Donne Élite

Tra Fedeli e Paternoster il comandamento è la vittoria

26.04.2018 10:32

GP Liberazione, il veronese trionfa con un assolo. Prima vittoria tra le grandi per la trentina


Anche per questa stagione il 25 aprile ciclistico a Roma ha potuto far rima con Gran Premio Liberazione. Sembra incredibile dover ribadire ancora una volta un qualcosa di ovvio, dal momento che una delle classicissime del calendario nazionale e internazionale per quel che concerne gli Under 23 (e che da tre stagioni ha aggiunto l’ottimo abbinamento con la gara femminile del mattino) ha rischiato per l’ennesima volta di non essere disputata. Una situazione che si trascina ormai da alcune stagioni, specialmente dopo la scomparsa del patron storico della Primavera Ciclistica (società organizzatrice dell’evento), vale a dire Eugenio Bomboni.

Le difficoltà economiche, sempre superate in qualche modo nelle ultime annate (anche grazie all’interessamento dell’ex ministro dello Sport Luca Lotti) ma che comunque hanno fatto vivere (e, si spera, non continuino a far vivere) nell’incertezza tutte le forze (team e addetti ai lavori) interessate, hanno però avuto strascichi importanti, che sicuramente dovranno fare molto riflettere in futuro.

Un’edizione (quasi) senza top team italiani: in tanti disertano
L’annoso tira e molla che ha rischiato di far saltare l’appuntamento per contenziosi legati all’organizzazione e che ha portato agli annunci ufficiali della Primavera Ciclistica (prima l’annullamento, poi la regolare disputa della gara), ha indubbiamente fatto sì che nel movimento dilettantistico italiano in molti si siano domandati se abbia senso continuare ad andare avanti così, tra oggettive difficoltà che mettono in dubbio la pianificazione delle varie squadre, che in condizioni normali farebbero a gara per aver garantito un posto in una simile gara.

Così, di fronte al nuovo concreto pericolo di cancellazione e ad altre questioni logistiche che continuano a non soddisfare in molti (tra cui sembra tener particolarmente banco quella dei rimborsi spesa, garantiti solo a certe condizioni), la maggior parte delle formazioni di riferimento del nostro dilettantismo ha preferito puntare i piedi e mettere in scena una diserzione di massa dall’appuntamento, almeno per questa edizione 2018. Niente Colpack (vincitrice uscente con Seid Lizde), niente Zalf, niente Palazzago, General Store, Viris Maserati, Delio Gallina e tante altre. Un segnale forte su cui occorrerà riflettere e sedersi attorno ad un tavolo in futuro, per fare in modo che la gara (che comunque ha avuto, specialmente a livello di team stranieri, un’adeguata partecipazione anche quest’anno) possa avere al via tutto il meglio del ciclismo Under 23 nostrano e non solo, evitando così di dar luogo ad edizioni monche nella start list che finiscono per non giovare a nessuno.

Partono in 111, fuggitivi protagonisti nella prima parte
Fatta la doverosa premessa, si può dar spazio alla cronaca: sono stati 111 i corridori (distribuiti in 21 formazioni) a prendere il via del 73esimo Gran Premio Liberazione, svoltosi in una giornata dal clima ampiamente primaverile nel collaudato circuito delle Terme di Caracalla (6 chilometri da percorrere 23 volte per complessivi 138 chilometri). Dopo un iniziale tentativo operato da Mattia Bevilacqua della Petroli Firenze e dallo svizzero Damian Lucher della Swiss Racing Academy (andati via nel corso del terzo giro, con un vantaggio massimo di una ventina di secondi), è stata un’altra coppia ad animare decisamente la gara: nel corso del settimo giro si sono infatti portati al comando il francese Robin Meyer (Amical Velo Club Aixois) e Simone Sanò (Overall FGM Tre Colli), andati via di comune accordo da un gruppo in cui cominciavano a registrarsi varie schermaglie e capaci di guadagnare fino a 1’05” di vantaggio.

