I profili delle ultime tappe del Tour de France 2024
Editoriale

La tradizione ben declinata del Tour de France 2025

Di fronte ad un Giro che si preannuncia per certi versi sperimentale, il Tour disegna un percorso piuttosto classico, ma mettendo insieme tappe ben riuscite, pur con qualche difetto

30.10.2024 13:32

Il percorso del Tour de France 2025 appena presentato, pur non avendo grandi exploit, è comunque un bel tracciato con pochi difetti ben individuabili che potrebbe risultare gradevole, sempre ammesso e non concesso che i corridori lo corrano con il giusto piglio. Nonostante un disegno piuttosto tradizionale che si rifà al concetto intrinseco di Grande Boucle - dunque di un ampio ricciolo che consente di attraversare la Francia in tutta la sua estensione - che costringe ad una lunga serie di tappe nel nord del paese lontano dalle montagne, di giornate banali e per velocisti ce ne sono poche, perché si è sfruttato al meglio il territorio. Dopodiché le montagne sono ben tracciate e senza che siano elementi che possano bloccare eccessivamente la corsa. Prima di addentrarci nei particolari, diamo le consuete statistiche: le due cronometro totalizzano 44 km contro il tempo, ma a onor del vero contano nell'equilibrio complessivo solo i 33 di Caen, visto che gli altri 11 sono di cronoscalata verso Peyragudes; la lunghezza media delle tappe in linea si attesta a 172.4 km, ricalando rispetto all'anno passato, frutto di poche frazioni sopra i 200 km.

 

Montagne degne del Tour

Altimetria generale

La cosa che forse spicca per prima è come le tappe di montagna siano poche, ben definite e degne di un Grande Giro, scegliendo nella maggior parte dei casi un tracciato che sfrutta bene il territorio disponibile. Fa forse eccezione la tappa di Hautacam, che essendo la prima è legittimamente impostata per un confronto su sforzo massimale nel corso della salita conclusiva, oltre ovviamente a quella del Mont Ventoux, preceduta da un classicissimo avvicinamento privo di difficoltà. È bello però vedere che l'arrivo di Superbagneres (salita non tremendamente dura) è dopo oltre 180 km di cavalcata pirenaica, sulle strade della mitica Pau-Luchon, che qui viene reinterpretata in chiave moderna, senza perdere le caratteristiche di un tappone che accumula quasi 5000 metri di dislivello superando anche i 2000 metri di altitudine. Il medesimo ragionamento vale per la tappa di Courchevel, che mette in fila tre vette ad alta quota per accumulare più di 5000 metri di dislivello in 171 km, non tantissimi, ma comunque degni di una tappa regina che faccia esaltare le doti di fondo. Si sarebbe forse raggiunto la perfezione replicando il finale del 2023, facendo sì che la tappa fosse più lunga, con più dislivello e con il traguardo non in vetta al Col de la Loze, ma più in basso, per evitare che tute le frazioni di montagna arrivino in salita. Ma in fondo va bene anche così, visto che la Loze da quel versante non ha le rampe tremende di quello di Meribel e non dovrebbe bloccare la corsa.

A fronte di queste tappe tradizionali ha allora perfettamente senso che l'ultima frazione di montagna sia corta ed esplosiva, perché una (o anche più di una) è sempre bella da vedersi, soprattutto con le gambe già appesantite dalla fatica; tanto più se anche questa è disegnata con intelligenza come quella di La Plagne andando in quota con salite non tremende, eccetto il duro Col du Prè che a 64 km dal traguardo sembra perfetto per tentare l'impresa. 

 

Finalmente la fantasia

L'anno scorso avevamo detto tra serio e faceto che il bel percorso forse era anche figlio dell'aria italiana respirata da Prudhomme nell'organizzare il Grand Depart da Firenze. C'è da constatare che quest'aria deve essere piaciuta al direttore del Tour se vediamo certe scelte applicate anche per la prossima edizione. Lo storico problema del Tour de France, almeno fino ad alcuni anni fa, era la monotonia delle tante tappe di trasferimento, che si alternavano a quelle di montagna senza che ci fossero i trabocchetti e la varietà più tipici del Giro d'Italia. In questi anni si è spesso ottemperato a questo problema evitando come la peste il nord della Francia, dove anche in passato si era fatto qualche timido tentativo di animare i finali, riuscendoci solo parzialmente.

Quest'anno la schizofrenia (detto con simpatia e non con disprezzo) ha fatto sì che di tappe realmente per velocisti nella prima settimana ce ne siano soltanto 4, a fronte di altre 4 frazioni estremamente movimentate e probabilmente pericolose pure per gli uomini di classifica. La musica non cambia nella seconda settimana, dove la frazione di Tolosa (ufficialmente per velocisti) è infarcita di strappi alcuni dei quali abbastanza tosti e quella di Carcassone si spinge su salite decisamente toste, che con ogni probabilità saranno terreno prediletto per scalatori fuori classifica e cacciatori di tappe. Per rendervi l'idea, vi lasciamo qui sotto i 4 profili dettagliati delle tappe “nordiche” in questione. Per approfondire tutte le tappe, vi ricordiamo che ci siamo preoccupati di tracciare anche i profili delle tappe finora non pubblicate per esteso: Presentato il percorso del Tour de France 2025 (tutte le altimetrie)

Altimetria ultimi km 2a, 4a, 6a e 7a tappa

 

I difetti

In un Tour tutto sommato ben fatto, pur senza acuti, dispiace che sia mancato quel pizzico di coraggio in più. Già abbiamo detto di come si sarebbe potuto perfezionare il finale di Courchevel, ma il difetto principale rimane quello dei km a cronometro. Con un Remco Evenepoel che si sta affermando anche in montagna, offrirgli una cronometro degna di Indurain sarebbe l'escamotage perfetto per costringere Pogacar e/o Vingegaard ad attaccare da lontano delle frazioni di montagna e non rendere scontato il risultato finale. Diciamo questo in un momento in cui questo obiettivo è attualissimo dopo che lo sloveno ha dominato in lungo e in largo e che magari proprio a cronometro è ancora un filo inferiore rispetto al campione del mondo in carica.

Più coraggio servirebbe anche nelle distanze: abbiamo già detto che la situazione non è malvagia con le tappe regine ben disegnate e di lunghezza dignitosa. Comunque sia avere solo due tappe sopra i 200 km rimane un fatto antistorico, su cui l'anno scorso si era forse insistito di più per cause di forza maggiore. Questo non ci stancheremo mai di dirlo, fin tanto che questo sport lo chiameremo di resistenza.

Per completare il quadro, c'è da dire che non è bellissimo nemmeno vedere all'ultimo sabato una tappa di poco significato che probabilmente sarà favorevole ad una fuga da lontano, ma sapete che su queste cose siamo fortemente realisti in merito al fatto di doversi destreggiare in mezzo alle candidature dei comitati paganti, che tessono una maglia già piuttosto rigida in cui l'organizzatore deve ricavarsi lo spazio per tracciare il proprio perorso.

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Francesco Dani
Volevo fare lo scalatore ma non mi è riuscito; adesso oscillo tra il volante di un'ammiraglia, la redazione di questa testata, e le aule del Dipartimento di Beni Culturali a Siena, tenendo nel cuore sogni di anarchia.