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Remco, un campione e la sua Vueltanschaaung

11.09.2022 20:35

Si chiude col successo di Evenepoel la Vuelta 2022: il belga (che rompe 44 anni di digiuno dei suoi!) entra in una nuova dimensione, d'ora in poi si dovranno fare i conti con lui anche nei GT. All'Italia in Spagna solo qualche briciola


Come cambia la concezione del mondo per Remco Evenepoel alla luce della vittoria alla Vuelta a España conclusa oggi? Cosa contenevano le sue lacrime di ieri al Puerto de Navacerrada? E come si evolverà la carriera del giovane campione di Aalst dopo questo successo? L'appassionato di ciclismo ha di che essere soddisfatto in quanto si chiarisce un dubbio che aveva tenuto banco negli ultimi anni, e cioè: può essere, il 22enne della Quick-Step Alpha Vinyl, un fattore anche nei grandi giri, e quindi di conseguenza un campione a tutto tondo capace di confrontarsi con un Tadej Pogacar? (Citiamo lo sloveno e non per esempio Jonas Vingegaard, che l'ha battuto al Tour, per la polivalenza, la capacità di essere vincente sia a tappe che in linea). Beh, sì.

Poi magari le buscherà, ma sarà lì a giocarsela. Ecco perché piangeva ieri, per la gioia, per l'incontenibile felicità, ma soprattutto per aver dato a se stesso la risposta che più desiderava: "Ci sono, sono qui, dovranno fare tutti i conti con me". Mica poco come elemento di novità portatoci da questa Vuelta 2022. Eravamo partiti dall'Olanda con un'incognita e una certezza, Remco la prima, Primoz Roglic la seconda, reduce lo sloveno da tre vittorie di fila e pronto a giocarsela pure questa volta, non si fosse messa di mezzo la solita caduta che l'ha fatto fuori quando pareva poter mettere in difficoltà il giovane belga.

L'uscita di scena di Roglic ha certamente tolto contenuti tecnici all'ultima parte di corsa, a Evenepoel è rimasto solo da controllare Enric Mas che, predestinato al secondo posto (puntualmente poi conquistato per la terza volta in carriera. È la sua dimensione), non ha dato troppo fastidio al leader della classifica, pur non mancando di attaccarlo (o almeno provarci) in un paio di occasioni. Ha fatto quel che ha potuto, lo spagnolo, ed è stato se non altro il capofila di un'interessantissima nouvelle vague per le gare a tappe dopo anni di vuoto post-Contador. Juan Ayuso è il nuovissimo che avanza, si è preso il podio non ancora ventenne; Carlos Rodríguez, minato nel finale dai postumi di una caduta, ha dimostrato comunque di poter dire pure lui la sua, anche se dovrà ancora salire qualche scalino.

Avversari da non sottovalutare, certo, così come non andavano sottovalutati i Miguel Ángel López e i João Almeida, di cui peraltro i limiti erano giù piuttosto noti, ma che non rappresentavano onestamente il top mondiale della specialità; per cui oggi gli scettici a tutti i costi stanno già dicendo che sì, ok, Remco ha vinto, ma contro chi? Noi (e lui) preferiamo concentrarci sulle linee di tendenza, o in altri termini sui progressi che il ragazzo ha esibito sulle strade di Spagna. Era pur sempre appena il suo secondo GT (e il primo, corso in condizioni tutte da inventariare, non lo portò nemmeno a termine, come ben ricorderete). Per cui, e chiudiamo il cerchio, eccola la nuova concezione del mondo di Evenepoel, la sua weltanschaaung (anzi, come suggerisce il titolo: Vueltanschaaung!): "il ciclismo dovrà faticare per contenermi, ora lo so con certezza". Se resta coi piedi per terra (e avendolo un po' visto in questi anni, possiamo ritenere che lo farà), sarà uno dei punti di riferimento del decennio.

