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Pogacar sempre più saldo in plancia di comando

08.07.2022 21:03

Tour de France, seconda tappa consecutiva per Tadej, oggi a segno a La Planche des Belles Filles dopo un esaltante testa a testa con Jonas Vingegaard. Primoz Roglic terzo, Lennard Kämna ripreso a 80 metri dal traguardo


Allora, primo comandamento della giornata: basso profilo. Per quanto ricco, il vocabolario italiano resta comunque un insieme finito di parole, per cui iniziamo a tenere a freno le iperboli e a risparmiare sugli aggettivi, perché questo qui non ha nemmeno 24 anni, è all'inizio della carriera, e non possiamo terminare i termini prima dei termini previsti perché poi non sappiamo più che parole scrivere per descrivere la sua grandezza; se a spanne gli attribuiamo un'altra decina d'anni di gioie e trionfi capiamo la dimensione del problema linguistico. Per cui, stile asciutto modello DDR anni '70, limitiamoci alla notizia: Tadej Pogacar ha vinto a La Planche des Belles Filles la settima tappa del Tour de France 2022.

Quanto al modo in cui lo sloveno s'è imposto, nulla di particolare: una volata in salita con Jonas Vingegaard, decisa al fotofinish (essere superato a 10 metri dal traguardo su una rampa al 24% equivale a perdere uno sprint al fotofinish, è evidente), e con l'abbuono sommato ai pochi secondi di distacco distribuiti a tutti gli altri contendenti (escluso Vingegaard che ha fatto st) la possibilità di allungare in classifica. Una normale giornata da Pogacar, in pratica. Vince in maniera spettacolare in salita, rafforza la maglia gialla.

Il pupazzetto mannaro nato a Klanec il 21 settembre del 1998 fa sembrare semplice qualsiasi cosa. Attaccare sul pavé, 24 ore dopo vincere su una salitella contro gente nata sprinter, altre 24 ore dopo conquistare in maglia gialla un arrivo in salita durissimo dopo uno spettacolare testa a testa (anzi, denti a denti) con il primo dei rivali di classifica, peraltro ripetendosi proprio nel luogo in cui fece clamorosamente irruzione nell'albo d'oro, due anni fa... e chissà cos'altro, nel prosieguo di questo Tour che sin dal primo giorno vive nel suo nome, nel suo segno, sin dal terzo posto nella crono di Copenaghen, quando immediatamente tutti hanno capito (molti già lo sospettavano però) che in questa Grande Boucle 2022 avremmo certificato un altro step, un altro scalino all'insù del capitano UAE. Com'era peraltro naturale che fosse, a quasi 24 anni, appena alla quarta stagione da professionista, è ovvio migliorare anno per anno. È normale. Anzi no: è semplice.

Se Pogacar continua a fare sensazione, i suoi primi avversari son lì che provano a fare il possibile, ma va apprezzata la buona volontà in particolare della Jumbo-Visma, mentre la INEOS Grenadiers in questi giorni sta procedendo un po' a rimorchio. Certo si sa dall'inizio che si va a sbattere contro un muro, ma le distanze in classifica tra Pogacar e Vingegaard sono ancora ridotte e Jonas e i suoi continuano a dirsi che tutto può succedere in un grande giro, anche che l'invincibile possa avere una giornata storta. Insomma "noi ci siamo", e "aspettiamo le grandi montagne dove ci troviamo più a nostro agio", questi sono gli skill di Vingegaard che fanno le loro legittime rivendicazioni via radio a Tadej.

"Aspettiamo le grandi montagne dove ci troviamo più a nostro agio" potrebbe essere pure lo slogan di questa sera di Damiano Caruso, uomo di classifica dell'Italia (se si corresse per nazionali), non brillantissimo in questo suo avvio di Tour ma da oggi primo "azzurro" in classifica, benché lontanuccio dalle luminose vette. Col ritiro di Jack Haig il siciliano può avere la Bahrain-Victorious al proprio servizio, la speranza per lui è che salga di colpi già nei prossimi giorni, in fondo un'altra top ten dopo il decimo posto del 2020 non è un progetto irrealizzabile.

