Professionisti

La battaglia dei Pirenei è appena all'inizio

19.07.2022 20:54

Tour de France, vittoria di Hugo Houle a Foix con dedica al fratello scomparso. Tadej Pogacar attacca, Jonas Vingegaard non si scompone: oggi hanno vinto le squadre ma domani e giovedì tutto resta aperto a qualsiasi esito


Sembrava il Tour, ma era una partita a scacchi. La prima frazione pirenaica ci ha regalato un intrigante gioco di specchi tra la tattica di Tadej Pogacar e quella di Jonas Vingegaard, o meglio delle rispettive squadre. La Jumbo-Visma della maglia gialla ha mandato in fuga Wout Van Aert e Nathan Van Hooydonck, la UAE Emirates dello sloveno ha risposto con Brandon McNulty: l'intento era far sì che un buon treno potesse essere trovato in cima al Mur de Péguère in caso di un eventuale attacco fruttuoso in salita, e siccome dalla vetta al traguardo c'erano 27 km, era una buona idea permettere al capitano di ritrovarsi un prezioso supporto per il finale.

Il punto è che Van Aert e McNulty hanno svolto pure una funzione di deterrente. Gli attacchi tanto attesi ci sono stati, da parte di Tadej, ma sul Port de Lers, a 50 km dalla conclusione, e sia in salita che in discesa. Vingegaard ha risposto presente, lo sfidante ha preso atto e poi sul ben più selettivo Mur de Péguère non si è più mosso; ma se è per questo non si è mosso manco Jonas. Due sono le cose: o sia l'uno che l'altro non avevano gambe eccezionali a quel punto, per cui no contest; oppure proprio la consapevolezza che l'avversario in caso di necessità si sarebbe giovato di un tale aiuto ha bagnato le polveri.

Entriamo nella testa dei due: "devo spendere tanto per provare a staccarlo, se ci riesco lui trova Van Aert/McNulty che lo aiuta a ricucire e quindi probabilmente l'attacco sfuma; se non ci riesco, può pure essere che mi parte in contropiede e in cima trova Van Aert/McNulty e il danno diventa grosso... meglio non rischiare". Fila, no? Che poi, in realtà una cosa non esclude l'altra, magari la ragione della stasi finale è un mix dei due fattori qui esposti: paura dei luogotenenti altrui e scarsità di brillantezza.

Naturalmente questo stato di cose si è manifestato in tal modo proprio per un percorso di tappa che lasciava spazio al recupero, ma intendiamoci, va anche bene così, non tutte le frazioni di montagna possono essere uguali, e in ogni caso lo spettacolo non è mancato neanche oggi, solo c'è stato quando Pogacar ha correttamente ritenuto potesse portare a risultati tangibili: avesse staccato il danese sul Port de Lers, trovando quindi una giornata no del leader della classifica, avrebbe poi magari avuto il modo di ampliare il margine sull'ultima salita, neutralizzando così il fattore Van Aert. Una volta sfumata questa ipotesi, remi in barca e aggiornamento a domani (perché la battaglia del secolo non è certo finita, questo è sicuro).

Che tra i primi due non sia cambiato quasi nulla (o meglio, qualcosa è cambiato: Pogacar ha perso un altro gregario, Marc Soler) non vuol dire che la classifica sia rimasta immutata: ci sono sempre delle posizioni di rincalzo in fase di assestamento, oggi per esempio l'ha passata malaccio Romain Bardet, che ha finito col perdere ben cinque posizioni in classifica (ed era quarto), mentre in buona risalita Nairo Quintana (+2 posizioni), David Gaudu (+3) e Aleksandr Vlasov, andato in fuga (+3).

La fuga che ha caratterizzato la giornata è andata all'arrivo - non con tutti i suoi componenti - e al suo interno c'era un Damiano Caruso alla ricerca di una timida ripresa, e soprattutto c'era colui che la tappa l'ha vinta: Hugo Houle. Canadese 31enne, da una vita gregario o al massimo fuggitivo, a parte un paio di titoli nazionali a cronometro non aveva mai ottenuto vittorie ufficiali (di fatto, mai vittorie internazionali). Ha aspettato una tappa pirenaica del Tour de France, a 10 anni dalla morte del fratello Pierrick (con cui condivideva la passione per il ciclismo), falciato da un pirata della strada mentre era in bici, oggi destinatario della dedica più attesa, voluta, sospirata. Domani Houle tornerà a fare il gregario come sempre (in fondo c'è da supportare un Chris Froome in crescita!), ma oggi è stato lui, per un giorno, il re del mondo, e la corona l'ha usata come meglio non avrebbe potuto.

