Davide Bais vince al Gran Sasso © Giro d'Italia
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Al Gran Sasso vincono in due: Davide Bais... e Jai Hindley!

Fuga da lontano, in tre arrivano a giocarsi il successo, lo conquista il 25enne della Eolo-Kometa. Karel Vacek e Simone Petilli gli altri eroi di giornata. Clamoroso no contest tra i big del gruppo

12.05.2023 17:54

Davide Bais ha 25 anni, un fratello (Mattia) di poco più grande che quest'anno l'ha raggiunto in Eolo-Kometa, e un compito: supportare Lorenzo Fortunato al Giro d'Italia 2023. Con quest'incarico nella testa stamattina si è messo le gambe in spalla ed è andato in fuga verso il Gran Sasso, convinto probabilmente che a un certo punto della storia sarebbe stato raggiunto da un gruppo di belve scatenate.

Con lui c'erano altri tre ragazzi senza pedigree: un 23enne eritreo tutto da vedere fuori dal Tour du Rwanda (che quest'anno ha vinto; però il Giro è un'altra cosa), Henok Mulubrhan, che in effetti sulla salita di Roccaraso si è staccato irrimediabilmente; un 30enne con un grande futuro alle spalle, da tempo ormai predisposto a parti da comprimario in film di seconda visione, Simone Petilli; e un classe 2000 che fino all'altro giorno era praticamente un ex corridore, recuperato dalla più fragile delle Professional italiane (la Corratec), e che era quasi rassegnato a dover vivere una vita di rimpianti e ricordi dolceamari di quando, da junior, a volte batteva un certo Remco Evenepoel. Karel Vacek, quest'ultimo.

I fatti della vita hanno invece messo i tre superstiti della fuga (senza Mulubrhan quindi) nelle condizioni di giocarsi un successo tanto inaspettato quanto taumaturgico. E se Petilli ha a lungo accarezzato l'idea della maglia rosa (lo è stato virtuale per molti chilometri della tappa), e Vacek ha trovato nel secondo posto conquistato a Campo Imperatore un comunque meraviglioso riscatto, un bagno di autoconsapevolezza ("Allora posso ancora dire la mia a certi livelli!"), Bais vede in questa vittoria odierna l'inizio di una nuova carriera. Che belle storie, che bel finale di racconto per questa fuga che pareva raccogliticcia e che invece è arrivata al traguardo con 3'10" sul gruppo dei big.

Giro d'Italia 2023, quella battaglia mancata sul Gran Sasso

Ma se le felicitazioni sono tutte per chi è andato in cerca di gloria e l'ha trovata, c'è un controcanto difficile da spiegare ed è quello, stonatissimo, dei protagonisti di questo Giro che hanno totalmente rinunciato a darsi battaglia oggi. La colpa in prima istanza sarebbe del vento contrario incontrato sul Gran Sasso. Ma in verità già l'altro giorno a Lago Laceno avevamo annusato una tendenza che oggi si è clamorosamente (miseramente) confermata: e cioè che è sempre un giorno buono per rinviare la lotta a viso aperto.

Ora, percorso alla mano, si profila all'orizzonte un rischio che gela la schiena dell'appassionato: tolto il finale di domani, in cui qualcosa di carino per forza si vedrà, domenica è in programma una cronometro il cui esito è già scritto (la vince Remco), quindi dopo il primo riposo avremo due tappe da volata (due altre! Già ce ne sono state quattro nei primi sei giorni), una giornata a forte rischio di interlocutorietà (la Bra-Rivoli col Colle Braida nel finale), la tappa di Crans Montana che se piallano - come possibile - il Gran San Bernardo abbassando il passaggio dal valico al tunnel perde un po' di senso (e comunque ha la durissima Croix de Coeur troppo lontana dal traguardo se l'andazzo è quello visto oggi), e un'altra volata a Cassano Magnago, e un'altra tappa interlocutoria a Bergamo… e siamo già alla terza settimana, aggrappati coi denti alla speranza che almeno una tappa tra Bondone, Zoldo Alto e Tre Cime di Lavaredo salvi il Giro.

