Mauro Vegni, direttore del Giro d'Italia © RCS Sport
L'Artiglio di Gaviglio

Se Mauro Vegni vi invita ad una festa, non andateci!

Vatti a fidare di Monsieur Limorté: annuncia in pompa magna la Forcola di Livigno ma poi deve stravolgere la tappa regina del Giro perché gli svizzeri non autorizzano il passaggio su quella salita: ma sentirli prima, no?

09.03.2024 07:30

«Oh ragazzi non potete capire che villone pazzesco ha il mio vicino di casa: piscina, spa, area barbecue, campo da beach volley, tavernetta… dobbiamo proprio organizzarci una festa, una di queste sere! Se lui è d'accordo? Ma ceeeeeerto, vedrete che ce la lascia senza problemi. Garantisco io!».

Ecco, se un vostro amico, un giorno, dovesse farvi una proposta del genere, diffidate dell'invito. Soprattutto se quell'amico è Mauro Vegni! A due mesi dalla partenza del Giro d'Italia, infatti, RCS Sport se n'è già uscita con il primo stravolgimento del percorso. E a farne le spese non è stata una tappa qualunque, bensì quella regina, che il 19 maggio porterà la carovana da Manerba del Garda alla vetta al Mottolino, sopra Livigno. E per carità, sempre al Mottolino si arriverà, ma senza più aver prima scalato la lunghissima, temutissima e strombazzatissima, in sede di presentazione del percorso, salita della Forcola.

Sarebbe stato troppo bello, vero? E invece si salirà dal ben più pedalabile Passo di Foscagno, preceduto – e anche questa è una novità dell'ultim’ora – da un passaggio sul Mortirolo: comunque non dal suo mitologico versante di Mazzo, bensì da quello, più morbido, di Monno. Che presenta pur sempre un paio di chilometri con pendenze in doppia cifra, ma il punto non è nemmeno stabilire se questa nuova versione della 15esima tappa sia meglio o peggio dell'originale. Il punto è l'ennesima figura barbina fatta da RCS Sport che, prima, annuncia in pompa magna la Forcola e, poi, se la rimangia con apparente disinvoltura a due mesi dalla partenza del Giro.

Una figuraccia incredibile a 10 mesi dall'affaire Gran San Bernardo

La tappa del Gran San Bernardo 2023

Una figura barbina che si sarebbe potuta benissimo evitare, ed è soprattutto questo che ci manda ai matti. Perché la Forcola non sarà intransitabile per colpa di una frana o della caduta di massi dalla montagna. Questa, se mai, è la sorte che potrebbe toccare all'arrivo ai Prati di Tivo: cosa che quindi, se la legge di Murphy ci ha insegnato qualcosa, puntualmente si verificherà. No: semplicemente, la Forcola non si farà perché è una strada sconfinante in territorio svizzero, che le autorità locali non hanno nessuna intenzione di liberare dalla neve e di mettere in sicurezza per tempo. Il motivo? Costerebbe troppo.

A dire di no è stato il Dipartimento infrastrutture, energia e mobilità del Canton Grigioni, secondo cui assicurare il passaggio della corsa sulla Forcola a maggio «comporterebbe un onere spropositato». E quindi, ciccia: parere negativo alla richiesta di transito da parte di RCS Sport. Ora, già così la vicenda avrebbe dell'incredibile perché, giusto per tornare all'esempio da cui eravamo partiti, non si invita qualcuno ad una festa senza avere prima incassato l'ok del padrone di casa.

Ma la leggerezza diventa ancora più imperdonabile se pensiamo al pastrocchio che era già successo non più tardi di dieci mesi fa, al Giro 2023 quando in extremis, e sostanzialmente per gli stessi motivi, la Svizzera aveva negato il passaggio sul Gran San Bernardo, mutilando l'attesissima tappa di Crans Montana e facendo pure incacchiare non poco i valdostani, dalle cui strade la corsa sarebbe dovuta partire.

Come diavolo è stato possibile, dunque, ufficializzare un percorso che aveva proprio nella scalata alla Forcola il suo momento clou, senza avere avuto prima le necessarie assicurazioni, da parte delle autorità competenti, sull’effettiva fattibilità di tale passaggio? Tanto più con un precedente così fresco, che ancora faceva male e che avrebbe dovuto mettere in guardia gli organizzatori?

E nel percorso ci saranno anche altre modifiche di un certo rilievo

E il bello è che non è nemmeno finita qua, perché, oltre alla 15esima, cambieranno significativamente anche le caratteristiche della prima, della sesta e della 12esima tappa: alla frazione inaugurale è stato aggiunto lo strappo di San Vito a 3 km dall’arrivo di Torino; quella degli sterrati, probabilmente proprio in ragione delle feroci critiche per un percorso apparso decisamente moscio, è stata arricchita della salita a Volterra e di una rampa al 20% nei pressi del traguardo di Rapolano; e infine la tappa di Fano, copia sbiadita di altre ben più avvincenti frazioni tracciate sui muri marchigiani, vedrà l’avvicendamento del Gpm di San Costanzo con quello di Monte Giove, allungandosi pure di qualche chilometro.

In tutti questi casi, a differenza della Forcola, la scelta di intervenire sul percorso è stata dettata da valutazioni di ordine tecnico, e non imposta da fattori esterni: un ravvedimento, quindi, per certi versi anche apprezzabile, ma che a sua volta denota l’eccessiva superficialità con cui era stato annunciato il percorso ad ottobre. 

Certo, comprendiamo la necessità di presentare il Giro d’Italia il prima possibile per attrarre quanti più corridori di livello, ma allora non sarebbe meglio fare come i cugini francesi che, dal disvelamento del percorso generale alla presentazione dettagliata di tutte le altimetrie del Tour de France, si prendono qualche altro mese di tempo? In questo modo, quantomeno, RCS Sport avrebbe avuto maggiore agio nel ritarare il disegno di certe frazioni, senza per questo apparire in balìa degli eventi e dell’improvvisazione. Dopodiché, per quanto riguarda il pasticcio della Forcola, siamo a tali vette di tafazzismo rispetto alle quali non ci resta altro da fare che alzare le braccia al cielo.

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