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Caro Moscon, è giusto che tu oggi ti senta uno sfigato

29.04.2017 15:49
Caro Gianni Moscon,

ieri al Giro di Romandia hai insultato un tuo collega e avversario, il francese Kévin Réza. Fin qui nulla da eccepire, non siamo ragazzini e sappiamo che le parolacce volano come niente, in gruppo. Non siamo moralisti.

Però - e qui l'affare si fa serio - l'hai insultato usando epiteti razzisti. Caro Gianni Moscon, lasciatelo dire: più sfigato  di così non avresti potuto essere.

Lo sappiamo che "la tensione della corsa, le fasi calde, lo dico ma non lo penso, sono modi di dire che non presuppongono un pensiero poi effettivamente razzista, ho tanti amici di colore, eccetera eccetera", va tutto bene. Però, caro Gianni Moscon, lasciatelo dire: più sfigato di così non avresti potuto essere.

E sappiamo pure che il 2017 non è il 1997, sappiamo che "le tensioni internazionali, sociali, la crisi economica, il lavoro che non si trova, la gente che non è felice e tende più facilmente a cercare e trovare capri espiatori, il malessere urbano diffuso nelle aree metropolitane, la guerra tra poveri, i meschini che politicamente aizzano le folle per mero tornaconto elettoralistico e così facendo degradano il livello di civismo e civiltà, la difficoltà di approfondire certe questioni, le cloache social che troppo spesso paiono legittimare certi pensieri orrendi", sappiamo tutto, conosciamo il contesto in cui ci si muove oggi come oggi, ed è chiaro che il tuo atto di ieri non è stato che una goccia nel mare, e peraltro non certo la più grave delle vicende di cui la cronaca ci rende edotti. Ma lo stesso, caro Gianni Moscon, lasciatelo dire: più sfigato di così non avresti potuto essere.

Pensiamo che, nonostante tutti i fattori negativi che agitano i nostri tempi, ugualmente nel 2017 si avrebbe l'obbligo di non ragionare come se si fosse nel 1817, perché il "negro" non è più un essere strano, a noi lontano, da noi percepito come una cosa diversa, un alieno, un animale, una bestia rara, un essere da segregare, o additare, o deridere, o umiliare. Siamo cittadini del mondo, internet ce lo porta più che mai in casa, o in tasca, e poi tu tra l'altro giri il pianeta per il tuo lavoro, e corri in una squadra internazionale, non sei un balengo che vive rintanato in una capanna divisa dal resto della terra e ha paura di tutto ciò che c'è all'esterno, e allora come ti può saltare in mente di uscirtene con una vaccata simile? Per questo, caro Gianni Moscon, lasciatelo dire: più sfigato di così non avresti potuto essere.

Dopodiché, la reazione suscitata dal tuo gesto è stata forte, la riprovazione ti è giunta ben distinta da più parti, e la squadra ha promesso che ti punirà (poi ci sarà da vedere come e quando), e tu che sei un ragazzo intelligente (nonostante ieri abbia fatto di tutto per dimostrare il contrario) hai capito di aver pestato una cacca grande, e oggi sei andato a scusarti con Réza, il quale ha accolto la tua contrizione e amici come prima, e noi speriamo che tu davvero abbia capito, nel tuo intimo, che tu davvero oggi abbia iniziato un percorso che ti porterà a non usare più certi termini neanche quando sei a casa tua, o fermo a un semaforo, o quando ti pare. Ci contiamo. Nell'attesa di verificarlo, caro Gianni Moscon, lasciatelo dire: più sfigato di così non avresti potuto essere. Ed è giusto che oggi - almeno ancora oggi - tu ti senta dire in faccia proprio ciò che sei stato, e che tu ti ci senta: uno sfigato.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!