortuna dall’Italia. In ogni caso, dopo un lunghissimo digiuno nei primi 90 anni della Doyenne (solo una vittoria con Carmine Preziosi nel 1965), dal 1982 in poi gli italiani hanno ottenuto ben 11 vittorie in 36 anni, nettamente meglio di ogni altra nazione (includendo nel novero il Belgio padrone di casa e la Spagna di Valverde), al punto da far soprannominare la gara “classica degli italiani”. Eppure…

Nibali ad un passo dalla vittoria nel 2012, ma quest’anno?
…Eppure è dal 2007 (vittoria di Danilo Di Luca) che un italiano non sale sul gradino più alto del podio ad Ans. L’ultimo italiano giunto sul podio, nel 2012, è stato un certo Vincenzo Nibali. In quell’edizione il siculo partì sull’ascesa alla Roche-aux-Faucons staccando il campione in carica Gilbert, ma fu ripreso sul più bello, salendo verso Ans, dal kazako Maxim Iglinskiy. Sconfitta che brucia per lo Squalo per varie ragioni: Iglinskiy era partito quasi in sordina sul Saint-Nicolas, sfuggendo alle varie marcature; Nibali si è fatto riprendere nel finale cedendo di schianto sulla leggera ascesa dell’ultimo chilometro; inoltre la Liegi del 2012 è stata l’unica grande affermazione (assieme alla Strade Bianche 2010) del kazako; infine due anni dopo quest’ultimo ha chiuso la carriera a causa di una positività all’EPO, alimentando sospetti ed illazioni. Dal 2012 il siciliano non ha mai seriamente puntato alla corsa belga, preferendo concentrare la preparazione su Giro e Tour, fino a quest’anno, in cui a seguito anche di una Freccia Vallone corsa da protagonista, era uno degli osservati speciali in gara. Ebbene a seguito di un lavorone della sua squadra, Nibali era in posizione di lancio all’imbocco della Roche-aux-Faucons, ma è poi miseramente rimbalzato salutando definitivamente la compagnia dei migliori.


Bahrain-Merida compatta ma inconcludente
Abbiamo citato la squadra di Nibali, la Bahrain-Merida al suo secondo anno di vita, che si presentava oggi al via come una sorta di nazionale italiana. Tolti i fratelli Gorka e Ion Izagirre (corridori comunque di primissimo piano), e tolto appunto il succitato siciliano, erano presenti al via: Pellizotti, Visconti, Pozzovivo e Gasparotto. Pellizotti uomo fidato di Nibali e pronto al sacrificio, al pari di Visconti, ridimensionato col tempo in questo ruolo, lui che nei primi anni di carriera si pensava potesse ambire a giocarsi la vittoria in gare di tale rango. Ruolo invece da seconde punte per il lucano e per il friulano, che dopo Nibali erano gli italiani più attesi al via. Enrico Gasparotto in particolare ha nelle Ardenne il suo terreno di caccia prediletto: più volte a podio (con due vittorie) all’Amstel Gold Race, conclusa quest’anno in terza posizione; meno adatto alla Freccia Vallone, ma una volta sul podio anche alla Liegi (alle spalle di Nibali nel celebre 2012). Domenico Pozzovivo invece, lui scalatore puro, ha scoperto recentemente un certo feeling con la Doyenne, sfiorando la vittoria in capo ad un attacco a due da lontano con Giampaolo Caruso nel 2014. Anche Pozzovivo era dato in buona condizione, tanto da concludere appena venerdì il Tour of the Alps in seconda piazza. Entrambi i luogotenenti di Nibali sono sopravvissuti alla debacle del capitano, rimanendo fino alla fine nel gruppetto all’inseguimento di Jungels. È mancato un po’ di coraggio per provare a lanciarsi come Vanendert prima o Bardet e Woods (giunti poi sul podio) poi, ed al tempo stesso un po’ di organizzazione per decidere di sacrificarsi per il compagno. Peccato, perché la condizione c’era, ed un quinto e sesto posto (rispettivamente per Pozzovivo e Gasparotto), regolati soltanto da Alaphilippe nel gruppetto “principale”, non è forse il risultato che i due avrebbero meritato.


E gli altri? Formolo speranza, Ulissi eterna delusione
Alle spalle della coppia targata Bahrain si è piazzato poi un corridore che sta sempre più apprezzando la classica vallone. Si parla di Davide Formolo, protagonista nella passata edizione, ed anche quest’anno autore di una prova di buon livello. L’anno scorso “Roccia” aveva fatto sognare tutti sul Saint-Nicolas, venendo poi ripreso nel finale. Quest’anno invece ha corso maggiormente di rimessa, trovandosi addirittura assieme ad Alaphilippe con un discreto vantaggio sul gruppetto inseguitore, e rispondendo sempre presente alle varie accelerazioni in salita. Bene l’anno scorso, settimo quest’anno, in una continua e inesorabile crescita. Crescita che purtroppo si è arrestata da tempo per Diego Ulissi, che appare spesso involuto, mai competitivo nelle classiche teoricamente a lui più congeniali. Poco o nulla anche dagli altri italiani, con una menzione per Matteo Bono, a lungo in testa al gruppo a lavorare per lo sfortunato Daniel Martin. Tirando le somme un’edizione della Liège-Bastogne-Liège in linea con le precedenti: italiani sempre davanti, spesso protagonisti, a volte piazzati d’onore, ma raramente sul podio e mai su quel gradino più alto, che l’Italia continua a sognare, nella classica degli italiani.


 

 
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