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Ma il Mondiale era davvero così duro?

02.10.2018 16:32

Sì, il percorso di Innsbruck era molto impegnativo ma molti fattori hanno contribuito a bloccare la corsa: proviamo ad analizzarli


Il Campionato del Mondo di Innsbruck era stato annunciato come uno dei più impegnativi di sempre dal punto di vista dell'altimetria scomodando paragoni con Sallanches e Duitama, e le prime gare disputate sul circuito Olympia, in particolare quelle dominate da Remco Evenepoel e Anna van der Breggen, non avevano fatto altro che rafforzare questa convinzione: i tifosi si aspettavano quindi una gara selettiva e spettacolare, ma si sono ritrovati perplessi o forse anche un po' delusi nel vedere un gruppo ancora abbastanza numeroso approcciare pressoché compatto l'infernale muro finale di Höll. Da qui, la domanda più ricorrente di questi ultimi due giorni: il tracciato austriaco era effettivamente così duro come si pensava in origine?

Dal nostro punto di vista la risposta a questo quesito non può che essere un deciso sì, la gara di Innsbruck è stata davvero impegnativa: magari non era da scalatori puri come sosteneva qualcuno - ma quale corsa di un giorno può esserlo se non c'è un arrivo in salita? - e nei tapponi dei Grandi Giri bisogna fare i conti anche con la stanchezza accumulata dei giorni precedenti che qui non c'era, ma di certo negli ultimi 20 anni nessuna rassegna iridata aveva le caratteristiche di quella appena conclusa con il trionfo di Alejandro Valverde. Certo, alla fine la gara ha forse deluso un po' le aspettative di molti appassionati, ma a questo hanno contribuito diversi fattori che sommati tra di loro hanno un po' bloccato la corsa.

La salita di Höll faceva paura
L'ultimo giro di questo Mondiale di Innsbruck non era uguale a quelli precedenti: oltre alla salita di Igls, lunga ma abbastanza pedalabile, c'era infatti il muro di Gramartboden, o Höll, 2800 metri con una pendenza media dell'11.5% ed un picco massimo che arrivava addirittura al 28%. Questa rampa faceva un'enorme paura ai corridori che, in caso di attacco anticipato, sapevano di dover guadagnare un vantaggio considerevole per sperare di difendersi lì: in questo modo si è creato una sorta di effetto "Freccia Vallone" dove basta il muro di Huy a raffreddare gli animi di eventuali attaccanti e chi si sentirebbe comunque battuto nello scontro finale.

A pochi interessava davvero attaccare
Per attaccare da lontano sarebbe servita quindi un'azione che disintegrasse in gruppo e tagliasse fuori dai giochi la maggior parte dei gregari prima dell'ultimo giro, ma a quel punto poteva sorgere un altro problema: quali nazionali, una da sola avrebbe potuto combinare poco, potevano avere le forze e l'interesse di far "esplodere" il plotone a grande distanza dal traguardo? Di sicuro non quelle dei principali favoriti, Spagna, Francia e Gran Bretagna, a cui conveniva aspettare la resa dei conti finale: accendere la miccia a 50 o più chilometri dal traguardo, infatti, poteva dare vita ad una corsa anarchica in cui alcuni nomi di spicco potevano ritrovarsi tagliati fuori più dai giochi tattici che non dalla mancanza di gamba. Un po' quello che è successo nella gara femminile: lì ha vinto la più forte, ma nella lotta per le due medaglie restanti le altre favorite si sono di fatto annullate a vicenda.

Non c'era un favorito netto
Un altro fattore che ha contribuito a bloccare la corsa è stata la mancanza di un favorito netto che spiccasse su tutti gli altri: Valverde aveva chiuso la Vuelta in calando, per Alaphilippe poteva essere un tracciato fin troppo impegnativo, Simon Yates poteva essersi rilassato dopo la vittoria in Spagna ed il gemello Adam non aveva dato grandi segnali, Dumoulin era reduce dalla sconfitta nella cronometro, Kwiatkowski era a tutta a luglio e Nibali non poteva essere al meglio dopo la caduta al Tour e l'operazione alla schiena. Tutti avevano dubbi, ma al tempo stesso avevano anche la legittima convinzione di potersela giocare e di non sentirsi battuti a prescindere negli ultimi chilometri: non c'era quindi un corridore contro cui correre ed a cui lasciare tutto il peso della corsa, perché quindi fare fuoco e fiamme?

La fuga e la salita di Igls
In tanti avevano paragonato questo Campionato del Mondo ad un tappone di montagna di un Grande Giro, ed in un certo senso è stato proprio quello l'atteggiamento tattico del gruppo: la fuga iniziale di undici corridori, partiti in pianura, ha avuto un vantaggio massimo di ben diciannove minuti e così nei primi giri del circuito di Innsbruck la preoccupazione principale è stata quella di tenere un ritmo alto e regolare per riavvicinarsi ai battistrada che hanno tenuto duro a lungo. Sulla salita di Igls non c'è stato nessun contrattacco ma, oltre alle ragioni già indicate, c'è da dire che la strada non aiutava particolarmente: l'ascesa era lunga e si stava bene a ruota, per chiudere su un tentantivo di fuga pericoloso sarebbe bastata una leggera accelerazione, neanche troppo dispendiosa, da parte del gruppo. L'unico punto del percorso dove si poteva provare a sorprendere e andare via d'esplosività era lo strappetto a circa quattro chilometri dal traguardo dove effettivamente erano riusciti ad avvantaggiarsi Van Avermaet con Caruso e altri.

Il prossimo anno a Harrogate cambia lo scenario
Nel corso della settimana iridata di Innsbruck sono stati svelati i percorsi del prossimo Campionato del Mondo che si disputerà nella regione inglese dello Yorkshire dal 22 al 29 settembre 2019. In questo caso dubbi non ce ne sono, non sarà un percorso per scalatori, ma non sarà neanche un piattone completo tipo quello di Doha, dove fummo salvati dal vento nel tratto iniziale: nel circuito finale di soli 14 chilometri ci saranno diversi brevi strappi che potrebbero favorire una corsa tutta d'attacco già da tre o quattro tornate alla conclusione, anche se i velocisti più resistenti non saranno necessariamente tagliati fuori dalla vittoria finale. Ma se anche il circuito finale di Harrogate non presenti grandi dislivelli, questo non può essere sinomino di una gara noiosa: alla fine vale sempre il detto che sono i corridori a fare la corsa, e mai come quest'anno a Innsbruck ne abbiamo avuto dimostrazione.
Notizia di esempio
Alla Binche-Chimay-Binche numero d'alta scuola per Van Poppel. Buon 5° Pasqualon