Professionisti

Moser: «Un passo indietro per prendere la rincorsa»

22.11.2018 16:51

Intervista al trentino, nuovo acquisto della Nippo-Vini Fantini-Faizanè. Tra passato e futuro, Moreno racconta le speranze per tornare ad alto livello


Dal nostro inviato


Ad Asiago fa freddo, il termometro oscilla pericolosamente vicino allo zero. La neve caduta nel finesettimana si è già sciolta, prodromo di una stagione invernale che ancora deve cominciare. È iniziata, invece, da poche ore la nuova carriera di Moreno Moser: dopo Liquigas, Cannondale e Astana il ventottenne è pronto a ripartire con addosso la maglia della Nippo-Vini Fantini-Faizanè. Nel primo ritiro della formazione italo-nipponica i corridori si ritrovano e si conoscono, gli allenamenti veri e propri sono ancora da disputare; è il tempo dei pensieri e delle parole, quindi, come quelle che il trentino ci rilascia prima di andare a cena.

11 febbraio 2018, Trofeo Laigueglia. Ti muovi nell'ultimo giro e stacchi tutti, vincendo in maglia azzurra. Dopo cosa è successo?
«Mi sono un po' perso e il fisico mi ha abbandonato. Dopo la gara sono subito andato in Spagna per la Vuelta a Andalucía e l'ho terminata veramente stanco. Poi è stata veramente tutta una stagione a rincorrere, ad inseguire, senza mai trovare un nuovo picco di forma»

Gli appassionati si domandano cosa ti manchi per tornare ai livelli del 2012
«Non lo so. Se lo sapessi avrei già risolto i problemi e purtroppo non ho la bacchetta magica. Non c'è un motivo per cui posso dire "cazzo, trovo quel motivo e sistemo tutto". Sicuramente ho accumulato negli anni un sacco di errori e ogni volta cerco di raddrizzare il tiro. E chiaramente in un'intervista non posso spiegare tutto quello che voglio cambiare nella preparazione e nell'approccio»

L'annata 2016 ti ha visto brillare a cronometro, con tanto di medaglia di bronzo europea. Come mai non hai più ripetuto quelle prestazioni nella specialità?
«La realtà è che non ho mai preparato una crono. Sono sempre andato forte nella specialità quando andavo forte nelle gare in linea. Io sulla bici da crono sto bene, per cui faccio lo stesso numero di watt sulla bici da strada che con quella da crono. Tanti corridori hanno il problema di ripetere le stesse performance, però io non ho questo problema, sono abbastanza aerodinamico e performante da questo punto di vista. Quando ho fatto terzo all'Europeo è perché semplicemente stavo bene, come si è visto nella prova in linea. Anche al Giro 2016 avevo iniziato bene (sesto ad Apeldoorn, ndr) e poi sono andato forte per le tre settimane. Quest'anno non sono andato bene in generale»

Dopo sette stagioni nel World Tour militerai per la prima volta in una Professional: cosa ti aspetti da questa avventura, dove affronterai un calendario per certi versi nuovo e avrai un ruolo diverso?
«Ti dico la verità, mi stimola parecchio questa nuova sfida. Il calendario sarà forse un po' più facile senza togliere niente a nessuno e, di base, mi dà la consapevolezza di cambiare qualcosa. Alla fine ho grossomodo sempre fatto le stesse corse, andando a sbattere la testa contro lo stesso muro. Cambiare ambiente, trovare una realtà italiana e più familiare, avere un ruolo diverso e maggiori occasioni di correre come voglio, sono tutti aspetti che mi stimolano. Non ci sono però meno aspettative, perché io forse pago più le mie attese che quelle delle squadre. Correre per una Professional non mi toglie determinazione e cattiveria. Anzi»

Come mai la scelta della Nippo per il rilancio?
«Quando ho incontrato Francesco Pelosi ho subito trovato un manager diverso da tutti gli altri. Ne ho parlato con Alan Marangoni che è un caro amico e mi ha assicurato che mi sarei trovato bene. L'offerta economica è buona e quindi sono qui; sinceramente, la realtà che ho trovato è molto sopra alle aspettative che avevo»

Hai già qualche corsa che hai puntato?
«Il calendario non sarà così tanto diverso dal solito dato che, potenzialmente, fino all'eventuale partecipazione al Giro d'Italia potrei disputare quasi per intero il solito avvicinamento. Valenciana, Laigueglia, Strade Bianche e Larciano è praticamente il calendario che ho sempre fatto. Probabilmente, però, non disputerò la Tirreno e andrò al Tour de Taiwan, anche per la questione di provare a cambiare qualcosa. La Strade Bianche sicuramente è una corsa che mi piace ed è una delle gare a cui ambisco»

Il fatto di avere avuto tante aspettative negli ultimi anni ti ha pesato oppure era una impressione errata dall'esterno?
«Difficile non farselo pesare, nel senso che se non te lo fai pesare vuol dire che non te ne frega niente anche di chi ti sta pagando. Senti sempre un senso di responsabilità nei confronti di chi ti sta pagando. Detto questo, è vero, anche io mi sono creato grandi aspettative quando fai un certo tipo di risultati e volevo andare in crescita. Ovviamente è più facile andare verso l'alto quando parti con poco e sali gradualmente; se cominci subito forte è difficile andare sempre più su. C'è chi ce l'ha fatta come Sagan, però non è per nulla scontato».

Nel 2015 ti intervistammo chiedendoti "Chi è Moreno Moser?". La tua risposta fu "Non so chi è oggi Moreno Moser. Credo e spero di avere il potenziale per essere al top. Queste sono ancora la mie aspettative, non è che le voglio abbassare". Che risposta dai oggi a questa domanda?
«Moreno Moser oggi è sicuramente una ragazzo più consapevole di se stesso, più sicuro e maturo. Le mie aspettative non sono calate ma è inutile fare gli ipocriti: passare dal World Tour a una Professional è stato un passo indietro, non credo di offendere la squadra se dico questo. Io prendo questa nuova esperienza come un passo indietro per prendere la rincorsa. Che non vuol dire solo World Tour, perché a me piacerebbe rimanere in un ambiente come quello della Nippo: la mia speranza è che la squadra trovi gli strumenti per crescere e, perché no, anche grazie a me e a tutti gli altri».

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Come mai tre e non due o quattro?
«Perché due è poco e quattro è..., voglio essere realista ed è meglio non creare troppe aspettative. Tre vittorie è una bella stagione. Ovviamente se fosse Laigueglia, una tappa al Giro e la Coppa Sabatini sarebbe super, però tre vittorie sono sempre tre vittorie. Vincere al giorno d'oggi è sempre difficile, non esiste più la corsa in cui si può essere primi al 50% della forma. Tutti ormai sono super professionisti, anche i ragazzi delle Continental sono super tirati e preparati. Qualche anno fa c'era più differenza tra i corridori di primo livello e gli altri. Ora si va al massimo per tutta la stagione».
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