Veniamo alla cronaca. La settima tappa del Tour de France 2022 presentava il primo arrivo in salita della corsa: da Tomblaine a La Super Planche des Belles Filles 176.5 km con un paio di altri Gpm di 3a strada facendo e con l'ormai classica rampa a mettere tutti in fila (con l'aggiunta - già sperimentata nel 2019 - del chilometro di durissimo sterrato in cima a valere l'appellativo di "Super" alla scalata). Qualche problema meccanico per gli UAE Emirates tra tratto di trasferimento e primi chilometri (visita all'ammiraglia per Tadej Pogacar, George Bennett e Marc Soler), quindi il primo attacco della giornata è andato in scena dal km 5 al 10 ad opera di Mikkel Honoré (Quick-Step Alpha Vinyl). Velocità altissima (la prima ora sarebbe scivolata via a 51.6 di media), vari minitentativi tra cui quello di Nils Politt e Maximilian Schachmann (Bora-Hansgrohe), Peter Sagan e Pierre Latour (TotalEnergies) e Gorka Izagirre (Movistar) fra il km 30 e il 33, ma sostanzialmente gruppo compatto fino al km 40.

Qui è partito Simon Geschke (Cofidis), raggiunto subito da Filippo Ganna (INEOS Grenadiers) che però o non ha creduto nelle possibilità dell'azione, o è stato richiamato all'ordine dall'ammiraglia, fatto sta che si è rialzato poco dopo, quando l'attacco aveva 20" di margine. Al contrario, altri hanno dato credito al tedesco e gli si son portati addosso al km 51. Per la precisione 10 uomini: Vegard Stake Laengen (UAE), di nuovo Schachmann col compagno Lennard Kämna, Kasper Asgreen (Quick Step), Imanol Erviti (Movistar), Luke Durbridge (BikeExchange-Jayco), Giulio Ciccone e Mads Pedersen (Trek-Segafredo), Dylan Teuns (Bahrain-Victorious) e Cyril Barthe (B&B Hotels-KTM). Due corridori hanno invece mancato l'aggancio, Michael Woods (Israel-Premier Tech) e il solito Magnus Cort Nielsen (EF Education-EasyPost). Più avanti ci hanno provato pure Kobe Goossens (Intermarché-Wanty) e Mikaël Chérel (AG2R Citroën), senza esito.

Intanto il vantaggio dei battistrada è salito sopra i due minuti, la UAE tirava il gruppo e ha bloccato Stake Laengen, che si è rialzato dalla fuga: paura di Schachmann, non lontanissimo in classifica (23esimo a 2'07" da Pogacar)? O più semplicemente qualcuno in maglia gialla aveva l'idea di vincere pure oggi?

Pedersen ha conquistato il traguardo volante di Gérardmer ai -75, poi ha potuto serenamente mollare sul Col de Grosse Pierre; il problema è che pure il suo compagno Ciccone si è staccato dalla fuga nel momento in cui, ai -72, Kämna e Schachmann hanno allungato con Durbridge; Geschke e Teuns sono rientrati abbastanza presto mentre anche Asgreen si staccava; Erviti e Barthe sonon rimasti per diversi chilometri a metà strada e solo ai -49 sono riusciti a riportarsi sui cinque battistrada, che intanto avevano portato il vantaggio sul gruppo al suo massimo: 3'15" ai -50, giusto prima del Col de Croix, secondo Gpm di giornata.

La salitella è passata via senza sussulti, Geschke - che aveva già conquistato il precedente Gpm - ha scollinato per primo ai -40 e il gruppo è transitato a 2'40", distanza mantenuta poi per una quindicina di chilometri prima di un'accelerazione che ha permesso agli inseguitori di limare quasi un minuto in pochi chilometri. Ai -12 Erviti si è staccato in discesa, ai -11 la INEOS con Ganna ha preso con decisione la testa del plotone, ai -7.5 ancor prima che iniziasse la salita Schachmann si è arreso dopo aver tanto lavorato per Kämna e si è staccato con Barthe. Gli altri quattro (Lennard, Teuns, Durbridge e Geschke) hanno preso la rampa con 1'30" sul gruppo.

Il primo a scattare sulla salita è stato Geschke ai 6.7, e Durbridge è saltato; ai 5.8 Kämna ha staccato Teuns ed è piombato sul connazionale al comando, il gruppo era sempre tirato dagli UAE con Bennett ed era in avvicinamento. Ai -5 Kämna ha mollato Geschke e in gruppo è iniziata una sensibile selezione, nel giro di poco hanno perso contatto Ben O'Connor (AG2R), Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), Mattia Cattaneo (Quick-Step) e Jakob Fuglsang (Israel-Premier Tech).