Alle loro spalle sono poi usciti in 5 all’inseguimento: il campione marocchino Abderrahim Zahiri (Trevigiani), Luca Colnaghi (Sangemini), Ziga Horvat (Slovenia) e la coppia della Petroli costituita dall’inesauribile Bevilacqua e da Leonardo Fedrigo. L’inseguimento del quintetto ha avuto buon gioco nel corso dell’undicesimo giro e al gruppo di sette al comando si è poi aggiunto anche un bravissimo Michel Piccot: il valdostano della Biesse Carrera Gavardo, già brillante secondo nel 2017, è uscito tutto solo all’inseguimento dei primi, riuscendo a riportarsi nel drappello di testa.

La Gran Bretagna chiude sulla fuga, Fedeli dà avvio allo show
Data la variegata composizione del drappello di testa (a cui ha tentato di agganciarsi invano anche Nicolas Nesi della Maltinti), con il vantaggio arrivato spesso a sfiorare il minuto, era lecito attendersi una reazione veemente dal gruppo, sebbene non fossero tante le formazioni attrezzate per orchestrare l’inseguimento. A prendere decisamente le redini nel plotone è stata così la nazionale britannica, che tra le sue file schierava Gabriel Cullaigh, uno dei velocisti più temuti nonché recente vincitore di una gara Open in Gran Bretagna (oltre a due tappe della Volta Alentejo in questo 2018).

L’inseguimento britannico, iniziato a circa 8 giri dalla conclusione e con le maglie della Trevigiani subito dietro e pronte all’azione, si è concretizzato nel corso del diciottesimo giro (-5 tornate alla conclusione), quando la fuga, che già aveva perso alcuni pezzi (Fedrigo, vittima dei crampi, e l’esausto Piccot) è stata riassorbita. A quel punto, con le carte inevitabilmente rimescolate, gli atleti della Trevigiani hanno potuto mettere in atto il blitz utile per evitare quella conclusione allo sprint che nelle ultime stagioni si è fatta sempre meno probabile. Per farlo si è mosso il corridore di maggior spicco schierato al via: il veronese Alessandro Fedeli. L’atleta di Negrar, vincitore in maglia Colpack di una splendida tappa al Giro della Valle d’Aosta dello scorso anno, ha attaccato una prima volta a quattro giri dal termine e poi, con più veemenza, nella tornata successiva (a circa 20 chilometri dall’arrivo).

Fedeli diventa imprendibile, per Jerman e Cullaigh i restanti gradini del podio
Per lunghi tratti il suo vantaggio si è attestato sempre attorno ai 20”, nei confronti di un assortito drappello inseguitore di ben 15 unità (presenti, oltre ai maggiori velocisti come Jerman, Cullaigh e Kulikovski, anche Colnaghi, Nesi, Garavaglia e Konychev, oltre a Mazzucco e Zana, pronti a fare buona guardia). L’ultimo giro però ha fatto sì che Fedeli potesse concretamente andare a prendersi la vittoria: dopo essere transitato con 18”, l’atleta della Trevigiani ha via via incrementato il proprio vantaggio, cresciuto dapprima a 30” e poi fino a 50”, a certificare un assolo coronato splendidamente con la vittoria.

Fedeli è così giunto tutto solo sul traguardo, godendosi le ultime pedalate e sollevando la bici quasi con fare rabbioso appena superata la linea, per celebrare la seconda vittoria stagionale (lo scorso 7 aprile si era aggiudicato il Trofeo Edil C a Collecchio, grazie ad un altro colpo di mano) e soprattutto ribadire (lo farà nell’intervista del dopo gara) come l’esclusione della Trevigiani dal prossimo Giro Under 23 non sia stata affatto digerita. A 45” è giunto il drappello inseguitore, con lo sloveno Ziga Jerman, vincitore in stagione della Gand-Wevelgem U23, costretto ad accontentarsi di vincere la volata per la seconda piazza, anticipando l’atteso Cullaigh. Ottima prestazione per il toscano Nesi, quarto davanti all’interessante Fabio Mazzucco, altro Trevigiani che al primo anno nella categoria è riuscito a centrare la top five. Raul Colombo (Gavardo), Riccardo Angiulli (Overall), Alexander Konychev (Petroli Firenze), Luca Colnaghi (Sangemini) e Filippo Zana (Trevigiani) hanno poi completato le posizioni fino alla decima.