Che poi è un po' quello che accadde l'anno scorso, quando l'attendismo soffocò la corsa rosa fino agli ultimi 3 km della Marmolada. Stavolta all'orizzonte c'è lo spauracchio Lussari a far venire forse il braccino a qualcuno. Ma nel frattempo? Può essere che Evenepoel venga percepito come troppo forte per potersi sognare di attaccarlo senza andare per primi a gambe all'aria? Può essere. Ma nel 2022 i motivi identificati dagli osservatori erano quelli contrari, e cioè un presunto basso livello da parte dei contendenti per la classifica, da cui si presunse il conseguente basso spettacolo.

E invece, più banalmente, sono i casi della corsa a indirizzare un grande giro verso la bellezza o verso il grigiore. Senza dimenticare che la regola è più spesso quest'ultimo che la prima; certo il Giro negli anni ci aveva abituati a essere più frizzante del Tour, mentre con Tadej Pogacar in Francia ultimamente si è invertita la tendenza. Ma se nemmeno un Remco Evenepoel in gara contro un Primoz Roglic fa la corsa bella, oggi a prendersi la più sonora delle rivincite è quel Jai Hindley troppo spesso considerato uno scappato di casa nonostante abbia un secondo e un primo posto in tre Giri. Individuato un anno fa come il capro espiatorio del mancato spettacolo ed emerso oggi in un Campo (Imperatore) di verità. Finalmente.

Giro d'Italia 2023, la cronaca della settima tappa

Settima tappa del Giro d'Italia 2023, la Capua-Campo Imperatore (218 km) è partita senza Giovanni Aleotti (Bora-Hansgrohe) e Nicola Conci (Alpecin-Deceuninck), appiedati dal covid. Dopo 6 km di tentativi vari hanno avuto via libera in quattro: Simone Petilli (Intermarché-Circus-Wanty), Davide Bais (Eolo-Kometa), Henok Mulubrhan (Green Project-Bardiani CSF-Faizanè) e Karel Vacek (Corratec). La fuga ha preso margine com'era prevedibile; meno immaginabile era che così pochi corridori ci si infilassero, visto che la prospettiva di andare all'arrivo era tangibile.

Meno preventivabile, da parte di molti, era invece il fatto di incontrare molto freddo. In particolare la maglia rosa Andreas Leknessund (DSM) si è direttamente fermata per cambiarsi e coprirsi, quando mancavano 160 km alla fine; il margine dei primi è salito tanto in questa fase, sfondando il muro dei 10 minuti prima di calare un po' sulla salita di Rionero Sannitico. Il traguardo a punti di Castel di Sangro ai -127 è stato vinto da Bais su Petilli e Vacek, mentre in gruppo è stato il solito Mads Pedersen (Trek-Segafredo) davanti a Michael Matthews (Jayco AlUla).

Salendo verso Roccaraso prima Vacek si è staccato dal gruppetto di testa, poi lui è rientrato e in compenso ha perso contatto - definitivamente - Mulubrhan; il Gpm dei -117 è stato appannaggio pure questo di Bais davanti a Petilli e Vacek. Intanto il gruppo ha riallungato il guinzaglio e la fuga ha raggiunto il suo vantaggio massimo con 12'30" toccati ai -100. Sempre la DSM a tirare, a lungo con Alberto Dainese.

Bais, giacché era orientato a far propri tutti i traguardi volanti, ha vinto (sempre su Petilli e Vacek) pure lo sprint intermedio di Bussi sul Tirino ai -57. Il gruppo si segnalava più per qualche intoppo, tipo una caduta dei Soudal-Quick Step Pieter Serry e Ilan van Wilder ai -50 (in precedenza aveva assaggiato l'asfalto Sepp Kuss della Jumbo-Visma). In tutto ciò Simone Petilli volava sulle ali di un sogno, dato che il suo ritardo in classifica - 7'49" - lo autorizzava, nel ruolo di maglia rosa virtuale, a incitare i colleghi a tirare sempre di più. Il plotone era comunque in inevitabile avvicinamento quando si è approcciata ai -44 la salita di Calascio: 11', secondo più, secondo meno.

