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Philippe chi? Greg reclama la fascia di capitano

15.09.2019 22:31

In vista del Mondiale, dopo due anni a secco nelle classiche Van Avermaet torna a vincere a Montreal precedendo Ulissi. Cosnefroy in gran spolvero, Alaphilippe in crescita


Gli mancava, senza dubbio. Greg Van Avermaet in carriera ha vinto tanto, ma non è sempre stato un vincente in senso lato: a lungo era considerato un “piazzato”, almeno nelle classiche più importanti. Questo fino al 2016, quando dopo aver vinto alla Het Nieuwsblad diventò a sorpresa campione olimpico. Da lì, 10 mesi d’oro, nei quali ha cominciato a collezionare le vittorie in linea più importanti della sua carriera (su tutte la Roubaix 2017), tra le quali proprio il primo successo al Gp Montreal in un testa a testa con Peter Sagan che due giorni prima l’aveva battuto nel Québec.

Poi, dopo quella Roubaix, di nuovo il digiuno: altre vittorie sì, ma in corse minori (tra cui l’edizione 2018 e una tappa 2019 del Tour of Yorkshire, decisamente un buon auspicio per Harrogate…), nelle classiche solo piazzamenti e poca brillantezza. Si dirà che Greg Van Avermaet sta diventando vecchio. Si dirà che è sazio. Si dirà che senza una squadra (la CCC è limitata rispetto alla BMC di una volta) non sa più vincere cavandosela da solo. E intanto in casa Belgio la concorrenza è più forte che mai: l’eterno rivale Gilbert sembra vivere una nuova giovinezza, Naesen, Lampaert e Benoot montano su lentamente, e poi c’è questo Evenepoel che prima o poi arriva e spazza via tutto. Perdinci, si è risvegliato pure Vanmarcke! La convocazione non è mai stata in discussione, ma questo Greg non poteva più stare in silenzio. E così, nelle due corse al mondo più ritagliate sulle sue misure (9 podi in 7 anni tra Quebec e Montreal!), ha fatto presente alla concorrenza che lui c’è e nella sostanza è ancora un avversario da battere.

Ma i segnali, tra venerdì e oggi, non sono arrivati solo da Van Avermaet. Alaphilippe e Sagan sono in crescita, si sono abbastanza disinteressati di vincere (anche perché non avevano il finale nelle gambe) puntando sulle accelerazioni. Il giovane Evenepoel non ha combattuto per il successo, ma ha comunque trovato modo di dar spettacolo, in compenso altri giovani (ancora??) hanno trovato modo di buttarsi nella mischia, segnatevi il nome di Benoît Cosnefroy: altro bel caratterino, oggi si è permesso di mandare al diavolo il suo potenziale capitano per Harrogate, Alaphilippe. Potenziale perché Thomas Voeckler ha lasciato un posto vacante e su Benoît non si è ancora espresso, la scelta a questo punto dovrebbe essere ovvia ma mai porre limiti alle valutazioni tecniche (del resto se la Colombia con 8 posti a disposizione porta Quintana e Chaves e può permettersi di lasciare a casa Betancur, tra i migliori di oggi,allora vale tutto).

Una corsa più lunga… ma non meno addormentata
L’edizione del Gp Montreal di quest’anno segna il passo: due giri in più, per un totale di 215 km e circa 5000 metri di dislivello. Una scelta atta a creare una distinzione ancor più netta con la prova finora “gemella” del Quebec e renderla una corsa meno adatta a un finale a ranghi larghi. Nella prima parte di gara l’effetto sostanziale è solo quello di rendere più lenta la partenza: si forma subito una fuga a trazione canadese, con 2 rappresentanti della Rally Racing (Ryan Anderson e Matteo Dal Cin) e due giovani esponenti della nazionale, Charles-Étienne Chrétien e Nicolas Zukowsky. L’intruso è Guy Sagiv (Israel Cycling Academy), in fuga già ieri. Dopo 20 km il vantaggio si stabilizza già appena sopra i 10’, con Deceuninck e Sunweb che si prendono la responsabilità di controllare a distanza l’azione.

Arrivano le prime frustate: Remco sa far male
Per tornare a parlare di corsa, bisogna mandare avanti il nastro per qualche ora, e fissarsi a 6 giri dal termine, quando il passo comincia a cambiare. È la Trek-Segafredo (a favore di Mollema) la prima formazione ad accelerare sullo strappo del Belvedère Camillen-Houdé, la salita di quasi 2 km al 7,7% ad inizio giro che permette di fare la differenza, producendo le prime vittime (tra le quali l’ectoplasma di Michal Kwiatkowski, una gran tristezza per vedere così vuoto un ex-campione del mondo).

Nel giro successivo, il forcing deriva nientemeno che da Remco Evenepoel: il gioiello della Deceuninck non appena si mette in testa produce un frazionamento nel gruppo, costringendo Dan Martin (UAE Team Emirates), oggi al servizio dei compagni, a mettersi davanti per un ritmo più normale. Non pago il belga allunga dopo la vetta, mettendosi in caccia dei 5 fuggitivi che ormai hanno meno di 1’.

Un attacco che provoca discreto sparpaglio, ma nelle gambe del belga c’è meno veleno del solito: verrà ripreso a fine giro, con un gruppo frastagliato in avanguardie e retroguardie dove mette il naso fuori un Vincenzo Nibali (Bahrain Merida) anche oggi voglioso di testarsi mettendosi al servizio dei compagni; attento in questo frangente anche Alaphilippe. Si approda a quattro giri dal termine con un nulla di fatto, giusto una breve avanscoperta di Magnus Cort Nielsen (Astana) e Krists Neilands (Israel Cycling Academy).

