Il colpo di reni (ottimo) di Mohoric a destra, quello di Asgreen a sinistra © A.S.O.
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Mohoric evita la doppietta di Asgreen con il colpo di reni

Matej trionfa in quel di Poligny nella diciannovesima tappa del Tour de France. Frazione pazza, doppia fuga e bagarre sin dal primo metro. Ben piazzati Bettiol e Trentin, delude un po' Van der Poel

21.07.2023 19:28

#rideforGino. Il motto sentito della Bahrain-Victorious a questo Tour de France. Un ricordo, quello del giovane svizzero tristemente scomparso durante la discesa dall'Albulapass durante lo scorso Giro di Svizzera, che sta dando grande forza alla formazione emiratina, capace di vincere ben tre tappe in questa Grande Boucle e tutte con corridori diversi. Sono gli unici ad aver centrato il bersaglio grosso con tre atleti differenti, a conferma di quante motivazioni stiano spingendo i Bahrain durante queste tre settimane di fatiche. L'ha sottolineato nella bellissima intervista del post-tappa lo stesso Mohoric, visibilmente commosso, raccontando quello che passa per la mente dei corridori nei ventuno giorni dei grandi giri, ma sempre con il pensiero rivolto verso Gino Mäder.

Una vittoria che lo sloveno non si è potuto godere da subito, dato che il verdetto del fotofinish è giunto un paio di minuti dopo l'arrivo dei primi e, inizialmente, sembrava che a farcela potesse essere nuovamente Asgreen, il quale, dopo la gran fuga vittoriosa di ieri ha ritrovato le forze e ci ha provato ancora. Una sicurezza emerge da queste ultime due frazioni: il danese al Mondiale ci arriverà con un gambone che può far sognare i compatrioti di Jonas Vingegaard, oggi in totale controllo anche nei momenti più concitati di corsa.

Altro figlio del Nord che viaggia a gonfie vele è Mads Pedersen, oggi “solamente” quinto, ma generosissimo. Una forza della natura che quasi da solo ha tenuto in vita le possibilità degli inseguitori, sacrificandosi per tutti quanti. A Glasgow, tra due settimane, anche lui sarà un uomo da tener d'occhio, anche perché la capacità di leggere la corsa non gli manca certamente.

Buoni segnali li hanno dati pure Alberto Bettiol e Matteo Trentin, abili a trovare il momento giusto per evadere dal grosso, troppo grosso, gruppetto d'inseguitori, ma non capaci insieme agli altri sette di riprendere i battistrada. In ogni caso, alla fine di un Tour in cui non hanno lesinato energie, sembrano entrambi molto in palla e questo, sempre in chiave rassegna iridata, è sicuramente un ottimo segnale. Il percorso mondiale infatti sembra ottimo per le doti di Bettiol, con tantissimi strappi disseminati nel circuito finale e tantissime curve dove rilanciare e stare davanti potrà essere la chiave vincente. Matteo, non dimentichiamolo, nel 2018 in Scozia ci vinse un Europeo quasi sullo stesso percorso che incontreranno domenica 6 agosto, davanti a due corridori insignificanti come Mathieu van der Poel e Wout van Aert.

Il belga ha abbandonato mercoledì la Francia per assistere al parto della moglie (il secondo figlio si chiama Jerome ed è nato ieri), il neerlandese invece oggi era in fuga, ma non è sembrato avere le grandi gambe che in primavera gli hanno regalato il Mondiale di ciclocross, la Milano-Sanremo e la Parigi-Roubaix. La sua attitudine in generale, in questa Boucle, ha convinto molto poco, al di là delle volate tirate per Jasper Philipsen (anche oggi protagonista di discussioni animate con i compagni d'avventura). Da un corridore della sua risma ci si aspettava qualcosina in più, ma c'è anche da dire che Mathieu ormai ci ha abituato a corse a tappe disputate come solo allenamento in vista del grande obiettivo nelle corse di un giorno (vedasi la Tirreno-Adriatico di quest'anno): a Glasgow sarà sicuramente uno dei grandissimi favoriti.

