Professionisti

E adesso chiamiamolo Campione

20.05.2018 16:58

Simon Yates conferma la sua classe attaccando e vincendo nella Tolmezzo-Sappada. Dumoulin non reagisce, Froome torna a perdere terreno, Aru naufraga


Da dove cominciamo? Cominciamo dal chiamarlo Campione. Il ciclismo di Simon Yates è elegante, totale, bello. Elegante perché è un corridore che in bicicletta ci sa stare bene, e che scatta in salita a mani basse, gesto ormai raro quanto pregiato come il rovescio ad un braccio nel tennis; totale, come altro non potrebbe essere da un corridore che ha indossato l’iride su pista, 5 anni fa nella corsa a punti, ed in giornate come questa non fa gruppetto ma è addirittura il primo della classe; bello, in conseguenza di tutto ciò, come uno scatto in maglia rosa a  17 km dall’arrivo, di quelli che si capisce subito che non avrà repliche. L’anno scorso, al termine della seconda settimana, Tom Dumoulin era diventato il dominatore del Giro, sverniciando tutti ad Oropa; oggi tocca a Simon schiantare Tom, con lo schiacciasassi di Maastricht che anche oggi si salva in corner da una crisi che nel finale di Sappada sembrava inevitabile, ed  è stata smussata solo dall’ignavia e dalla scarsa lungimiranza dei suoi diretti rivali per la lotta al podio. La Tolmezzo-Sappada, lo dicevamo alla vigilia, era la tappa meglio disegnata di questo Giro, e la strada non ha fatto che confermare questa sensazione, regalando tutto ciò che serve a rendere il ciclismo piacevole: la vittoria di un grande corridore, e le bambole dei suoi rivali. Come quella di Chris Froome, che dopo una giornata ai suoi livelli sullo Zoncolan è tornato il corridore in difficoltà del resto del Giro; e soprattutto quella di Fabio Aru, una delle peggiori giornate sportive del corridore sardo, il quale arrivando a 20’ ha dato la sensazione di non avere la voglia, e forse nemmeno la forza di terminare questo Giro d’Italia.

 

Partenza a tutta: si moltiplicano i tentativi fino al Passo della Mauria
Sarà una tappa difficile, tutti ne sono consapevoli (e difatti arriveranno 4 ritiri: Igor Anton per la Dimension Data, ieri persino all’attacco sullo Zoncolan; per la BMC Loic Vilegen e Nicolas Roche, che genera così uno splendido contrappasso rispetto alla storia di suo padre che a Sappada trovò la gloria; inoltre Manuel Senni (Bardiani-CSF), caduto nella discesa del Passo di Sant’Antonio con una forte contusione all’anca). Anche per il meteo, che alla fine si rivelerà più clemente del previsto, e sarà più l’acqua che i corridori troveranno per strada che quella che prenderanno in corsa. Ma sarà difficile anche prendere la fuga, vista la “fame” diffusa di vittorie determinata anche dall’assenza di fughe di successo, finora. Dopo aver passato Ampezzo, salendo verso Forni di Sotto, in 6 riescono ad allungare, e sono anche bei nomi: Visconti, Sanchez Gil, Cattaneo, Dupont, De Marchi e Valerio Conti, già protagonista ieri. Ma è una fuga che non soddisfa molte squadre e si giunge a Forni di Sopra, ai piedi del Passo della Mauria, il primo GPM di giornata che porta in territorio bellunese, a gruppo compatto. Sono a questo punto i nomi più disparati a tentare di portar via un tentativo: persino Fabio Aru (Uae Team Emirates) allunga, seguito poco dopo da Wout Poels (Team Sky), spettacolare scudiero per Froome ieri. Ma ad arrivare in cima al passo saranno nomi meno altisonanti: anche se sarebbe un termine improprio per Dayer Quintana (Movistar Team), fratello di, si accosta meglio a quelli degli Ag2r Quentin Jauregui e Nico Denz, e del lettone Krists Neilands (Israel Cycling Academy), che i più ricorderanno come anticipatore dell’attacco di Nibali alla Sanremo.

