Professionisti

Termometro Tour

14.06.2022 15:27

Terminata una delle prove generali in vista del Tour, cioè il Critérium du Dauphiné, è tempo di una prima analisi. Come si sono mossi corridori e squadre a poco meno di un mese dalla Grande Boucle?


ZONA CALDA


Primoz Roglic 
Lo sloveno, pur non essendo (per sua stessa ammissione) ancora al top della forma, è tornato alla vittoria dopo oltre due mesi dall'ultima volta, un digiuno molto lungo per un ciclista come Roglic abituato a vincere e stupire. Risolti i problemi al ginocchio che lo avevano afflitto in primavera, la sua preparazione per il Tour è andata secondo i programmi e ora, nelle prossime due settimane che trascorrerà a Tignes con la squadra, rimane un altro piccolo passo da fare per presentarsi a Copenhagen con la gamba per battere Pogacar. Le prestazioni in salita, infatti, hanno convinto ma non del tutto, a tratti Primoz è sembrato soffrire il passo del compagno di squadra e anche a cronometro ha dato l'idea di non essere scorrevole come altre volte in passato, in parte a causa del piattone non congeniale ad un atleta con le sue caratteristiche.

Jonas Vingegaard
Per il danese la sfida principale era confermarsi sui livelli che nel 2021 gli avevano permesso di salire sul podio di Parigi dietro a Pogi ma davanti al futuro campione olimpico Carapaz. La settimana al Delfinato è stata in gran parte dedicata al gregariato in favore prima di Van Aert e poi di Roglic, ma nell'ultimo giorno ha avuto la possibilità di mettere sulla strada tutti i cavalli disponibili, gestendo l'andatura a proprio piacimento senza mai forzare eccessivamente. Solo nella frazione contro il tempo ha leggermente faticato rispetto alle aspettative, ma anche per lui adesso ci sono un paio di settimane in cui sistemare gli ultimi dettagli prima della Grande Boucle.

Ben O'Connor 
Il dubbio che il quarto posto agguantato dodici mesi fa grazie alla fuga di Tignes fosse un risultato difficilmente irripetibile serpeggiava nel plotone, ma l'australiano ci ha tenuto a smentirlo proprio alla vigilia del Tour. La parola d'ordine dell'alfiere dell'AG2R è stata costanza. Otto giorni senza un passo falso, sempre al meglio dei propri mezzi in ogni tappa, soprattutto nelle due finali in alta montagna, dove è stato l'unico a rimanere non troppo distante dalla coppia Jumbo. Difficile migliorarsi e salire sul podio, perché i due sloveni e Vingegaard sono di un altro livello, ma per un'altra top five va tenuto in seria considerazione.

Wout van Aert 
Le parole per definire questo fenomeno sono finite da un bel po' perché il campione belga ci ha abituato a continui risultati fuori dal normale e quando vediamo quel che ha combinato al Delfinato non ne rimaniamo nemmeno più sorpresi. Ricapitolando, Wout si è preso due tappe, in altre due ha mancato di un soffio il successo (l'esultanza mentre Gaudu lo sorpassa sulla linea d'arrivo rimarrà negli annali), in una ha vinto la volata del gruppo mentre arrivava la fuga, ha indossato per cinque giorni la maglia gialla e infine ha conquistato quella verde. Proprio la classifica a punti sarà il suo obiettivo primario alla Grande Boucle ed è probabile che chiuda la partita sin dalla prima settimana, dato che può essere vincente un po' ovunque. Da segnalare che, proprio per raggiungere questo traguardo, ha lavorato specificamente sugli sprint e si è leggermente ingrossato. In primavera il suo spunto non era sembrato quello dei giorni migliori, in questa settimana invece ha convinto decisamente di più, perdendo però qualcosina in termini di efficienza in salita. Tuttavia, è probabile che nell'ultima settimana, laddove possibile, dia una mano a Roglic e Vingegaard anche nelle tappe più ostiche.

Filippo Ganna 
Il focus per il verbanese è tutto sulla cronometro inaugurale di Copenhagen, la maglia gialla ha un'importanza troppo grande per potersi distrarre con altro. Il percorso di avvicinamento alla Grande Boucle è andato molto bene e, dopo essersi aggiudicato la prova contro il tempo nella quarta tappa, si è sacrificato per i compagni sia in salita che in pianura, dando alla Ineos tanti buoni motivi per confermare la propria convocazione al Tour. L'incognita sono i tanti rivali di alto livello che dovrà affrontare e soprattutto un profilo planimetrico pieno zeppo di curve che potrebbe sfavorirlo rispetto ai lunghi drittoni in cui è imbattibile.

Matteo Jorgenson 
Il giovane statunitense del team spagnolo ha dato prova di gran solidità e capacità di esprimersi al meglio su vari fronti, mantenendo anche un discreto piazzamento nella generale. Al Tour probabilmente lo attenderà un compito di gregariato ma potrà certamente andare alla caccia di qualche vittoria parziale infilandosi nelle fughe.

