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Splende il sole su Aru e sul ciclismo italiano

05.07.2017 17:15

Tour de France, memorabile vittoria di Aru a La Planche des Belles Filles: stacca tutti i più forti, sale al terzo posto in classifica, si veste di pois, in definitiva impressiona


Oggi è un bel giorno per il ciclismo italiano. Radioso, inondato dal sole che brillava sulla faccia sghemba di Fabio Aru, sul suo sorriso irrefrenabile, sulla Planche des Belles Filles e sul primo successo tricolore al Tour de France 2017. Tricolore in tutti i sensi, data la maglia indossata dal vincitore della quinta tappa della Grande Boucle.

Per il tripudio dei nazionalisti, e sì, la nostra gioia, che alle bandiere non ci badiamo più di tanto, ma a questo nostro movimento ci siamo affezionati, ci abbiamo vissuto da sempre e per una mera questione di senso della giustizia non ci andrebbe di vederlo deperire, sfiorire, marginalizzarsi sempre più. Ci serviva e ci serve eccome, un campione che continui sul solco tracciato mirabilmente da Vincenzo Nibali, non oggi - ché lo Squalo è ancora abilissimo e arruolato - ma domani, nell'attesa di un dopodomani di minor sofferenza (si spera) per l'Italia del ciclismo.

Epperò a La Planche des Belles Filles quel domani è diventato oggi, finalmente, perché la Vuelta vinta due anni fa era stato un antipasto, e le belle imprese del Giro d'Italia un contorno sontuoso ma non sufficiente; è oggi, sui Vosgi, che Fabio Aru è entrato nella maggiore età. Quella in cui il ragazzo venuto da Villacidro coglierà i suoi successi più importanti, per sé e per i tifosi e per il già citato movimento italiano. Che genesi abbiamo visto, oggi. Ce la ricorderemo a lungo.

Ci ricorderemo di questo predestinato, uscito da un periodo di lungo ingolfamento, dopo una stagione (il 2016) quasi da buttare, e dopo una primavera culminata con l'infortunio che l'ha tenuto lontano dal Giro, il suo primo obiettivo. Con fatica, con sacrifici, Aru ha riconvertito il suo 2017 in un progetto ancor più ambizioso di quello originario: andare al Tour de France per fare bene, per riuscire laddove non era riuscito l'anno scorso, per insidiare i mostri sacri della categoria.

Cinque giorni non sono ancora nulla, in un grande giro. Ma da questo pomeriggio in avanti quei mostri sacri lo guarderanno con maggiore attenzione, con più rispetto, con accresciuta curiosità. Il Tour ha trovato un nuovo favorito, la SuperSky ha trovato un nuovo nemico, e tanti appassionati hanno trovato un nuovo riferimento: in nemmeno due chilometri e mezzo di scalata Fabio Aru ha fatto tutto questo? Sì, non tanto per i due chilometri e mezzo, quanto per l'impeto con cui ha rotto il muro Sky, di forza, a testa alta andando incontro alle baionette britanniche. Solo che oggi sono state queste ultime a piegarsi, a fare cilecca, a risultare spuntate, mentre il sardo dell'Astana costruiva una vittoria che non serve solo a se stessa, ma che rappresenta un passaggio importante, rilevante, forse anche fondamentale per la classifica generale. Aru stasera è terzo, ma nella sua testa è già in maglia gialla, per la convinzione che gli deriva dall'aver staccato tutti oggi, per quanto lo lascerà galvanizzato tutto quello che è successo in questo memorabile 5 di luglio.

Potrà vincere il Tour, Fabio Aru? Difficile era e difficile resta. Ma oggi i suoi detrattori hanno molti dubbi in più. I suoi tifosi hanno invece visto aprirsi davanti ai propri occhi un mare di speranza. Navigarlo senza affondare, ad ampie bracciate come fatto oggi sulle impervie rampe di LPDBF, sarà il compito del sardo da qui in poi. Evitando avarie e abbordaggi, misurando bene le proprie risorse e non sbagliando la valutazione di quelle dei suoi avversari. Compito arduo, complicatissimo: ma da oggi sappiamo che non è un compito impossibile.

 

La fuga parte subito con diversi bei nomi
Col gruppo certo attraversato in tutta la sua trasversalità dal pensiero dell'espulsione di Peter Sagan, e l'attenzione del pubblico completamente assorbita dagli eventi di ieri, la quinta tappa del Tour de France 2017, la Vittel-La Planche des Belles Filles di 160 km, è partita con l'immediato start della fuga del giorno.

