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L'orgoglio non basta, Froome assicura il Giro

26.05.2018 16:06

Susa-Cervinia dominata da Mikel Nieve. Dumoulin attacca invano, Pinot si spegne e lascia il podio a Lopez


Dopo la tappa di ieri, qualsiasi cosa che ci aspettavamo di vedere oggi nella Susa-Cervinia non ne avrebbe neanche lontanamente rasentato il livello emozionale. Dopotutto l’esperienza ce lo insegna: quando si corre una frazione a tutta consumando le energie, il giorno dopo è più facile che nessuno abbia la forza per mettere in difficoltà gli avversari, magari col rischio di mandare in bambola sé stessi. C’è qualcuno che però ha corso questo rischio, ed è Tom Dumoulin: evidente sin da subito che gli attacchi dell’olandese non erano in grado di scalfire nemmeno lontanamente la leadership di Chris Froome, uscito tutto sommato bene dall’enorme sforzo del giorno prima. Onore a lui, che ci ha conquistato l’anno scorso vincendo contro grandi scalatori il Giro tra lo stupore generale, e quest’anno ha conquistato noi con un secondo posto difeso coi denti e con le unghie su un percorso ancora più ostile.

L’ultima frazione di montagna è stata sostanzialmente un no-contest, ma ha avuto comunque qualcosa da dire per la classifica generale: decisiva la bambola di Thibaut Pinot, che potremmo definire quasi auto-indotta, visto che il ritmo imposto dall’Astana tra Tse Core e Saint Pantaleon non era di quelli distruttivi. Lo scalatore francese è finito oltre la riserva sin dalle prime rampe del Saint Pantaleon, perdendo tutto ciò che aveva cumulato nelle 19 tappe precedenti: la crudeltà di questo sport si è accanita su di lui, lasciando a Miguel Angel Lopez in maniera agevole il primo podio in un GT, e limitando in questo senso le ostilità sull’ultima salita, col colombiano che si è dovuto limitare a controllare le velleità di Carapaz.

In questo scenario, dove i big erano tutti in riserva, spazio ai fuggitivi di giornata: la vittoria di Mikel Nieve, 34 anni della Mitchelton-Scott, è risultata finanche telefonata. La bilancia pendeva pesantemente a favore del basco: libero da giochi di squadra dopo la crisi di Yates, fresco anche nella condizione (ha cominciato a correre quest’anno solo a fine aprile, tra ritardi di preparazione e incidenti), e infine nel giorno del suo compleanno, l’esperto scalatore non ha avuto grandi difficoltà a sbarazzarsi di tutti i rivali, l’ultimo Grossschartner ancora sul Saint Pantaleon a 32 km dall’arrivo. Una vittoria che non fa che aumentare il suo feeling con le tappe dure del Giro: i più lo ricorderanno come il vincitore di una delle frazioni più ostili di sempre, la Conegliano – Gardeccia del 2011, ma ci fu anche la vittoria a Cividale del Friuli due anni fa.

 

Fugone di 27 corridori: anche Viviani per mettere al sicuro la ciclamino
Con le fatiche di ieri, nella prima ora della Susa-Cervinia si ritrova meglio chi aveva tirato subito i remi in barca. In realtà sono in molti che tentano la fuga, e la prima ora è piuttosto veloce (si sfiorano in 49 km/h): dopo 20 km riescono ad allungare in 5, tutti italiani: con Jacopo Mosca (Wilier-Selle Italia), Giovanni Visconti (Bahrain-Merida), Matteo Montaguti (Ag2r-La Mondiale) e Davide Ballerini (Androni-Sidermec) c’è Elia Viviani (Quick-Step Floors), intenzionato ad approfittare della prima parte di tappa pianeggiante per fare il pieno di punti della maglia ciclamino e scoraggiare quanto più possibile un’eventuale rimonta di Bennett (domani saranno in palio ben 90 punti). A loro si uniscono a ondate i seguenti atleti:  Francesco Gavazzi, Manuel Belletti, Marco Frapporti (Androni-Sidermec), Matej Mohoric (Bahrain-Merida), Giulio Ciccone, Enrico Barbin (Bardiani-CSF), Felix Grossschartner, Michael Schwarzmann (Bora-hansgrohe), Matthieu Ladagnous (Groupama-FDJ), Krists Neilands (Israel Cycling Academy), Roman Kreuziger, Mikel Nieve (Mitchelton-Scott), Michael Woods (EF-Drapac), Maurits Lammertink, Tony Martin (Katusha-Alpecin), Koen Bouwman, Robert Gesink, Bert-Jan Lindeman (LottoNL-Jumbo), Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), Valerio Conti, Vegard Stake Laengen, Marco Marcato (UAE Team Emirates). Una fuga che però non ha subito vita facile, dato che gli Astana, esclusi dal tentativo, si mettono in testa al gruppo a limitarne il margine, che non riesce a superare i 5’ ai piedi della prima salita di giornata, il Col Tsecore.