Veniamo alla cronaca. Il Tour de France 2022 è ripartito oggi dai Pirenei con la 16esima tappa, la Carcassonne-Foix di 178.5 km, e senza cinque partecipanti rimasti ai box: Jakob Fuglsang (Israel-Premier Tech) che si è rotto una costola cadendo domenica, Lennard Kämna (Bora-Hansgrohe) alle prese da giorni con problemi di bronchi, Aurélien Paret-Peintre e Mikaël Chérel (AG2R Citroën) e Max Walscheid (Cofidis), tutti e tre positivi al covid. Il primo attacco della giornata è stato già buono: Neilson Powless (EF Education-EasyPost) ha allungato al km 3 e già un chilometro dopo aveva intorno 28 altri corridori pronti a prendere il largo: Brandon McNulty (UAE Emirates), Wout Van Aert e Nathan Van Hooydonck (Jumbo-Visma), Daniel Martínez (INEOS Grenadiers), Alexander Vlasov e Felix Grossschartner (Bora), Mikkel Honoré (Quick-Step Alpha Vinyl), Gorka Izagirre e Matteo Jorgenson (Movistar), Simon Geschke (Cofidis), Damiano Caruso e Dylan Teuns (Bahrain Victorious), Olivier Le Gac, Valentin Madouas e Michael Storer (Groupama-FDJ), Nils Eekhoff (DSM), Simone Velasco (Astana Qazaqstan), Stefan Bissegger (EF), Maxime Bouet e Lukasz Owsian (Arkéa Samsic), Philippe Gilbert e Tim Wellens (Lotto-Soudal), Tony Gallopin (Trek-Segafredo), Mathieu Burgaudeau (TotalEnergies), Hugo Houle e Michael Woods (Israel-Premier Tech), Cyril Barthe e Alexis Gougeard (B&B Hotels-KTM).

In mezzo son rimasti per un po' Michael Matthews (BikeExchange-Jayco) e Quinn Simmons (Trek), inutilmente, Bissegger ha preso il punto Gpm sulla Côte de Saint-Hilaire (km 13.7) e subito dopo Burgaudeau ha allungato da solo; tutti si accorsero con uno sguardo che non si trattava di un missionario, per cui Gougeard e poi Jorgenson si son riportati su di lui, quest'ultimo senza collaborare e anzi direttamente rialzandosi poco dopo; il vantaggio dei contrattaccanti ha toccato pure il minuto, ma chiaramente l'azione non aveva senso né prospettiva, e infatti al km 30 pure Burgaudeau si è rialzato, mentre Gougeard è andato a vincere il Gpm del Col de l'Espinas al km 36.6, dopodiché al km 51 (127 dal traguardo) il francese è stato ripreso; sulla discesa dell'Espinas una caduta di Grossschartner non ha lasciato conseguenze.

Ai -111 risvolto clamoroso, Van Aert non ha vinto il traguardo volante di Lavelanet, preceduto da Eekhoff; intanto il margine dei fuggitivi aumentava e aumentava, anche oltre gli 8': manna per Vlasov, 11esimo della generale a 10'32" stamattina e proiettato a un bel balzo in classifica. Giornata nera invece per Marc Soler (UAE), in difficoltà a causa di problemi di stomaco, ritrovatosi a un certo punto solo e staccatissimo dal gruppo maglia gialla, con l'orizzonte del fuori tempo massimo davanti a sé: destino puntualmente - purtroppo per lui - avveratosi, 57'06" il ritardo che avrebbe pagato al traguardo e che l'avrebbe rispedito direttamente a casa.

Il gruppo di testa si è sfaldato appena imboccato il Port de Lers ai -65: subito hanno allungato Le Gac e Caruso, poi ai -63.5 Damiano se n'è andato da solo e sulle sue piste si sono messi Woods e Storer, che l'hanno raggiunto ai -59; del resto dei fuggitivi, è rimasto in seconda battuta un drappello coi soli Geschke, Jorgenson, Van Aert, McNulty e Vlasov, che hanno avuto anche un minuto di ritardo dai primi, ma che nella seconda parte della salita hanno recuperato molto terreno, fino a raggiungere il terzetto di testa a poco più di un chilometri dalla vetta (e 55 dalla fine); in realtà tra i sopraggiunti non c'era più Vlasov che si era staccato a 2.5 dal Gpm (a proposito: vinto da Geschke, ovviamente) e che è scollinato poi con Izagirre e Gallopin a 25" dai primi.