La cronaca della diciannovesima tappa del Tour de France 2023

La più classica delle frazioni da fughe della terza settimana di un grande giro è quest'anno posizionata come diciannovesima tappa del Tour de France 2023: la Moirans-en-Montagne - Poligny di 172.8 chilometri sembra chiamata per un largo gruppetto di corridori rimasti sufficientemente brillanti da trovare le forze per l'ennesima giornata di fatica. Il disegno altimetrico non è troppo complesso, ma oltre alla Côte du Bois de Lionge (1.9 km al 5.7%) in avvio e alla  Côte d'Ivory (2.3 km al 5.9%) ai -28, vi sono tanti altri zampellotti e strappetti che costellano il percorso e che rendono praticamente impossibile pensare ad una volata risolutiva.

I primi chilometri vengono affrontati a velocità folle e con continui tentativi di evasione. Si muovono anche big un po' consumati dal tempo, uno su tutti Peter Sagan (TotalEnergies), che in questa Grande Boucle finora era stato quasi invisibile. La sparata dello slovacco dura appena un paio di minuti, dopodiché la fiamma del tre volte campione del mondo si spegne e qualche chilometro più tardi si stacca dal plotone. Con più convinzione attaccano Mads Pedersen (Lidl-Trek) e Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), ma anch'essi vengono prontamente ripresi. Ci prova dunque Julian Alaphilippe (Soudal Quick-Step) a più riprese, senza però riuscire con fortuna a trovare la fuga giusta, nemmeno con l'ausilio di un grande passista come Stefan Küng (Groupama-FDJ).

A causa di queste continue accelerazioni, intorno ai -140, il gruppo si spezza in vari punti e a rimanere indietro è il solito Adam Yates (UAE Emirates), troppo poco attento nelle prime fasi di gara. Il britannico, terzo in classifica, aiutato da tre compagni riesce a rientrare con uno scattino pochi chilometri più tardi, salvando almeno momentaneamente il podio virtuale. Pericolo scampato per lui, mentre il compagno Tadej Pogacar veleggia sempre davanti tentando a volte perfino di infilarsi nei tentativi di fuga, sempre però stoppato da un attentissimo Jonas Vingegaard (Jumbo-Visma)

In uno dei segmenti più duri della prima parte di gara, ai -123, dopo cioè cinquanta chilometri di gara, Alberto Bettiol (EF Education-EasyPost) prende come punto di riferimento Nils Politt (BORA-hansgrohe) e lancia una delle sue bordate più micidiali, restando addirittura solo e allungando di conseguenza tutto il gruppo alle sue spalle. Il toscano però è talmente forte da non riuscire a trascinarsi appresso nessuno e quindi deve rialzarsi. In controbattuta partono in nove, tutti grandi pedalatori: ai -119 si forma la prima fuga di giornata. In testa troviamo Tiesj Benoot (Jumbo), Matteo Trentin (UAE), Alaphilippe, Jack Haig (Bahrain-Victorious), Pedersen, Politt, Georg Zimmermann (Intermarché-Circus-Wanty), Warren Barguil (Arkéa-Samsic) e Victor Campenaerts (Lotto Dstny). 

Prima fuga di giornata perché dietro il gruppo non si arrende e la situazione è in continuo evolvere: Uno-X Pro Cycling Team, EF e Israel-Premier Tech si portano in testa al plotone quando il gap è ancora di 1'20" e per oltre trenta chilometri tengono i fuggitivi sempre a 1'00", un margine decisamente recuperabile, tanto più se pensiamo che ai -90 la fuga perde in modo rocambolesco uno dei suoi vagoni più importanti: Politt. Il tedesco della BORA rompe la catena e non avendo alle spalle la propria ammiraglia deve attendere fino al passaggio del gruppo, dovendo dire addio alle sue velleità odierne.

