Professionisti

Julian, non finisce con la maglia a pois

04.08.2018 17:45

Alaphilippe batte Mollema nella "sua" San Sebastian e mette la seconda classica in carniere. Una maxicaduta condiziona la (scialba) gara: ne fa le spese Bernal


La Clasica di San Sebastian non sta vivendo uno dei momenti più felici della sua breve storia. Una corsa relativamente giovane, neanche quaranta edizioni, che però tra entusiasmo basco di fine anni ’90 e Coppa del Mondo è presto diventata un emblema del calendario internazionale, la corsa post-Tour per eccellenza. L’avvento del World Tour, per questa e per altre classiche agostane è stato uno shock, che ha portato nei primi tre anni un tris di vincitori non proprio memorabili come Tino Zaballa, Xabier Florencio (memorabile l’imbarazzo di Bulbarelli all’epoca nell’individuare quale corridore della Boygues Telecom avrebbe potuto vincere una volata di gruppo) e Leonardo Bertagnolli. Poi la corsa ha ritrovato la sua dimensione dei grandi protagonisti, grazie anche a belle vittorie come quella di Gilbert nel 2011 o di Gallopin nel 2013, ma si ritrovava, costretta dal ciclismo moderno, a cambiar pelle, trovandosi con un percorso duro ma non abbastanza selettivo. Lo Jaizkibel che aveva lanciato i principali vincitori degli anni ’90 diventava sempre più modesto nel bilancio della corsa.

Così si inserirono nuove salite, si raddoppiò lo Jaizkibel, le si provò tutte. Fino all’ultima scelta, quella che ha definitivamente snaturato la corsa:  l’ingresso nel 2014 del muro di Tontorra, posto a 8 km dall’arrivo, che ha definitivamente trasformato una corsa sempre sul filo dell’incertezza in una corsa cristallizzata sull’attesa di un’unica salita. Quello che poteva diventare la Sanremo se fosse stata introdotta la Pompeiana. E questo ha ridotto decisamente l’appeal della corsa, almeno per il pubblico. Come se ciò non bastasse, negli ultimi anni sono balzati agli onori delle cronache anche le carenze organizzative: emblematica la disastrosa edizione 2015, con la totale assenza di immagini televisive, la moto che abbatte Greg Van Avermaet lanciato verso il successo ed Adam Yates vincitore “a sua insaputa”. L’edizione 2018 non verrà granché ricordata, neanche questa volta, per l’esito sportivo, con un Julian Alaphilippe in forma splendida post-Tour che si impone su un fidelizzato Bauke Mollema, quanto per l’improvvisa maxi-caduta a 20 km dall’arrivo, cosa decisamente insolita da vedere in una classica, che ha deciso in negativo le sorti della gara per molti protagonisti. Per alcuni, come per lo sfortunato Egan Bernal, anche quelle del resto della stagione, specialmente in ottica mondiale.

In fuga le primizie locali
Il gran caldo che attanaglia in questi giorni l’Europa non risparmia San Sebastian, sebbene si sia ben lontani in gradi dalle sofferenze della Volta ao Portugal costretta a tagliare la sua tappa regina. Alla partenza da San Sebastian viene subito lasciata andar via una fuga di 6 corridori, dei quali ben 3 appartenenti alla locale Euskadi-Murias: Aritz Bagues, Sergio RodrÍguez ed il francese Cyril Barthe. Con loro, gli atleti di altre 3 delle formazioni dotate di wild-card: Pablo Torres (Burgos-BH), LluÍs Mas (Caja Rural) e Loic Chetout (Cofidis), basco anch’egli giacché originario di Bayonne. I 6, sollecitati da Torres e Bagues, viaggiano di comune accordo arrivando ad un vantaggio massimo di 7’35” dopo 80 km, col gruppo controllato dagli uomini della LottoNL-Jumbo, una delle squadre meglio attrezzate oggi. Il vantaggio comincia a calare dopo la metà gara, sul primo scollinamento allo Jaizkibel, che vede un tentativo velleitario di Hermann Pernsteiner (Bahrain – Merida) e Jorge Cubero (Burgos – BH).