Ma le cose memorabili accadevano dietro, nel gruppo maglia gialla. Intanto degno di nota un attacco di Enric Mas (Movistar) scortato dai compagni Carlos Verona e Gregor Mühlberger, poi staccati lungo la salita, al termine della quale lo spagnolo avrebbe avuto 7'15" di ritardo dai primi e 25" sul gruppo, o su quel che ne restava: infatti a 2 km dalla vetta Tadej Pogacar (UAE) è partito fortissimo, chiamando la reazione di Jonas Vingegaard (Jumbo) e procurando una discreta selezione. Il primo assalto è andato a vuoto, allora lo sloveno ci ha riprovato in vista dell'ultimo chilometro, ma pure stavolta la maglia gialla ha risposto a tono.

Allora Tadej s'è rilassato per qualche istante, e poi è partito in discesa. Ma proprio al primo metro della discesa! Vingegaard, chiamato agli straordinari, è stato ancora bravo a non concedere il minimo spazio all'avversario; a un certo punto Pogacar ha rallentato e allora sono rientrati gli altri uomini di classifica, in totale erano in 14; non c'erano Romain Bardet (DSM) e Thomas Pidcock (INEOS), che nel finale di Port de Lers erano andati in apnea e pagavano una quarantina di secondi.

Ricongiungimenti davanti: sulla discesa del Port de Lers i prim a rientrare sui primi (ricapitoliamoli: Caruso, Woods, Storer, Geschke, Jorgenson, Van Aert, McNulty) sono stati Teuns e Houle, poi ai -40 si è riagganciato pure Vlasov, ai -38 Gallopin e Izagirre, ai -37.5 Madouas e Burgaudeau. Ricongiungimenti dietro: Mas è stato ripreso dal gruppo maglia gialla, e il drappello Bardet-Pidcock è riuscito a propria volta a prendere la scia dei migliori.

A 39.5 dal traguardo (e 3 dall'imbocco del Mur de Péguère), Houle è partito al contrattacco, quasi sottovalutato; poco dopo Gallopin si è messo sulle sue tracce, e ancora ai -37 l'hanno fatto Caruso e Madouas, mentre Jorgenson per muoversi ha atteso la salita (presa da Houle con mezzo minuto sul gruppetto Van Aert e 7'30" su quello della maglia gialla); lo statunitense della Movistar ha raggiunto la coppia Damiano-Valentin a 35.5 dalla vetta, poi sono arrivati pure Storer e Woods e tutti quanti di lì a poco si sarebbero portati su Gallopin.

Il secondo gruppetto (Van Aert, Vlasov, Geschke, McNulty, Teuns e Burgaudeau) non avrebbe più svolto alcuna funzione ai fini del successo di tappa: qualcuno si sarebbe prima o poi rialzato, Geschke avrebbe stretto i denti per prendersi il quinto posto al Gpm e rafforzare così una sempre più meritata maglia a pois, Vlasov avrebbe tenuto duro per risalire la classifica; ma i giochi si facevano davanti.

Sulle rampe più aspre del Mur de Péguère (gli ultimi 3.5 km di scalata) il gruppetto inseguitore ha perso prima Gallopin, poi Caruso, poi Madouas, infine Storer: in vetta c'erano solo Woods e Jorgenson alle spalle di Houle, con 25" di gap (in precedenza Hugo ne aveva avuti anche 50 di vantaggio). Al Gpm, com'era facilmente prevedibile, McNulty e Van Aert si sono fermati per aspettare i capitani del gruppo maglia gialla.

Ecco: ma cosa era successo in tale drappello lungo la salita? All'inizio del Mur per un attimo Louis Meintjes (Intermarché-Wanty) aveva allungato, contenuto dalla Movistar che in quel momento tirava; appena il gruppetto è arrivato alla svolta per il tratto più duro, Rafal Majka (UAE) è andato in testa e la sua prima strappata ha di nuovo fatto selezione facendo fuori chiunque tranne la doppia coppia (Rafal con Tadej da una parte, Jonas con Sepp Kuss dall'altra) più l'infiltrato di lusso Nairo Quintana (Arkéa).

La durezza del Mur de Péguère ha fatto il resto, mandando a boccheggiare più d'uno (Bardet, Mas...) e facendo ragionare bene i presenti sull'idea di attaccare a quel punto. La coppia INEOS formata da Geraint Thomas e Adam Yates era poco dietro il quintetto, poi un buco e trovavamo David Gaudu (Groupama), più indietro tutti gli altri. I tre inseguitori che abbiamo testè citato si sono riuniti e a 2.2 dalla vetta (poco più di 29 dal traguardo) sono piombati sul gruppetto Vingegaard: evidentemente Majka non stava facendo questa grande andatura, ma nemmeno il tempo di riflettere su questa valutazione, che il polacco ha rotto la catena e ha dovuto lasciar solo Pogacar.