A premere l'interruttore dell'attacco da lontano è stato un esperto del settore, Thomas De Gendt (Lotto Soudal), già in avanscoperta ieri; al belga si sono subito accodati i connazionali Jan Bakelants (AG2R La Mondiale) e Philippe Gilbert (Quick-Step Floors), l'olandese Dylan Van Baarle (Cannondale-Drapac), i padroni di casa Mickaël Délage (FDJ), Pierre-Luc Périchon (Fortuneo-Oscaro, anche lui all'attacco ieri) e Thomas Voeckler (Direct Énergie; per T-Blanc all'ultimo Tour si è trattato invece della prima fuga); quindi, ottavo attaccante, anche il norvegese Edvald Boasson Hagen (Dimension Data), il più vicino alla maglia gialla, quarto in classifica a 16" da Geraint Thomas.

Gli otto uomini fuori hanno toccato presto il vantaggio massimo (3'40" al km 22), poi il gruppo ha iniziato a lavorare per mettere sotto controllo la fuga. E attenzione: non già la Sky di Thomas (e di Froome) ha tirato, come ci si sarebbe potuti aspettare; bensì la BMC di Richie Porte. Palese dichiarazione d'intenti se mai ce n'è stata una.

La tappa è scorsa via senza sussulti. Il traguardo volante di Faucogney (-58 all'arrivo) è stato vinto da EBH su De Gendt e Gilbert, poi sulla successiva Côte d'Esmoulières si sono staccati TDG e Délage, mentre Bakelants ha allungato sugli altri, scollinando da solo.

Ai -48 Jan è stato ripreso dai cinque fuggitivi superstiti, il gruppo era a 2'30" ma la BMC prometteva che non avrebbe lasciato spazio.

 

La BMC lavora tutto il giorno, poi ecco la Sky
Così è stato in effetti. I compagni di Porte hanno continuato a tirare ininterrottamente fino a 8 km dalla fine. Chi gliel'ha fatta fare?, ci saremmo chiesti 8 km più avanti. I fuggitivi si sono dati battaglia sulle rampette che precedevano la salita finale, ai -13 - dopo una precedente accelerazione di Périchon - Gilbert è scattato e gli è andato dietro Bakelants; i due hanno proseguito insieme, Périchon, Voeckler e Boasson Hagen si sono coalizzati alle loro spalle ma senza più cavare un ragno dal buco.

Comunque per gli uni e per gli altri c'era ormai poco da attendere gli sviluppi: erano tutti nel mirino del plotone, che ai -8 ha visto gli Orica-Scott prendere le redini della corsa, e ai -7 gli attesissimi mammasantissima di bianco fasciati, sì, insomma, loro: gli Sky.

I compagni di Froome, a parte una breve trenata di Zdenek Stybar a beneficio di Dan Martin (benché il loro compagno Gilbert fosse ancora in avanscoperta), hanno continuato a tirare senza più pause. Prima Vasil Kiryienka, poi dai -5 Michal Kwiatkowski. Col polacco a guidare il plotone, sono stati ripresi prima i tre intercalati, poi ai -4 anche Gilbert e Bakelants.

A quel punto la salita vera e propria era iniziata da un chilometro e mezzo, e qualcosa era già successo: qualcuno si era staccato (su tutti, Thibaut Pinot, con un'orrenda extension-coda di cavallo, brrr), qualcuno aveva tentato una velleitaria evasione (Lilian Calméjane della Direct Énergie), qualcuno stava invece vedendo scemare in maniera preoccupante la barra dell'energia, nella parte alta del proprio monitor mentale.

 

Aru, una stoccata mozzafiato
Il gruppo ridotto a una ventina di unità, Kwiatkowski ha accelerato un attimo (ai 3.7 km) prima di lasciare a tirare il compagno Mikel Nieve, passato ai 3.3. Con lo spagnolo al comando, abbiamo visto Fabio Aru prima risalire posizioni, poi spostarsi sul lato destro del gruppo. Intanto altri si staccavano (Alexis Vuillermoz, Bauke Mollema, Roger Latour), ma non era nulla in confronto alla deflagrazione che ai 2400 metri avrebbe frantumato quello che restava del plotone.

Lì, a 2.4 km dalla vetta, è partito Aru, in maniera talmente secca da riempire tutti gli schermi del mondo sintonizzati col Tour. La botta di Fabio è stata fantastica, gli ha permesso di fare subito il vuoto, di guadagnare non "pochi metri", ma "molti secondi", un affondo sensazionale e preciso e commisurato alla salita che è La Planche des Belles Filles. Una rasoiata che ha proiettato il capitano Astana in avanti, come scagliato da una fionda, e che ha lasciato gli Sky a dubitare sul da farsi: lo andiamo a prendere? Sì, ma chi ci prova? Chi ce la fa? Froome avrebbe poi dichiarato di aver sbagliato a sottovalutare l'azione dell'italiano. Bravo merlo.

A sacrificarsi è stato allora Geraint Thomas, la maglia gialla in persona. Non in prima battuta, però: il gallese ha aspettato che si muovesse - ai -2 - Simon Yates (Orica), per andare a prendergli la ruota, ponendosi così al servizio di Chris. Gli altri Sky (Landa? Henao?) marcavano visita.

