Cordiano Dagnoni raccoglie il testimone da Renato Di Rocco nel 2021 © Federciclismo
Lo Stendino di Gambino

Cinque personaggi in cerca d'autore

Manca ancora un po' di tempo alle prossime elezioni della Federciclismo, ma la contesa si annuncia spettacolare se i nomi in campo saranno effettivamente quelli ventilati al momento

14.12.2023 14:37

Il prossimo 5 novembre gli Stati Uniti d'America saranno chiamati alle urne per eleggere quello che, di fatto, sarà, per i successivi quattro anni, l'uomo più potente del mondo. A poco meno di 11 mesi da questo scontro tra titani l'interesse per questo evento non ha ancora preso quota. Quattro mesi dopo le presidenziali americane, il mondo della bicicletta italica sarà chiamato a scegliere la sua guida per il quadriennio olimpico 2025- 2028. Al contrario della contesa a stelle e strisce, questa sfida è giù entrata nel vivo.

A prima vista, la lotta apparirebbe essere una partita a due tra l'attuale presidente, il milanese Cordiano Dagnoni, e colui che, dopo avergli dato filo da torcere in occasione delle ultime elezioni, ha assunto in tempi recenti il ruolo di leader dell'opposizione: il padovano Silvio Martinello, campione olimpico nella corsa a punti ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996. Al contrario del consolidato modello statunitense, in cui all'atto pratico non esiste possibilità d'essere eletti se non candidati da uno dei due grandi partiti istituzionali, il sistema elettorale della Federciclismo lascia spazio a terze forze. Ne consegue che, a 15 mesi dalla scadenza, ci sono almeno cinque personaggi, tutti estremamente influenti nel mondo delle due ruote, che sperano di occupare la poltrona che un tempo fu del leggendario Adriano Rodoni, il presidentissimo per eccellenza.

Di Dagnoni e Martinello si è già scritto. La loro rivalità ricorda quella tra due sommi campioni del pugilato a cavallo tra gli anni settanta e ottanta: lo statunitense Sugar Ray Leonard e il panamense Roberto Duran. Quest'ultimo, alle operazioni di peso precedente la loro terza sfida, si limitò a dire all'olimpionico di Montreal 1976 “Me non like you” in un inglese tanto maccheronico quanto esplicativo. La polarizzazione delle posizioni dei due antagonisti, unita all'oggettiva possibilità che essa alimenti una sanguinosa guerra civile all'interno del movimento, ha generato uno spazio per altri candidati che potrebbero, almeno a parole, assumere le vesti di pacificatori urbi et orbi.

Il terzo nome che emerge è lo stesso dell'ultima tornata elettorale. Daniela Isetti, salsese doc, sembrava quattro anni fa essere la designata a succedere a Renato Di Rocco. Gli indizi che volevano la Maria Luigia del III millennio favorita alla successione erano talmente forti da indurre Martinello a concentrare su di lei le sue attenzioni. Il tardivo cambio di cavallo in corsa del presidente uscente spiazzò non solo il grande pistard padovano ma anche colei che, a ragione o torto, si riteneva la sua delfina.

A garantire che le prossime elezioni federali non siano una riproposizione in chiave ciclistica del triello finale de Il buono, il brutto e il cattivo, dovrebbe essere la ventilata discesa in campo di due autentici mattatori del mondo delle due ruote: Mauro Vegni e Davide Cassani. Il primo, senese di nascita ma a tutti gli effetti romano, si sta avvicinando alla chiusura della sua lunga direzione del Giro d'Italia. Logicamente è in cerca di qualcosa da fare da grande e, forte del sostegno di RCS, azionista di maggioranza del ciclismo italiano, pone in modo autorevole la sua candidatura. Il solarolese Cassani, attualmente presidente dell'APT dell'Emilia Romagna, è per molti versi il mattatore del movimento nell'ultimo trentennio, avendo ricoperto diversi ruoli di grandissimo prestigio al punto d'essere diventato per molti, in Italia ma anche all'estero, un punto di riferimento imprescindibile.

La sfida che prenderà corpo nei prossimi mesi è, probabilmente, la più autorevole nella storia d'una singola federazione sportiva in seno al CONI. Al di là dei nomi in gioco, tutti autorevoli,  emerge lampante la necessità che chi verrà eletto sappia anteporre in modo inequivocabile il bene della Federciclismo a ogni interesse personale. Ed è qui che, purtroppo, tra il dire e i fare in Italia c'è sempre di mezzo un oceano.

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