Dal vincitore agli sconfitti, in particolare parliamo di Italia, andata in Spagna con una rappresentanza ampiamente incompleta, ma ugualmente uscita dalle tre settimane di gara senza un successo e con magrissimi risultati in classifica. Piuttosto che piangere su quel che è mancato, conviene concentrarsi sul poco di buono che pure è emerso. I due secondi posti di tappa di Samuele Battistella (anche se nel primo caso ha un po' buttato via la volata ristretta, battuto da Jesús Herrada), la discreta presenza del giovane Edoardo Zambanini (un terzo di tappa, il miglior risultato in classifica tra gli italiani, anche se solo 36esimo), qualche colpo da parte di Filippo Conca (un quinto posto in fuga), un giorno in maglia rossa per Edoardo Affini, il buon lavoro di Antonio Tiberi nel treno Trek-Segafredo a beneficio di Mads Pedersen, che ha dominato le volate dopo l'uscita di scena di Sam Bennett. I grandi vecchi si sono visti poco, Domenico Pozzovivo faceva classifica di retroguardia (oltre il 20esimo) ma poi si è ritirato, Vincenzo Nibali ci ha provato un paio di volte in fuga ma senza lasciar tracce. Questo è quanto: non ricorderemo la Vuelta 2022 come la più generosa nei confronti del nostro movimento.

Una Vuelta che ha avuto la propria acme sulla Sierra Nevada a sette giorni dal termine, risultando poi la terza settimana piuttosto pleonastica (ma il disegno lo conoscevamo da prima e sospettavamo potesse finire così: non è nemmeno più il caso di star lì a polemizzare sui percorsi della corsa spagnola), e che è stata segnata da una moltitudine di fughe, rilanciando corridori (il citato Herrada, Marc Soler, anche ottimo gregario, per non parlare di Rigoberto Urán o di Rudy Molard che non ha vinto ma ha indossato la roja), facendone scoprire altri (soprattutto Jay Vine, fortissimo in salita, ma anche Thymen Arensman), regalando gioie parziali a ottimi corridori che non hanno fatto classifica (Richard Carapaz, anche maglia a pois, o Louis Meintjes); non son mancate le volate, le tre di Pedersen (pure maglia verde) e le due di Bennett, ma anche i successi di Kaden Groves e, da ultimo, di Juan Sebastián Molano. Il resto è Jumbo-Visma (la cronosquadre d'apertura, le conseguenti maglie rosse per Robert Gesink, Mike Teunissen, il citato Affini e pure Roglic dopo la personale vittoria di Laguardia) vs. Remco, che ha vinto due tappe, la crono di Alicante e l'arrivo in salita all'Alto del Piornal, e che ha guidato la classifica sin dalla sesta frazione.

15 giorni in maglia rossa per Evenepoel, un belga a dominare la Vuelta a 45 anni da Freddy Maertens (che in quel 1977 vinse pure 13 tappe!), ma erano 44 che uno di loro mancava un successo in un GT. L'ultimo era stato Johan De Muynck al Giro 1978, da quel dì l'Italia ha festeggiato successi nei grandi giri con Giuseppe Saronni, Giovanni Battaglin, Francesco Moser, Roberto Visentini, Marco Giovannetti, Gianni Bugno, Franco Chioccioli, Ivan Gotti, Marco Pantani, Stefano Garzelli, Gilberto Simoni, Paolo Savoldelli, Damiano Cunego, Ivan Basso, Danilo Di Luca, Michele Scarponi, Vincenzo Nibali e Fabio Aru: 18 vincenti (e non parliamo dei tanti che ci sono andati vicino) contro 0, un dato che fa riflettere sull'incredibile digiuno rotto oggi da Remco. Anche quest'elemento ci fa capire quanto nel suo paese il 22enne di Aalst possa essere idolatrato, e quanto anche questo - traducibile in termini di enormi pressioni - possa aver pesato nella condizione psicologica esplosa nel pianto irrefrenabile del post-tappa di ieri: e ok che la reazione, alla fine, è stata vistosa, ma durante le precedenti tre settimane avevamo notato incrinature a livello mentale in Evenepoel? Bene, anche questo è un fattore su cui riflettere: è forte, è solido, è brillante. È Remco, e la Vuelta finita oggi ce l'ha fatto conoscere finalmente fino in fondo.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!