Il braccio di ferro tra la fuga e il gruppo sembra sempre più sorridere al secondo, che al traguardo volante di Ney (-75) ha appena 30" da recuperare sulla testa della corsa, dov'è chiaramente Pedersen ad aggiudicarsi i venti punti. Dietro invece, guidato da Mathieu van der Poel (Alpecin-Deceuninck, altro squadrone rimasto fuori dall'attacco dei nove poi diventati otto), è Jasper Philipsen a transitare in nona posizione; la maglia verde comunque è già ampiamente ipotecata. Proprio questo però è lo snodo fondamentale della corsa: approfittando del leggero vantaggio preso proprio allo sprint intermedio, Philipsen, Van der Poel e diversi altri proseguono nell'azione, cogliendo impreparati diversi corridori. Alcuni di questi reagiscono subito e si riportano sul drappello dei contrattaccanti, altri invece si muovono con troppo ritardo e vengono ripresi dal gruppo maglia gialla dove la Jumbo riesce a riportare la calma al termine di una manciata di chilometri agitatissimi.

In quei cinque chilometri infatti si è formato un drappello ben più numeroso dell'attacco precedente che in quattro e quattr'otto si riporta sui fuggitivi. Ai -65 avviene l'aggancio. In testa ci sono ben trentasei corridori: Benoot e Christophe Laporte (Jumbo), Trentin (UAE), Tom Pidcock (INEOS Grenadiers), Lars van den Berg (Groupama), Alberto Bettiol e Neilson Powless (EF), Alaphilippe e il vincitore di ieri Kasper Asgreen (Soudal), Haig, Matej Mohoric e Fred Wright (Bahrain), Marco Haller e Jordi Meeus (BORA), Pedersen (Lidl), Ben O'Connor e Oliver Naesen (AG2R Citroën Team), Van der Poel e Philipsen (Alpecin), Zimmermann (Intermarché), Ion Izagirre (Cofidis), Simon Clarke, Hugo Houle, Krists Neilands e Corbin Strong (Israel), Luke Durbridge, Dylan Groenewegen e Luka Mezgec (Team Jayco-Alula), Campenaerts (Lotto), Barguil (Arkéa), Jonas Abrahamsen, Anthon Charmig, Rasmus Tiller e Soren Wærenskjold (Uno-X), Daniel Oss e Anthony Turgis (Total). Il plotone di Vingegaard invece, dopo un breve tratto in cui è l'Intermarché a menare per Biniam Girmay, si rialza e prosegue più tranquillamente verso il traguardo di Poligny.

Campenaerts non si arrende all'evidenza ed esattamente al momento dell'unione tra i due gruppi riparte da solo. Poco dopo prova a seguirlo Clarke, mentre tutti gli altri rallentano un po' dopo i minuti concitati appena vissuti. Ai -64 si forma così in testa alla corsa la coppia belga-australiana, mentre a inseguire sono principalmente i norvegesi della Uno-X. Gli inseguitori di Victor e Simon sono decisamente troppi affinché possano trovare l'accordo e infatti ai -40 il loro ritardo dal duo è di 1'00".

Grazie al forcing di Abrahamsen e Wærenskjold  e alla crisi di Clarke ai -32, Campenaerts può contare solamente su 20" di margine all'inizio dei due chilometri duri che precedono la Côte d'Ivory. Asgreen scatta ai -31 seguito da Mohoric e O'Connor, mentre alle loro spalle regna l'anarchia. Iniziata la Côte i tre contrattaccanti riprendono e staccano Campenaerts grazie alla spinta di Asgreen. Nella breve salita è soprattutto Pedersen a tentare l'evasione da dietro, ma il danese è stoppato da Neilands. In cima il margine degli inseguitori più forti quando la strada sale è di 20" dal trio di testa, gli altri, compresi Philipsen e un ottimo Groenewegen, sono a 30", ma possono ancora rientrare.