Si forma un gruppo di 24, ma il vantaggio è risicato
I 4 scollinano con un margine limitato, che manterranno in discesa. La situazione si stabilizza quando si entra nel Cadore, con tre gruppetti che rientrano nel giro di 10 km. Al comando troviamo quindi Nico Denz, Mickael Cherel e Quentin Jauregui (AG2R La Mondiale), Dayer Quintana (Movistar), Krists Neilands e Kristian Sbaragli (Israel Cycling Academy), Sacha Modolo (EF- Drapac), Antonio Nibali, Giovanni Visconti e Niccolò Bonifazio (Bahrain - Merida), Alexey Lutsenko (Astana), Davide Ballerini e Fausto Masnada (Androni - Sidermec), Alessandro De Marchi (BMC), Tosh Van der Sande (Lotto FixAll), Sam Bewley (Mitchelton - Scott),Gianluca Brambilla (Trek - Segafredo), Giulio Ciccone ed Enrico Barbin (Bardiani - CSF), Zdenek Stybar (QuickStep - Floors), Maurits Lammertink (Katusha - Alpecin), Diego Ulissi (UAE Team Emirates) e Matthieu Ladagnous (Groupama - FDJ) dopo più di 70 km di lotta vera e una media superiore ai 40 km/h, nonostante il passo. La fuga tuttavia non trova spazio: malgrado riesca presto ad attestarsi sui 3’ di margine, non riesce ad andare oltre a causa del ritmo non degli attesi Mitchelton, ma degli EF-Education First che preparano un attacco a sorpresa sul Passo delle Tre Croci. Gli uomini di Vaughters sono anche rappresentati nella fuga da Sacha Modolo, presumibilmente nell’azione per i due traguardi volanti a ridosso, che riuscirà a clamorosamente a perdere entrambi: il primo da Stybar, in difesa di Viviani, ed il secondo da Ballerini, in corsa per la speciale classifica.

Passo Tre Croci: forcing di Woods, Aru già al gancio
Sulla salita più in quota della giornata, il Passo Tre Croci, il gruppo dei fuggitivi ovviamente si sfalda rapidamente, visto il numero elevato di corridori inadatti alla montagna. È Giulio Ciccone a fare la voce del padrone, arrivando a selezionare un gruppettino con Mikel Cherel, il meglio messo in classifica a quasi 20’ da Simon Yates, e gli iniziatori del tentativo Denz, Quintana e Neilands, che però perde contatto nei pressi della cima; Ulissi, De Marchi, Masnada e Visconti si mantengono comunque a 25” allo scollinamento. Nel gruppo maglia rosa la corsa si accende col coraggioso attacco di Michael Woods (EF-Education First) che con un pizzico di follia si gioca il tutto per tutto a  70 km dall’arrivo: arriverà in vetta al passo con 50” di ritardo dai fuggitivi, e guadagnando più di 1’ nei confronti del gruppo, nel quale comincia a trovarsi in difficoltà già da ora Rohan Dennis e Fabio Aru, giunto alla giornata dei minuti che volano.

I fuggitivi sprecano energie, Woods si rialza
Al termine della discesa del Passo Tre Croci non sono più in 4 ma solo in 2 al comando: i due Ag2r hanno staccato i compagni di fuga, e sembrano intenzionati a tirare dritto, salvo poi aspettare Quintana. Chi invece è pesantemente attardato è Ciccone, non proprio un drago in discesa, che però trovando la collaborazione di Giovanni Visconti riesce faticosamente a recuperare, riuscendo nell’aggancio ai Piedi del Passo di Sant’Antonio, la salita più difficile di giornata, a 36 km dal termine. Niente da fare per tutti gli altri fuggitivi, e neanche per Woods, anch’egli abbastanza sciupone in discesa: si ritrova con Antonio Nibali ed Enrico Barbin, coi quali si arrende a 45 km dall’arrivo. Le fatiche fatte dai fuggitivi nel tratto pianeggiante si fanno sentire sulle inesorabili rampe del passo: prima Quintana, poi Visconti cedono già nei primi chilometri. A poco dalla vetta toccherà anche a Cherel, lasciando Giulio Ciccone solo con un Nico Denz che può essere considerato una delle rivelazioni di questo Giro d’Italia. È però l’abruzzese a scollinare in testa, come già fatto in precedenza alle Tre Croci: da martedì vestirà lui la maglia blu, come vicario di Yates che coi suoi 39 punti di vantaggio sembra inarrivabile per ora.

La crisi nera di Aru: i compagni lo spingono all’arrivo
Sul Passo Sant’Antonio prosegue la selezione cominciata nella salita precedente, coi Mitchelton che impostano il passo con Kreuziger. Anche la Sunweb prova a inasprire la corsa mettendo davanti Sam Oomen ed è poco prima di questo frangente che Fabio Aru si sposta, di netto, dalla coda del gruppo, rallentando fino a quasi fermarsi. Il sardo è praticamente finito: i compagni, Diego Ulissi in primis, cercano di confortarlo e di stargli vicino. Anche Laengen, Atapuma e Mori lo scorteranno fino al traguardo, dove giungerà 69esimo con un ritardo di 19’31”: è forse la giornata peggiore nella carriera di Fabio Aru, che potrebbe fare da spartiacque nella sua carriera. Intanto, davanti restano davvero in pochi, 23 in tutto allo scollinamento: con la maglia rosa restano Nieve ed Haig, ma è Froome ad avere più uomini, tra Henao, Poels ed un Elissonde finora mai visto.