TotalEnergies 
Due successi con Vuillermoz e Ferron, molti piazzamenti con il ritrovato, almeno in minima parte, Boasson Hagen ed in generale una squadra che da inizio anno sta macinando ottimi risultati; ci sono tutti gli elementi per credere che anche in un contesto più competitivo come quello del Tour i francesi possano farsi valere e dar battaglia anche alla compagini più attrezzate. Unica incognita Sagan, il quale al momento non sembra meritare in alcun modo la chiamata da parte della Total (al Giro di Svizzera attualmente in corso è necessario qualche buon numero da parte dello slovacco per conquistarsi il grande giro in terra transalpina).

ZONA TEMPERATA


Damiano Caruso
Ormai l'uomo da grandi giri a cui l'Italia deve affidarsi per non scomparire completamente dalla scena mondiale. Ad una cronometro davvero ottima han fatto seguito due non convincentissimi prove nelle tappe di salita, concluse rispettivamente all'undicesimo e sesto posto. C'è da dire però che anche al ragusano mancano le ultime aggiustatine prima di esser pronto alla centrifuga francese e il suo punto forte rimane sicuramente la resistenza, che non si può certo esprimere ai massimi livelli in una corsa di otto giorni. Non a caso Damiano ha sofferto i cambi di ritmo e le salite brevi, ma quando è stato chiamato ad uno sforzo prolungato si è espresso meglio di molti corridori che lo avevano staccato in precedenza.

Mattia Cattaneo 
Difficile se non impossibile far classifica al Tour, ma per aiutare i compagni su qualsiasi terreno e andare a caccia di successi parziali il lombardo risponde presente. Dopo la cronometro aveva fatto sognare di potersi giocare il podio del Delfinato, ma le mitiche montagne alpine lo hanno respinto senza appello. Rimane comunque quel che di buono ha combinato nei giorni precedenti.

Jack Haig 
Il podio alla Vuelta e le ottime tappe al Tour 2021 disputate prima del ritiro lo avevano proiettato in una nuova dimensione e facevano pensare che potesse essere lui il vero outsider della prossima Grande Boucle. Finora invece in questa stagione in molteplici occasioni è rimasto a galla senza lampi di classe e non è sembrato ritrovare quel colpo di pedale espresso sul finire dell'anno passato. Proprio al Delfinato c'è stata una minima inversione di tendenza che fa ben sperare la Bahrain in vista dell'appuntamento più importante.

Brandon McNulty 
Tra il disastroso cambio bici nella cronometro e le sfortune della penultima frazione, l'undicesimo posto cavato fuori dall'americano può esser soddisfacente, soprattutto se si pensa che tra tre settimane il suo unico compito sarà assistere Tadej e potrà quindi permettersi qualche passo falso per poi dare tutto in altre occasioni. In ottica personale futura, invece, dopo l'eccellente inizio di stagione nel quale sembrava esser maturato su più aspetti ha fatto seguito un periodo di mancate conferme.

Esteban Chaves & Ruben Guerreiro 
Entrambi stanno disputando un secondo segmento di stagione sopra le aspettative (il portoghese si sta ben comportando da febbraio) e sono riusciti a rimanere nelle posizioni di vertice fino alla fine. Guerreiro è corridore buono per tutte le occasioni in cui ci sia un pizzico di salita e sicuramente in Francia troverà pane per i suoi denti, mentre Chaves, nuovamente su buoni livelli in salita dopo uno dei tanti periodi bui che ha vissuto nella propria carriera, potrebbe cercare un posto nella top ten che gli ridia fiducia e sia al contempo soddisfacente per la lotta salvezza della propria squadra.

Louis Meintjes 
Tra la vittoria all'Appennino e questo buon Delfinato il sudafricano si può ritenere soddisfatto del proprio avvicinamento alla Grande Boucle. Ha ritrovato buone gambe in salita e soprattutto un briciolo di coraggio per anticipare le mosse di quel drappello di big che tende sempre a seguire dall'ultima posizione. Nelle condizioni giuste e confermando un po' di propositività potrebbe anche togliersi una grossa soddisfazione.

Jasper Stuyven 
Ha fatto lavorare la squadra anche quando avrebbe fatto meglio a rimanere sulle ruote, ma gli va dato atto di non essersi tirato indietro. Complessivamente ha racimolato buoni risultati, ma contro Van Aert ed Hayter non c'è stato verso di imporsi ed è difficile immaginare uno scenario in cui riuscirà a battere il belga o altri grandi nomi al Tour senza entrare in fuga di comprimari o comunque senza campioni affermati. Insieme a Pedersen forma in ogni caso una coppia molto pericolosa per gli arrivi piatti, mossi e per il pavé.

Warren Barguil 
Una buona fuga e un discreto piazzamento. Per una vittoria di tappa al Tour c'è anche lui, la gamba non sembra quella stellare di quel fantastico 2017, ma nemmeno così male. Prima di andare a Copenhagen c'è anche un titolo francese da riconquistare.