Lo fanno cinque chilometri più tardi in discesa, durante la quale scivola Strong, molto sfortunato a cadere in uno dei momenti peggiori della corsa (anche se la tappa odierna ha fornito ben pochi istanti in cui la malasorte potesse risultare ininfluente). Ai -23 riescono a scappare dal folto drappello alle spalle di Asgreen, Mohoric e O'Connor il francese Laporte e Van der Poel, il quale però non sembra aver intenzione di collaborare, forse con l'intento di aiutare Philipsen alle proprie spalle. Quel che è chiaro, però, è che il G2 è troppo numeroso perché si riesca a mettere in piedi un inseguimento serio: serve selezionare un gruppetto più piccolo per andare a caccia del trio di testa che continua a viaggiare a ritmi altissimi. Rientrati tutti su Laporte e MVDP, partono ai -18 Bettiol e Trentin

I due italiani guadagnano immediatamente un discreto margine sugli altri inseguitori e vedono le proprie possibilità di rientro sui primi alzarsi quando Van der Poel prima e Zimmermann poi ritornano su di loro e iniziano a collaborare. Niente da fare per il quartetto: grazie al lavoro di uno straordinario e generosissimo Pedersen, su di loro si riportano - oltre a Mads - Mezgec, Pidcock, Laporte e soprattutto Philipsen, lo spauracchio dell'intera fuga. I nove trovano presto l'accordo, ma il loro ritardo ai -10 è già di 30", mentre tutti gli altri fuggitivi, compresi Benoot, Groenewegen e Alaphilippe, sono distanti oltre 1'00" e definitivamente fuori dai giochi.

Il passo tenuto dai nove speranzosi è troppo basso per poter sperare di riprendere quelli davanti; la maglia verde cerca più volte di spronare, anche in maniera forse un po' antipatica, i compagni d'inseguimento a dare tutto, ma neanche l'apporto di un opaco Van der Poel è sufficiente a riavvicinare la testa della corsa. A giocarsi il successo saranno dunque O'Connor, Asgreen e Mohoric, in rigoroso ordine di passaggio sotto l'arco dell'ultimo chilometro. Ben è il più lento e tenta dunque di anticipare lo sprint partendo da dietro ai 450 metri, ma Kasper gli prende la ruota e lo usa come riferimento per lanciare la propria di volata. Il danese scatta ai -200 metri e sembra poter contenere il ritorno di Mohoric fino alla linea d'arrivo, dove i due giungono praticamente appaiati. Il fotofinish decreta la vittoria dello sloveno grazie ad un colpo di reni magistrale, a differenza di quello pessimo di Asgreen, secondo.

Gli inseguitori vengono regolati da Philipsen, quarto, su Pedersen e Laporte, rispettivamente quinto e sesto. Bravi Bettiol, ottavo, e Trentin, nono, al termine di una giornata campale. Nessun cambiamento nella classifica generale, il gruppo maglia gialla giunge al traguardo di Poligny con un passivo di 13'43" guidato da Nathan Van Hooydonck (Jumbo).

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Domani la chiusura prima della passerella finale sui Campi Elisi a Parigi. I Vosgi saranno l'ultimo massiccio toccato da questa Grande Boucle 2023. La lunghezza della Belfort - Le Markstein è modesta, soli 133.5 chilometri, ma la quantità di salite la rende potenzialmente perfetta per le imboscate. La speranza è che gli esclusi dalla top ten, dalla top five e dal podio vogliano tentare il tutto per tutto per migliorare la loro posizione in classifica. A loro disposizione troveranno Ballon d'Alsace (11.5 km al 5.2%), Col de la Croix des Moinats (5.2 km al 7%), Col de Grosse Pierre (3.2 km al 8%), Col de la Schlucht (4.3 km al 5.4%), Petit Ballon (9.3 km al 8.1%) e infine, l'ultima salita del Tour de France a chiudere quest'indigestione di su e giù: il Col du Platzerwasel (7.1 km al 8.4%).

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