Nel Liberazione Pink la prima di Letizia Paternoster
Ad aprire la giornata, come ormai accade da tre stagioni, è stato il Gran Premio Liberazione Pink, la cui disputa non è mai stata in dubbio (l’organizzazione era a cura della Cicli Lazzaretti) e che in futuro meriterebbe di fare un ulteriore salto di qualità (sia aumentando la partecipazione internazionale, sia magari pensando di avvicinare ancor di più l’appuntamento al Giro della Campania in Rosa, a garantire una bellissima vetrina di ciclismo femminile nel Centro e Sud Italia).

Molti si sarebbero aspettati l’ennesima riconferma da profeta in patria di Marta Bastianelli, vincitrice delle prime due edizioni e fin qui reduce da un avvio di 2018 a dir poco strepitoso (ben 5 i successi ottenuti finora) ma il pubblico ha comunque avuto validi motivi per poter applaudire, dal momento che il successo è andato a Letizia Paternoster, alla prima affermazione nella massima categoria dopo uno sterminato curriculum di successi giovanili tra strada e pista: per la trentina l’ennesima conferma di un talento cristallino.

Corsa con pochi sussulti, la Leleivyte ispira l’azione decisiva
I 96 chilometri della prova femminile (16 le tornate da percorrere) sono scivolati via senza particolari sussulti, con il gruppo pian piano assottigliatosi senza che si riuscisse a dar conto di tentativi di fuga significativi, anche grazie al controllo operato dalle formazioni principali. Così, quando ormai l’opzione della volata a ranghi più o meno compatti sembrava ancora la più probabile, è stata la lituana Rasa Leleivyte, già seconda lo scorso anno, ad attaccare con decisione sfruttando l’ultimo tratto in salita nell’ultimo chilometro. L’azione dell’atleta dell’Aromitalia-Vaiano è stata ben orchestrata, tanto da suggerire ad altre quattro atlete di assecondarla: con lei si sono avvantaggiate Maria Giulia Confalonieri del Team Valcar, Letizia Paternoster dell’Astana Women, la russa Diana Klimova (in gara con la propria nazionale) e Nadia Quagliotto della Top Girls).

Al quintetto è bastata una manciata di secondi per sorprendere le inseguitrici e così, sul rettilineo conclusivo, sono state proprio loro a giocarsi il successo: la Leleivyte ha cercato di lanciare lungo lo sprint ma nulla ha potuto contro l’autorevole sprint della Paternoster, uscita velocissima e andata così a prendersi la prima vittoria tra le Élite, dopo che nelle scorse settimane era riuscita già ad arrivare decima nella Gand-Wevelgem. Seconda posizione per la sempre costante Confalonieri mentre la Leleivyte ha chiuso nuovamente sul podio (stavolta terza) davanti a Klimova e Quagliotto (ancora bene la trevigiana, reduce dal secondo posto ottenuto al Giro di Campania). A 7” è giunto il gruppo inseguitore, regolato allo sprint da Rachele Barbieri (unica atleta Wiggle presente e abbinatasi pertanto alla Chirio-Forno d’Asolo), che ha preceduto Martina Alzini (Astana), Elisa Balsamo (Valcar), Maria Vittoria Sperotto (BePink) e Debora Silvestri (Eurotarget Bianchi Vitasana).

Notizia di esempio
La zampata di Giorgia Bronzini, sua la prima tappa del Tour of Chongming Island