ZONA FREDDA


Tao Geoghegan Hart 
Non si vede la luce in fondo al tunnel in cui è entrato dopo la vittoria del Giro 2020, però un po' di costanza forse l'ha ritrovata. Mentre Hindley vinceva il Giro e Kelderman trovava spazio tra i primi cinque del Tour, l'inglese rincorreva la condizione senza mai trovarla, affondando varie volte. Il Giro di Norvegia, concluso al quinto posto ma dopo aver sofferto molto nella tappa regina, anticipava il Delfinato nella preparazione del prossimo Tour. L'ottima cronometro faceva presagire buone cose, ma alla prova dei fatti Tao si è sciolto come neve al solo, limitando tuttavia i danni e rimanendo nella top 10 finale. Così però non andrà lontano su una corsa di tre settimane, ulteriori miglioramenti sono imperativi, soprattutto sul suo terreno d'elezione, la salita.

Enric Mas
La caduta nella quinta tappa ha amputato la corsa dello spagnolo ed è impossibile capire a che livello fosse prima di finire a terra, facendosi male. Un unico indizio ce lo dà la cronometro del mercoledì, buona per uno scalatore con le sue doti. Ora però, in vista del Tour, rimangono solo due certezze: Mas cade tanto, troppo spesso e questo è un grosso limite per chi vuole dedicarsi alle corse a tappe; il suo recupero dovrà esser rapido e non lasciare scorie per permettergli di arrivare competitivo alla partenza di Copenhagen.

David Gaudu 
Il francese ha un talento innegabile ma troppo spesso da quando è professionista per un motivo o per l'altro non è riuscito a esprimersi ai massimi livelli. La vittoria al fotofinish nella terza tappa sembrava proiettarlo verso un ottimo piazzamento finale ma, dopo aver già tremato nella settima, nell'ottava frazione si è arreso, cedendo più di sette minuti. Difficile credere che in ventuno giorni non ne troverà nemmeno uno storto, ma è giusto provarci e capire fino in fondo i propri limiti, nel caso ci sarà tempo per virare sulle tappe, almeno quelle pirenaiche della terza settimana.

Chris Froome 
Tra Romandia e Mercan Tour qualche miglioramento si era visto e lo stesso Chris si diceva positivo a proposito del suo recupero. Purtroppo però la malattia degli ultimi giorni gli ha impedito di correre un Delfinato come avrebbe voluto e di guadagnarsi la convocazione per il Tour. Difficile ora, soprattutto in un momento delicato come quello che sta attraversando la Israel, che Froome trovi spazio nel roster che la squadra di Adams invierà in Danimarca.

Dylan Teuns
Forse la gran primavera del belga lo ha privato delle energie per eccellere anche d'estate e ora sta boccheggiando. Fatto sta che Teuns si è messo in luce solamente nella tappa disegnata per lui, la terza, conclusa con un modesto ottavo posto e nelle altre si è ben presto staccato, finendo col ritirarsi l'ultimo giorno. L'augurio è che riesca a riprendersi per tempo e disputare un Tour ai livelli che gli competono.

Greg Van Avermaet 
Perché, correva? Sì, lui come Naesen, ma entrambi, fatta eccezione per l'Omloop het Nieuwsblad, in questo 2022 non si son mai visti o quasi e viene da chiedersi se non stiano trovando spazio e fiducia all'interno di una squadra competitiva come l'AG2R solo grazie al palmares. Difficile immaginarli in lotta per una tappa al Tour, nemmeno nella teoricamente amata frazione del pavé.

Dylan Groenewegen 
Cervellotica la scelta della BikeExchange, in lotta per non retrocedere, di mandarlo ad una corsa così tosta e con pochissime chance per i velocisti. Alla fine questo Delfinato è servito a mettere un bel po' di resistenza nelle gambe di Dylan e questa fatica gli tornerà utile durante le asfissianti settimane francesi. Gli avversari han fatto di tutto per escluderlo dagli sprint decisivi, riuscendoci quasi sempre. Tuttavia non devono ingannare le sue difficoltà sulle brevi salite, perché la forma dello sprinter neerlandese è buona, come dimostrato al Giro d'Ungheria dove nella quarta tappa ha sverniciato il miglior uomo-jet della stagione, Fabio Jakobsen. Ora Groenewegen andrà in Slovenia per mettersi nuovamente alla caccia di un successo, una spinta necessaria prima del Tour, e testare ancora la gamba.

Mark Padun 
Prima, da professionista, pochi acuti, poi due prestazioni stratosferiche in chiusura del Delfinato 2021, poi di nuovo nulla. Neanche il ritorno sulle "sue" strade è servito a rimettere l'ucraino sui binari che lui e il suo D.S. Vaughters avevano promesso d'inverno e in salita si è sempre spento prestissimo arrivando tra gli ultimi.

Notizia di esempio
Hayter, al Giro U23 un'impresa destinata a fare epoca!