La bambola di Pinot e l’assolo di Nieve
Il primo GPM di giornata, inedito per la corsa rosa, funge da setaccio con i suoi 16 km di lunghezza. Il gruppo di testa si seleziona notevolmente e inevitabilmente sotto il ritmo di Roman Kreuziger, totalmente al servizio di Nieve, dei LottoNL e di Ciccone: in vetta oltre ai già citati restano Grossschartner, Bouwman, Gesink, Brambilla, Conti e un irrequieto Matej Mohoric, che tenta di andar via in salita e poi allunga per inerzia in discesa. Il vantaggio della fuga comincia finalmente a dilatarsi, rendendo sempre più chiaro il successo finale dell’azione. Sul Saint Pantaleon comincia il forcing di Nieve, che pian piano fa fuori i restanti rivali: gli ultimi a cedere sono prima Brambilla e poi il talentuoso Grossschartner, che deve alzare bandiera bianca a 3 km dallo scollinamento. Praticamente, i giochi per la tappa finiscono qui. Dietro la corsa prosegue blanda, ma con un effetto in aspettato del ritmo di Vilella: la crisi nera di Thibaut Pinot, improvvisa e irreversibile. Il francese finirà la tappa nel Gruppetto, a 45’32” di ritardo dal vincitore, dicendo addio al podio.

Dumoulin, tanta grinta ma zero gambe
Mentre Nieve comincia la salita finale di Cervinia con 1’30” sui primi inseguitori e ben 9’ sul gruppo maglia rosa, qualcosa comincia a muoversi in vista dell’ascesa finale. La crisi di Pinot ha risparmiato ogni fatica a Lopez, spetta dunque a Carapaz mettere i suoi uomini in testa per osare il tutto per tutto. A interrompere il forcing di Carlos Betancur è il primo attacco di Tom Dumoulin a 8 km dall’arrivo, ma il tentativo del campione uscente non spaventa Chris Froome e sullo stesso riesce a rilanciare un pimpante Davide Formolo, restando in avanscoperta per un po’ rispetto agli altri. Nonostante l’evidenza, Dumoulin non si arrende e ci prova due, tre, quattro volte in 3 km di strada, mettendo anche il giovane Sam Oomen (alla sua migliore prova in questo Giro) in testa a tirare: all’ultimo tentativo è Froome stesso a mettere le cose in chiaro, rilanciando per fermare le velleità dell’olandese. A questo punto anche Carapaz e Lopez cominciano a mettere pressione, sperando in una crisi improvvisa dell’olandese. Che perde terreno, ma non va fuori giri, risalendo lentamente del suo passo. Negli ultimi 2 km Carapaz cerca allora di far la corsa su Lopez attaccando, ma non riesce a toglierselo di ruota. Il duo sudamericano verrà ripreso all’arrivo dal gruppettino dei big, sotto la spinta dello stesso Dumoulin (avvelenato dalla tappa di ieri) e di un ottimo Wout Poels.

Le classifiche: Lopez sale sul podio finale
Mikel Nieve
arriva dunque al traguardo con l’invidiabile vantaggio di 2’17” su Robert Gesink: l’olandese era atteso a una prova migliore dopo aver passato tutto il giro in ombra. Felix Grosschartner arriva a 2’42”, Giulio Ciccone a 3’45”: fallisce dunque la rimonta alla maglia blu dell’abruzzese, che per concretizzarsi aveva bisogno di scollinare in testa anche al Saint Pantaleon. Gianluca Brambilla quinto a 5’23” è l’ultimo sopravvissuto della fuga, dopodichè il gruppo maglia rosa giunge a 6’03: nell’ordine, Poels, Froome, Formolo, Pozzovivo, Carapaz, Oomen,Lopez, Dumoulin chiude a 6’09”. Alla spicciolata arrivano tutti gli altri, a cominciare da Bilbao, Bennett e Konrad a 6’45”.
La classifica generale finale vede Chris Froome vincere il Giro d’Italia: è il primo successo del team Sky dopo anni di tentativi e sfortune, ma soprattutto è il primo successo di un britannico, un traguardo inedito come quello dell’olandese Dumoulin l’anno scorso. Che chiude secondo a 46”, molto più vicino del colombiano Miguel Angel Lopez terzo a 4’57”, al suo primo podio di un GT e vincitore di una sudatissima maglia bianca a scapito dell’ecuadoriano Richard Carapaz, quarto a 5’44” e rivelazione del Giro. Domenico Pozzovivo alla fine risale in quinta posizione a 8’03”, migliore degli italiani, cogliendo l’obiettivo minimo prefissato in partenza; sesto chiude, anche qui con una certa sorpresa, il basco Pello Bilbao ad 11’50”, grazie alle sue prove di regolarità. Settimo Patrick Konrad a 13’01”, ottavo George Bennett a 13’17”, nono Sam Oomen a 14’18”, in top ten come l’anno scorso Davide Formolo a 15’16”, tutti avanti di una piazza grazie alla crisi di Pinot che scivola in sedicesima posizione. Per Chris Froome arriva anche la vittoria della maglia blu, frutto dell’impresa di ieri e della vittoria sullo Zoncolan: non succedeva da vent’anni che il vincitore del Giro fosse anche il migliore scalatore. L’ultimo, un certo Marco Pantani.

Domani chiusura degna di un Giro bellissimo a Roma, in circuito in pieno centro con arrivo ai Fori Imperiali: una tappa che forse non dirà nulla per quanto riguarda la classifica, ma che potrebbe risultare ancora una volta spettacolare in termini di successo di tappa. Su un percorso così vario, la volata non è da considerarsi scontata.
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