Zukowsky: segnatevi questo nome. Molla Colbrelli
A 4 giri dalla fine la fuga si sfalda a Camillen-Houdé: a restare davanti, un po’ a sorpresa, sono i due giovani Zukowsky e Chretien, 41 anni in due. La Jumbo-Visma imposta un bel forcing con Laurens De Plus, facendo saltare definitivamente Sonny Colbrelli (che si allontana sempre più dal mondiale) e mettendo in difficoltà parecchi altri, tra i quali anche Sagan. Sulla seconda salita del circuito, la Côte du Polytechnique, Zukowsky resta da solo, mentre su Chretien si porta Jan Polanc (Uae Team Emirates) raggiunto poi da Daryl Impey (Mitchelton-Scott) ed il vincitore di Plouay Sep Vanmarcke (EF Education First): bei nomi, ma non abbastanza convinti per andare avanti.

E così Zurkowsky comincia anche il terzultimo passaggio da solo in testa, dimostrando gran caparbietà ed un bel passo in salita alla prima apparizione di fronte a riflettori internazionali; la luce si spegne a 31 km dal termine, quando viene riassorbito dal gruppo. Sul Polytechnique Dan Martin e Jack Haig (Mitchelton-Scott) propiziano di nuovo una frattura, ma non c’è collaborazione tra i 15 atleti che tagliano il traguardo a 2 giri dalla fine. Si sgancia da qui Nathan Earle (Israel Cycling Academy), anche ieri attivo nel finale, immolandosi come vittima sacrificale del bagnomaria del penultimo giro, nel quale l’unico sussulto, oltre ai velleitari tentativi di Jonas Gregaard (Astana) e Rubén Fernández (Movistar) di rientrare sull’australiano, è la foratura con conseguente rientro a tutta di Evenepoel, il tutto avvenuto nel giro di 4 km, che al di là dello spettacolo ha un po’ tarpato le ali del giovane belga oggi.

AG2R on fire: Peters lancia Cosnefroy
Ultimo giro. Con Earle che si svincola subito, non appena iniziata la salita, il gruppo si allunga ad alta velocità. A prendere in mano la corsa è la squadra che non ti aspetti, l’AG2R La Mondiale: tanti giovani ma senza timori reverenziali. Nans Peters attacca all’ultimo passaggio del Camillen-Houdé, producendo la reazione di Nibali (poi rimbalzato), Adam Yates (Mitchelton-Scott), Enric Mas (Deceuninck-Quick Step) e Michael Woods (EF Education First). Sono in particolare lo spagnolo e il padrone di casa, facendo il ritmo a fine salita, a produrre lo strappo decisivo, quello che porta via un gruppetto di 18 corridori tra i quali ci sono i 3 favoriti principali, Sagan, Alaphilippe e Van Avermaet, e soprattutto non c’è il cliente più scomodo, il vincitore uscente Matthews.

Ma gli AG2R non hanno finito le cartucce e ai -8 sparano la più letale: Cosnefroy attacca in discesa, prendendo quei 10” molto pericolosi in questa fase. Tim Wellens (Lotto Soudal) intuisce e prova a lanciarsi con Mas e un inatteso Kristian Sbaragli (Israel Cycling Academy), il quale avrà causato quantomeno un sobbalzo sulla sedia di Cassani, avendolo escluso dalla lista lunga per i mondiali. Ma non c’è accordo tra gli inseguitori, sul Polytechnique Cosnefroy non perde nulla.

Alaphilippe aiuta ma non basta, Van Avermaet brucia Ulissi
Come ieri, ai meno 3 arriva l’invenzione di Alaphilippe: il breve strappo di Mont-Royal è un sufficiente trampolino di lancio per far da ponte con Cosnefroy, col quale costruisce un tandem tutto francese per andare verso l’arrivo. In questa fase Sagan si disinteressa del successo e si sacrifica del tutto per andare a chiudere: non ce la fa ma riesce a recuperare molto terreno, il resto lo fa Jack Haig (Mitchelton-Scott) nella prima parte dell’ultimo chilometro. Così all’ultima svolta, sul terribile finale in salita, il vantaggio Cosnefroy-Alpahilippe è ormai risicato, ed il vincitore della Sanremo 2019 non dà più cambi. Il giovane ha un gesto di stizza, ma non è la pretattica del campione: Alaphilippe è davvero finito.

Parte da dietro l’inevitabile volata: è Diego Ulissi che si carica l’onere di partire lungo, matematico per Greg Van Avermaet incollarsi alla sua ruota e passarlo. Per Diego ottimi segnali in vista di Harrogate in questa due giorni, anche se su di lui pesano i fallimenti precedenti ai mondiali. Terzo gradino del podio per Iván García Cortina (Bahrain Merida): il 23enne continua a crescere e a proporsi come l’erede di Flecha nella tradizione spagnola.

Quarto posto per Wellens, quinto Michael Valgren (Dimension Data) in rimonta per i mondiali, e sesto posto per Sbaragli, che precede il campione del mondo di Firenze Rui Costa (UAE Team Emirates). Solo ottavo alla fine Woods, davanti al bravo Peters, a Bauke Mollema, Mathias Fränk (AG2R La Mondiale), Alaphilippe, Yates, Betancur e Mas. Cosnefroy chiude 17esimo, appena davanti Peter Sagan completamente disinteressatosi del finale. A Matthews non resta che vincere la volata per il 19esimo posto a 50”, guidando un gruppo di 40 unità comprendente tra gli altri Caruso, Bettiol e Nibali, Benedetti, Villella ed Evenepoel.
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