Visto che il vantaggio di Aru viaggiava ormai sui venti secondi e al traguardo non mancava poi tanto, Froome ha deciso che era ora di muoversi in prima persona, e ai 1800 metri ha offerto agli astanti un frullatino dei suoi.

 

La risposta di Froome? Convince e non convince
A differenza di altre occasioni, il britannico non ha fatto il vuoto con il suo attacco (occhio, ricordiamocene per quando sarà!). Sulle prime gli sono rimasti agganciati più o meno tutti i big. Non Jakob Fuglsang, staccato (ciao co-capitano Astana); sulle seconde, ovvero sulla frullata/seconda parte, la sua azione più violenta della giornata gli ha permesso di staccarne molti, ma non tutti, e questo qualcosa significherà. Richie Porte, Daniel Martin e un bel Romain Bardet son rimasti agganciati a Froomy. Nairo è andato in apnea, staccandosi con Yates ai 1500 metri; poco prima aveva mollato il colpo Thomas; poco dopo si è staccato pure Alberto Contador.

Porte, che della giornata era il primo favorito (anche più di Froome), si è a questo punto messo a tirare, ma poi è prevalso un momento di incertezza (vai tu? vado io?) e quelli dietro si sono riavvicinati, e poi sono proprio rientrati. Aru, nel frattempo, era là davanti che continuava a svolazzare senza curarsi degli affanni dei suoi avversari. Ogni tanto si voltava, ma continuava a non vederli vicini, o meglio: lontani non erano, ma sulle durissime rampe di La Planche le distanze sono un inno alla relatività, è come quando la luna è grande in cielo e pensi di poterla toccare con le mani, e invece lei è sempre migliaia di migliaia di miglia distante...

Ai 500 metri Porte ha tentato il tutto per tutto con una sparata che però non gli ha permesso né di riavvicinare Aru, né tantomeno di sorprendere quelli che gli erano intorno: chiaramente qualcuno ha pagato il nuovo cambio di ritmo, invece Dan Martin non si è fatto fregare, e anzi in contropiede ha superato il tasmaniano ed è andato a conquistare un buon secondo posto; Froome è rimasto con l'antico compagno (e forse non più amico, dopo i fatti del Delfinato), per poi superarlo in dirittura d'arrivo per il terzo posto. Ma a quel punto la giornata aveva già un trionfatore, chiaro, indiscusso, intoccabile: tutto il resto, dettagli.

 

Classifiche completamente riscritte a La Planche des Belles Filles
Vediamo allora i risultati della giornata, che ci piacciono proprio parecchio. Fabio Aru ha vinto la tappa con 16" su Martin e 20" sulla coppia Froome-Porte. Al quinto posto ha chiuso Bardet a 24", Yates, Urán e Contador sono transitati nell'ordine a 26". Più indietro Quintana, nono a 34", quindi il trenino Thomas-Meintjes-Majka a 40". Landa (che evidentemente non è che proprio non ne avesse) ha chiuso 15esimo a 1'07"; nei 20 (proprio ventesimo) anche Damiano Caruso a 1'13" (fossimo in lui un po' di gamba la salveremmo, hai visto mai che Porte abbia la miccia corta...).

La generale cambia totalmente, fuori tutti i corridori non di classifica, restano dentro quelli che continueranno a battagliare per la gialla. Simbolo che ora torna ad appartenere al solito Chris Froome, che balza al comando con 12" su Thomas (il quale ha sicuramente pagato il fatto di aver dovuto fare da gregario, anche se per poco); al terzo posto irrompe Fabio Aru ad appena 14" dal primo; Martin è quarto a 25", Porte quinto a 39"; poi ecco Yates a 43", Bardet a 47", Contador a 52", Quintana a 54", Majka e Urán a 1'01"; e poi ancora Latour 12esimo a 1'07", Meintjes 13esimo a 1'24", Buchmann 14esimo a 1'29" (questi tre son tutti implicati nella lotta per la maglia bianca, che per ora è detenuta da Yates); Fuglsang è 15esimo a 1'33", e da qui in avanti si accontenterà di fungere da ultimo uomo di Aru. Caruso è 26esimo a 2'35".

Aru, tra le altre cose, tra le altre gioie, conquista anche la testa della classifica Gpm (quello dell'arrivo era il primo traguardo di 1a categoria, tra i Gran Premi della Montagna), quindi da domani lascerà il tricolore per vestire i pois della relativa classifica. Per quanti giorni? Lo scopriremo presto...

Domani, ad ogni buon conto, non dovrebbe cambiare granché, visto che la sesta tappa, da Vesoul a Troyes (216 km, uff) sarà un altro piatto per velocisti; e dopodomani la settima frazione, da Troyes a Nuits-Saint-Georges (213.5 km, ri-uff) sarà... un altro piatto per velocisti (viva la fantasia!). Bisognerà badare a tenersi fuori dai guai. Il week-end, poi, sarà un'altra storia: non vediamo l'ora di raccontarla.
Notizia di esempio
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!