Ai -4 un botto più forte, perché insieme a Warren Barguil (Arkéa Samsic) e Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan) si è staccato dal gruppo Aleksandr Vlasov (Bora), che teoricamente doveva essere un candidato per il podio finale. Ai -3, quando il gruppo maglia gialla ha ripreso Geschke, Kämna aveva ancora 45" da difendere; ai 2.5 Rafal Majka ha dato il cambio a Bennett nella dinamica del treno UAE e si è incaricato di dare l'ultima strappata prima dell'ormai certo affondo di Tadej Pogacar. Sulla trenata del polacco si sono staccati Damiano Caruso (Bahrain), Neilson Powless (EF), secondo della generale, e Aurélien Paret-Peintre (AG2R).

Tutti gli altri sono saltati quando agli 800 metri Tadej ha piazzato il primo scatto. Hanno reagito Jonas Vingegaard e Primoz Roglic (Jumbo-Visma), Geraint Thomas, Adam Yates e Daniel Martínez (INEOS), Romain Bardet (DSM), Enric Mas (Movistar) e David Gaudu (Groupama). Tutti gli altri hanno perso contatto.

Con Kämna che disperatamente cercava di difendere ancora 150 metri di vantaggio, quando lui era ai 350 i cacciatori erano ai 500 e qui Pogi ha dato un altro colpetto, di nuovo la coppia Jumbo ha risposto bene, e pure Thomas e Bardet. Ai 400 altra botta della maglia gialla, e Kämna ormai nel mirino, 100 metri più avanti. Pogacar ha proseguito nel suo sforzo di tirare il trenino, ma è stato Vingegaard a cambiare le carte in tavola, scattando tra i 200 e i 150 metri per quella che sarebbe stata un'infinita volata. Sull'ultima curva, agli 80 metri, il danese ha affiancato Kämna, il suo problema era che lo stava inseguendo Tadej. Vingegaard non ha mollato di un soldino, tanto che a un certo punto ha dato l'impressione di aver davvero staccato (di poco, ma staccato) lo sloveno invincibile.

Pareva avviato verso la vittoria, Jonas della Jumbo, ma doveva fare i conti con l'ultimo spirito da fuoriclasse che doveva balenare nelle gambe del suo avversario. Gli ultimi 50 metri di Tadej sono stati clamorosi, ha frullato l'impossibile per riprendere Vingegaard, affiancarlo, superarlo ad appena 10 metri dalla linea d'arrivo. Un'altra vittoria, un'altra emozione da urlo regalata ai suoi sempre più numerosi tifosi. Vingegaard, due centimetri dopo il traguardo, stava per stramazzare, distrutto. 12" dopo è arrivato il terzo della partita, Roglic; poi a 14" Kämna e Thomas, a 19" Gaudu, a 21" Mas e Bardet, a 29" Yates, a 41" Sepp Kuss (Jumbo), a 45" Martínez, Rigoberto Urán (EF), Guillaume Martin (Cofidis) e Thomas Pidcock (INEOS), a 51" Nairo Quintana (Arkéa) e Louis Meintjes (Intermarché). Ben 1'12" ha pagato Damiano Caruso (Bahrain), a 1'15" è arrivato Paret-Peintre e poi a 1'23" Powless, a 1'334" Lutsenko, a 1'39" Vlasov, a 2'05" Michael Woods (Israel), a 2'26" Pinot, a 2'36" Cattaneo, a 5'17" Fuglsang, a 6'45" O'Connor.

La classifica si allunga, Pogacar è in giallo con 35" su Vingegaard, 1'10" su Thomas, 1'18" su Yates, 1'31" su Gaudu, 1'32" su Bardet, 1'35" su Pidcock, 1'37" su Powless, 1'43" su Mas, 1'55" su Martínez, 2'06" su Quintana, 2'41" su Vlasov, 2'45" su Roglic, 2'46" su Paret-Peintre, 2'58" su Martin, 3'09" su Urán, 3'26" su Kämna, 3'33" su Caruso, 3'58" su Cattaneo e 4'10" su Luis León Sánchez (Bahrain) che chiude la top 20. Più lontani Lutsenko a 4'45", Meintjes a 6'05", Fuglsang a 6'43", Pinot a 7'47" e O'Connor a 13'57".

Domani si va in Svizzera, l'ottava tappa partirà da Dole e arriverà dopo 186.3 km (e uno sconfinamento) a Losanna. Percorso abbastanza frastagliato, arrivo su una côte, per quanto dolce; insomma, tappa tutta da decifrare, anche se l'idea più plausibile pare quella di una fuga da lontano. Ma pure ieri della Binche-Longwy alcuni lo dicevano...
Notizia di esempio
Losanna nell'alto dei cieli, è il tempo degli dei
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!