A quel punto è andato a tirare Kuss e ha imposto un cambio di ritmo pagato dai due INEOS e da Gaudu, che si sarebbero peraltro staccati a vicenda da lì al Gpm (con nocumento per Yates), ma nemmeno Vingegaard aveva le gambe per attaccar (o anche solo l'idea di farlo), per cui i due grandi rivali di questo memorabile Tour 2022 sono scollinati insieme, e con Kuss e Quintana, a 6' da Hugo Houle.

In discesa, tra Vingegaard e Kuss che trovano Van Aert, Pogacar che trova McNulty, Thomas che subito rientra e trova Martínez, c'è stato un riappallamento, sublimanto dal rientro pure di Gaudu, verso metà picchiata. Per il gruppetto dei big restava solo la pleonastica volatina per la 13esima posizione, puntualmente inscenata da Jonas e Tadej (ma vinta da Wout su Brandon), prima di rivolgere ogni pensiero agli altri Pirenei, quelli più sostanziosi diciamo, quelli di domani e dopodomani insomma.

Quanto ai primi di tappa, Houle ha gestito in maniera perfetta sia la discesa che il finale, favorito anche da un errore di Jorgenson (l'unico che avrebbe potuto causargli qualche fastidio), che ai -13.5 è scivolato su una curva a sinistra, lasciando per un po' Woods solo a (non) inseguire il compagno al comando. Ai -8 l'americano è poi tornato su Michael, ma ormai Houle era imprendibile e con gioia pari alla commozione si apprestava a festeggiare il momento indimenticabile della vittoria da dedicare al fratello Pierrick.

Nel finale pure Madouas e Storer sono rientrati su Woods e Jorgenson, e Valentin si è preso il secondo posto a 1'10" dal vincitore e davanti allo stesso Woods; Jorgenson ha chiuso quarto a 1'12", Storer (che aveva lavorato per Madouas) quinto a 1'25", poi a 1'40" hanno chiuso Vlasov e Teuns, a 2'11" Geschke, a 5'04" Burgaudeau e Caruso (decimo), a 5'45" Honoré e Powless, ultimi superstiti della fuga a precedere i big. I quali (big) sono arrivati a 5'54", nell'ordine al traguardo Van Aert-McNulty-Vingegaard-Pogacar, e poi col medesimo ritardo Thomas, Gaudu e Quintana. Martínez e Kuss hanno chiuso a 5'57"; Yates, Pidcock e Meintjes hanno pagato 7'16", Luis León Sánchez (Bahrain), Alexey Lutsenko (Astana), Bob Jungels (AG2R), Mas, Chris Froome (Israel), Thibaut Pinot (Groupama) e Patrick Konrad (Bora) 8'41"; Bardet addirittura 9'30".

E ora un'agile top27 di classifica generale: Vingegaard è primo e per ora inattaccabile, lo seguono Pogacar a 2'22", Thomas a 2'43", Quintana a 4'15", Gaudu a 4'24", Yates a 5'28", Meintjes a 5'46", Vlasov a 6'18", Bardet a 6'37", Pidcock (decimo) a 10'11", Mas a 12'45", Lutsenko a 14'10", Powless a 18'02", Madouas a 22'20", Jungels a 26'06", Sánchez a 30'31", Pinot a 30'35", Konrad a 34'03", Majka a 43'31", Caruso (20esimo) a 43'55", Kuss a 44'52", Teuns a 50'52", Jorgenson a 56'22", McNulty a 1h00'05", Froome a 1h08'21", Houle (+7 posizioni) a 1h09'21", Van Aert (è lui il 27esimo della lista) a 1h10'06".

Ora, domani sarà una giornata di lunghi coltelli perché, ad onta dei soli 129.7 km previsti, la 17esima tappa del Tour de France 2022 (partenza da Saint-Gaudens) presenta un menù carico di significati: Aspin, Hourquette d'Ancizan, Val Louron-Azet e la scalata finale verso Peyragudes, sede d'arrivo. Può succedere qualsiasi cosa, tanto abbiamo capito che questi son matti e a quel "qualsiasi cosa" sono pronti a dare sempre nuovi e più estesi significati: e noi a guardare, eccitati, entusiasti, esaltati, estasiati, emozionati. Eeeee!
Notizia di esempio
Pogacar, questa è proprio una vittoria di Pirro
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!