Eddy Merckx ©Miroir du Cyclisme via X
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Eddy Merckx compie 80 anni: chi è stato e perché è diventato "il Cannibale"

Dalle 445 vittorie da professionista al record dell'Ora del '72, ripercorriamo la carriera di Eddy Merckx, l'unico in grado di vincere tutti i Grandi Giri e le Classiche Monumento

445 vittorie da professionista, oltre alle 80 da dilettante; undici Grandi Giri su sedici disputati (cinque Tour de France, per tre volte nello stesso anno di una vittoria al Giro d'Italia, cinque Giri d'Italia, una Vuelta a España), diciannove Classiche Monumento (sette Milano-Sanremo), tre Campionati del Mondo. Poi altre 80 vittorie in pista, un record dell'ora, un mondiale di ciclocross: non esiste (non ancora, almeno) un ciclista al mondo che possa paragonarsi a Eddy Merckx, il più vincente di sempre.

Eddy Merckx con Muhammad Alì ©Tonny Strouken
Eddy Merckx con Muhammad Alì ©Tonny Strouken

Il successo più bello e importante, disse poi, fu proprio quello che non viene contato come vittoria: il Record dell'Ora del 1972, ottenuto al culmine di una stagione dove inanellò Milano-Sanremo, Giro d'Italia, Tour de France, Liegi Bastogne Liegi, Freccia Vallone, Scheldeprijs, Giro del Piemonte, Giro dell'Emilia, Giro di Lombardia, Trofeo Baracchi, 50 vittorie in totale. Arrivò a Città del Messico a nove giorni dall'ultima corsa disputata, senza adattamento alla quota e al fuso né preparazione in velodromo. Migliorò il record di 779 metri: 49,43195 i chilometri percorsi. Sceso dalla bici disse “Mai più”, e così fu. Non che ci fosse bisogno di ripetere l'impresa, visto che il primato resistette fino al gennaio 1984, quando fu battuto da Francesco Moser (poi di nuovo da Chris Boardman, dopo il cambio di regolamento).

Il cannibale

Ha compiuto 80 anni oggi, 17 giugno 2025, il ciclista nato a Meensel-Kiezegem e che per tutti resta associato e che per tutti resta associato a quel soprannome che il sensazionalismo della stampa ha il vizio di affibbiare agli atleti: “Il cannibale”. Merckx se lo ritrovò affibbiato durante il Tour del 1969, una bambina dodicenne, figlia di Christian Raymond, corridore francese della Peugeot-BP-Michelin, aveva risposto al padre che si lamentava del belga che “non lasciava nemmeno le briciole”, chiosando: “ma allora è proprio un cannibale”.

La maggior parte della sua carriera fu accompagnata dal dolore alla schiena e da un problema di posizionamento che seguì alla caduta nel velodromo di Bois del 9 settembre 1969, quando fu coinvolto nell'incidente che uccise Fernand Wambst, il pilota del derny che era in quel momento in pista, nonché il preparatore di Merckx. Da allora, disse poi, non sarebbe mai più andato forte in salita come prima, e il piacere di pedalare fu per lui un dolore.

Nessuno è imbattibile

Perfino il Cannibale poi, dovette misurarsi con dei rivali che lo mettevano in difficoltà, perché anche per noi appassionati occorre ribadire che nessuna vittoria è scontata, anche quando si è i più forti della storia, perché nemmeno Merckx ha vinto la maggior parte delle gare a cui ha partecipato: il belga Walter Godefroot fu colui che più spesso lo batté, Felice Gimondi l'avversario che, a sua detta, più lo fece penare, Luis Ocaña quello che gli inflisse il distacco peggiore, ben 8'42" nella tappa di Orcières-Merlette del Tour 1972, dopo che lo spagnolo gli aveva teso un'imboscata attaccando insieme a Zoetemelk, Van Impe e Agostinho. Ma proprio questa sconfitta fu per il belga l'occasione per scrivere ulteriormente la storia e ammantarsi dell'aura di invincibile, perché seppe ribaltare quel Tour attaccando Ocaña, prima entrando in una fuga vincente di 250 km, e poi in una tappa pirenaica dove in brutta caduta di entrambi sotto il nubifragio l'iberico ebbe la peggio, dovendosi ritirare: l'indomani Merckx non indossò la maglia gialla che gli spettava per una forma di rispetto all'avversario.

Chi gli “tolse” più classiche monumento fu Roger De Vlaeminck, chi ne sancì il declino furono prima Bernard Thévenet, che fu il primo in grado di batterlo al Tour nel 1975, poi Felice Gimondi, che lo batté al Giro d'Italia nell'anno successivo.

Il più forte di tutti i tempi

Per anni il paragone a cui venne sottoposto Eddy Merckx fu quello con Fausto Coppi: a nulla valse quell'incetta di vittorie, è difficile convincersi che ciò che è venuto prima non sia insuperabile, così nella narrazione è rimasto l'adagio del “Coppi il più grande, Merckx il più forte”, riconoscendo al campionissimo il beneficio di una carriera mutilata dal secondo conflitto mondiale, benché oggettivamente più longeva del belga, che dopo i trent'anni non vinse che una sola Classica Monumento né un Grande Giro, e si ritirò a nemmeno trentatré anni.

Altri sei corridori dopo di lui riuscirono a vincere Giro, Tour e Vuelta (Jacques Anquetil, Felice Gimondi, Bernard Hinault, Alberto Contador, Vincenzo Nibali e Chris Froome), ma nessuno ci è ancora riuscito nello stesso anno, e altri due, peraltro suoi contemporanei, ovvero Roger De Vlaeminck e Rik Van Looy, hanno vinto le cinque classiche monumento, ma nessuno è stato ancora in grado né di vincerle tutte due volte come lui né di fare le due cose insieme.

Eddy Merckx con Tadej Pogačar ©Lukáš Ronald Lukács
Eddy Merckx con Tadej Pogačar ©Lukáš Ronald Lukács

Il nuovo Merckx

Come per il Cristo nel Nuovo Testamento (Mc 13,21-22), in molti si affannano a trovare nuovi Merckx in ogni giovane promettente, eppure c'è stato un vero nuovo Merckx, che è stato il figlio di Eddie, Axel, professionista dal 1994 al 2007, e mai in una squadra allenata dal padre, che nel 1996 lo convocò prima di lasciare la guida della nazionale del Belgio, dopo la vittoria di Johan Museeuw al mondiale di Lugano in cui Axel fu quarto. Pur con una dignitosissima carriera da attaccante e con otto successi all'attivo, l'unica competizione in cui fece meglio del padre fu l'Olimpiade: ad Atene 2004 Axel fu bronzo, mentre Eddy fu dodicesimo ai Giochi di Tokyo del 1964 (allora riservati ai dilettanti). Oggi è direttore sportivo della Hagens Berman Jayco: qui il video in cui dalle strade del Giro Next Gen da gli auguri al padre.
 

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