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Nibali, dopo la sofferenza un riscatto da campione

27.05.2016 19:45

Giorni di dubbi, di critiche, di pensieri pesanti. Ma Vincenzo è un corridore diverso da tutti gli altri, e oggi l'ha dimostrato


Vincenzo io ti ammazzerò. Non si può fare quello che tu fai a milioni di tifosi e appassionati, non si può esporli a un simile ottovolante di emozioni, è troppo, sinceramente troppo. Le coronarie hanno un prezzo, ma tu a quanto pare te ne freghi. Te ne freghi e attacchi quando non hai gambe, poi perdi la testa, poi te ne vai nel panico, poi parte lo psicodramma e noi tutti lì, a pendere da una smorfia, da una mezza parola, da uno sguardo, da una stilla di sudore in più o in meno, sta bene sta male, non ce la fa, si ritira, no va avanti, non va avanti, è in crisi, è finito, è scoppiato, forse ce la fa, ma quando mai, ha sbagliato la preparazione, ha sbagliato il preparatore, ha sbagliato le pedivelle, ha sbagliato a parlare e ha sbagliato a non parlare, ha sbagliato qualsiasi cosa faccia.

E si percepisce il rollio dentro la tua testa, non ci capisci niente neanche tu, non si spiega perché le cose vadano in un modo anziché nell'altro, non si comprende com'è che non va, non va, tutto va ma non va, i dati fisici sono buoni, ma non si tramutano in risultati. E passano i giorni, la fine della corsa si avvicina, i pensieri si addensano sempre più impenetrabili, l'indistinto brusio si trasforma in un vociare sempre più inascoltabile intorno a te, ed è lì che forse torna l'istinto primordiale, quello che ti fa tornare a fregartene e ad attaccare, che ti dice di lasciare le menate e di metterti a lottare, contro te stesso e i fantasmi che ti porti dentro, contro chi non aspetta altro che di vederti nella polvere per il sadico e forse meschino gusto di un "l'avevo detto io", contro gli avversari che forse non capiscono bene con chi hanno a che fare, perché per Vincenzo Nibali non è finita finché non è finita, come ti titolammo una volta che poi perdesti la Vuelta, ma che importa. Si vince, si perde, si cade e ci si rialza, che c'è di strano?

Oggi Nibali non ha solo vinto una tappa del Giro d'Italia, l'ha vinta alla sua maniera, giocando al tutto o niente, ha riaperto la corsa come solo i grandi campioni sanno fare, ha rimesso tutto in discussione, la classifica, le convinzioni dei rivali, le certezze dei detrattori, tutto torna a zero, e si riparte, domani, per un nuovo capitolo di quest'avventura che assume i tratti dell'incredibile.

Cinque minuti di ritardo dalla maglia rosa, o poco meno, addirittura pareva una chimera il podio, alla partenza da Pinerolo; precisiamo: pareva una chimera per chi Vincenzo non lo conosce bene, o per chi non ha la memoria a posto e non ricorda quanto questo ragazzo sia disposto a soffrire, qual è il grado di dolore che riesce a sopportare, pur di non mollare, pur di giocarsela fino in fondo, fino all'ultima gocciolina di energia. E oggi le nostre videoteche mentali si arricchiscono di un ricordo destinato a resistere agli anni, un altro ricordo indelebile che ci regala un atleta dalla fantasia inesauribile, dalla caparbietà ferrea, dal futuro ancora pieno di cose e sorrisi.

E la dedica all'arrivo di Risoul per un giovanissimo amico, un piccolo pedalatore quattordicenne stroncato poche settimane fa da un incidente in bici, rubato da un maledetto camion, un ragazzino della sua squadra giovanile a Messina, e ancora le lacrime dopo il traguardo, le lacrime che contenevano tutto, la disperazione dei momenti bui, la rinascita, il riscatto. Che altro si può aggiungere a un simile turbinio emotivo? Niente, solo grazie. Comunque vada, solo grazie.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!