Costalissoio: la defaillance di Froome e il doppio attacco di Yates
L’impegnativa discesa del Passo Sant’Antonio, resa ancor più difficile dall’asfalto bagnato, crea le condizioni per la bagarre avvenuta sulla breve salita di Costalissoio. La fuga è agli sgoccioli, con Denz che prevedibilmente stacca Ciccone; entrambi verranno poi ripresi in corrispondenza dell’attacco di Yates. In fondo alla discesa, si mette a sorpresa “Superman” Lopez a dettare le linee, sfoggiando doti da discesista rimaste finora nasconde (ma magari esaltate dal bagnato). Lopez riesce addirittura a spezzare il gruppetto in due tronconi, e Chris Froome si trova nel secondo, incapace di reagire e portarsi sul primo a differenza di Pozzovivo; questo segna un’altra giornata negativa per il britannico, dopo la vittoria di ieri. È tutto pronto per l’attacco di Simon Yates: la maglia rosa piazza una prima stilettata a -17.5 km dall’arrivo, alla quale replica Lopez, per poi effettuare l’attacco definitivo duecento metri più avanti. Dal passo preso, è evidente che nessuno è capace di reagire; Domenico Pozzovivo si mette in testa a un gruppetto con gli altri contendenti, ossia Dumoulin, Pinot, Lopez e un ancora sorprendente Richard Carapaz. Yates arriva in vetta a Costalissoio con 18” su questi 5, e già 1’08” su Chris Froome e i suoi compagni.

Yates domina, Dumoulin fatica, gli altri non ne approfittano
Il britannico è più fresco di tutti, e guadagna, in maniera inesorabile: 28” in fondo alla discesa, che diventano 50” dopo la prima parte di ascesa verso Sappada. Complice la situazione di scarsa collaborazione tra gli inseguitori: Dumoulin, che sarebbe l’uomo ideale per andare in caccia, non sembra proprio in giornata e chiede la collaborazione degli altri, Thibaut Pinot si scoccia e prova due volte a scattare in faccia. La situazione diventa più chiara quando, nella parte più dura della salita non classificata, Richard Carapaz allunga a meno di 4 km dall’arrivo, e Dumoulin si sfila, staccandosi: l’olandese proprio non ne ha più. A questo punto i suoi rivali commettono un errore tattico, continuando a scattarsi in faccia invece di collaborare; ciò permette il rientro di Dumoulin, all’ultimo chilometro. Intanto, gli applausi sono tutti per Yates, che arriva in solitaria con 41” di vantaggio su questo drappello. La volatina va a Lopez, che precede Dumoulin, poi Pozzovivo, Carapaz e Pinot. Il gruppo Froome arriva ad 1’20”, solo che Froome non c’è: il britannico si sta anche da lì e finisce ad 1’32”, accompagnato da Poels. Il drappello è regolato da Alexandre Geniez (Ag2r), che precede Davide Formolo, Pello Bilbao e Sam Oomen, e dentro ci sono tutti gli altri uomini di classifica, escluso Woods che paga l’ardito tentativo con un ritardo di 4’13” all’arrivo.

Nuova generale, distacchi dilatati
Simon Yates
si augurava di arrivare alla crono di Rovereto con almeno 2’ di vantaggio: obiettivo raggiunto e superato, visto che tra lui e Dumoulin adesso ci sono 2’11”. Restano vicini a Dumoulin Pozzovivo (2’28”) e Pinot (2’37”); salgono di una posizione Lopez (4’27”) e Carapaz (4’47”), in lotta serratissima per la maglia bianca, ai danni di Chris Froome, settimo a 4’52”. Non cambiano le altre posizioni, ma George Bennett accusa adesso 5’34”, Pello Bilbao 5’59”, Patrick Konrad 6’13”. Distacchi che potrebbero ancora aumentare nei 34 km di crono di martedì, perché se è vero che Yates da Dumoulin si aspetta di perdere, è anche vero che altri corridori subiranno questa prova rispetto alla maglia rosa, anche alla luce dello stato di forma: per Yates sarà una buona occasione per mettere a distanza di sicurezza Lopez, e forse anche Pozzovivo, non aiutati dal profilo della prova; e chissà se anche Pinot, generalmente ad alto livello contro il tempo, non subisca da un corridore così in forma come il britannico in questo momento.
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