In salita, ai -41, Geraint Thomas (INEOS Grenadiers) ha patito un salto di catena; al Gpm dei -32 il solito trenino nel solito ordine davanti, Bais-Petilli-Vacek, mentre dal gruppo è uscito Thibaut Pinot (Groupama-FDJ) giusto per prendere i punti Gpm per la maglia azzurra che indossa ormai da cinque giorni; il tratto successivo, falsopiano con tratti proprio pianeggianti, ha favorito un blando riavvicinamento del gruppo, con l'AG2R Citroën che ha fatto capolino davanti per tirare un po'.

Alla rampa finale, i 6 km verso Campo Imperatore, è stato preso dai battistrada con 6'30" di vantaggio e con Petilli che dava l'idea di voler forzare. E in effetti l'ha fatto, ai 3.6 km però, quando le pendenze si sono indurite. Bais ha risposto bene, Vacek no, ma siccome gli altri due non è che stessero spingendo chissà cosa, il ceco, mostro di gestione, è riuscito a rifarsi sotto ai -3. Non solo: il corridore della Corratec è andato pure a fare il ritmo, quello giusto per sé, nella speranza che Petilli e Bais non glielo cambiassero.

Dal gruppo nulla da segnalare fino ai -4.5, quando Thomas Champion (Cofidis) si è concesso una sortita. Poi ha tiracchiato un po' la Movistar. Più interessanti i movimenti davanti: ai 1500 Vacek ha fatto di nuovo un elastico, ha perso metri e poi ha rilanciato, e stavolta ci si è dovuto mettere davvero d'impegno Petilli per chiudere ai 1200 metri. Ai 700 il ceco si è ritrovato in testa e ha cominciato ad andare in progressione, ma non aveva davvero la brillantezza per impostare una volata di testa e vincerla. Ai 200 si è mosso allora Petilli, ma Bais, proprio come aveva fatto su tutti i vari traguardi volanti di giornata, ha esibito quella freschezza per andarsene in contropiede verso la prima vittoria in carriera, seconda della Eolo-Kometa al Giro dopo Lorenzo Fortunato allo Zoncolan due anni fa.

Vacek è stato uno dei secondi più felici della storia, veramente soddisfatto di un risultato in cui evidentemente lui per primo sperava poco; a Petilli resta la magra consolazione del podio di giornata. Quanto ai big, hanno solo fatto la volata per il quarto posto, vinta da Remco Evenepoel (Soudal-Quick Step) su Primoz Roglic (Jumbo) e Thibaut Pinot. La classifica non cambia, Andreas Leknessund si è guadagnato un altro giorno in rosa e per i grandi giochi l'appuntamento è rinviato ad altre montagne. A proposito di montagne, grazie alla fuga Davide Bais strappa la maglia azzurra a Pinot (86-50 per il veneto al momento), mentre in ciclamino resta Jonathan Milan (Bahrain-Victorious), 110-99 su Kaden Groves (Alpecin).

Domani si scende di quota ma non è escluso che il Giro d'Italia 2023 possa offrire, nella sua ottava tappa, quegli spunti di spettacolo clamorosamente mancati oggi. Partenza da Terni, arrivo a Fossombrone e in mezzo 207 km con un'ultima parte che prevede il transito dal muro dei Cappuccini (due volte, l'ultima ai -6) e sul Monte delle Cesane (Gpm ai -36). La classifica magari non cambierà granché, ma di sicuro il pubblico avrà l'occasione di divertirsi in quel finale che è tutto un su e giù.

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La crisi infinita del ciclismo tedesco
Vollering, sempre Vollering, fortissimamente Vollering
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!