Corsa addormentata sullo Jaizkibel
Durante il primo giro del circuito Jaizkibel – Arkale sembra che qualcosa possa animarsi: la fuga va già verso l’esaurimento, ed in gruppo c’è inquietudine. I Movistar, non avendo una punta essendo orfani di Valverde, son decisi a portare in campo l’entropia, muovendo in tal senso Mikel Landa che prova ad evadere senza successo con una decina di altri atleti a 77 km dall’arrivo. Sull’Alto de Arkale è invece un altro protagonista del Tour a fare il forcing, Steven Krujiswijk (LottoNL-Jumbo), il quale cerca di imporre un passo adeguato a far selezione. Ancora la Movistar allo scollinare prova a muoversi con Winner Anacona, il quale resta un po’ allo scoperto per poi desistere. Sembra il preludio ad una corsa che si fa interessante, invece sul secondo passaggio sullo Jaizkibel non succede assolutamente nulla. La Sky si mette in testa a condurre un ritmo abbastanza blando, mentre molti dei protagonisti, approfittando del vento contrario, restano comodi e arretrati nella pancia del gruppo. Sulla salita basca c’è spazio per mettere in evidenza il giovane Cyril Barthe, che resta in testa da solo sin dalle prime rampe della salita: il neoprofessionista 22enne, velocista con resistenza messosi in luce con alcune buone prestazioni in corse minori portoghese, conferma al suo primo appuntamento col grande pubblico di avere una buona stoffa, scollinando ancora in testa e resistendo ancora a lungo alla rimonta del gruppo, il quale a dire la verità non si disimpegna più di tanto.

Il crac ai -20: parte tutto da una distrazione di King
Si torna a competere verso la seconda scalata ad Arkale, a 38 km dall’arrivo: ci riprova Anacona, stavolta seguito da Ian Boswell (Katusha) e Kanstantin Siutsou (Bahrain-Merida); Barthe viene definitivamente ripreso. Dopo questa azione, è ancora Kruijswijk ad alzare l’andatura, operando la prima vera selezione della corsa: ne fa le spese tra gli altri Miguel Angel Lopez (Astana), al ritorno alle corse dopo il podio al Giro d’Italia. Verso la cima si prodiga in uno scatto Pierre Latour (Ag2r La Mondiale), che promuove un tentativo con Pieter Serry (Quick Step), Atwan Tolhoek (LottoNL – Jumbo), Ben King e Igor Anton (Dimension Data), Jan Polanc (UAE Team Emirates) e Julian Bernard (Trek-Segafredo), presto ripresi dalle prime avvisaglie del gruppo. La situazione nelle fasi successive è contorta ma fluida, con Movistar e Astana che tentano, a più riprese ed invano, di portare via un attacco.

Poi, all’improvviso, il patatrac: ai -20  Ben King, che si ritrova in terza posizione del gruppo, si gira e si sbilancia, toccando Robert Gesink (LottoNL-Jumbo): Gesink resta in piedi, King no, e gran parte dei corridori dietro di lui, presi alla sprovvista, finiscono per cadere ai 50 km/h, in un carnaio che vede a terra almeno una ventina di corridori. Molti dei possibili protagonisti salutano qua ogni ambizione di gloria: da Tony Gallopin a Primoz Roglic, da Michael Matthews a Pierre Latour, nessuno di loro giungerà sul viale del traguardo. E questi sono coloro che non hanno subito conseguenze: quelli messi peggio sono due degli atleti di casa, il campione spagnolo Gorka Izagirre (Bahrain – Merida), incapace di alzarsi (ma per lui niente di rotto), Mikel Landa, alla fine portato via con collare e barella ed una diagnosi di trauma lombare, e soprattutto Egan Bernal (Sky), a lungo riverso per terra sul vialone dopo aver battuto: la diagnosi è di trauma cranico, sospetta frattura mascellare e perdita di denti. Insomma un bruttissimo incidente per il campioncino colombiano, al quale la prima stagione in Sky sta regalando tante gioie ma ancor più dolori, come la clavicola rotta al Catalunya ad un passo dal podio finale ed il volo nell’ammiraglia BMC durante la tappa di Roubaix al Tour de France.

Tontorra, olandesi all’attacco
Il gruppo resta un po’ stordito dall’insolita caduta, e di fatto fino all’imbocco della strada che porta alla salita di Tontorra non succede nulla. Anche qui, altra caduta, con Pavel Kotchenkov (Katusha) che si tocca e va a sbattere. Gli Astana provano a tenere alta l’andatura prima che la salita si faccia difficile, ma quando si entra nei terribili 2 km finali, con pendenza media all’11% e punte al 22%, si eclissano lasciando spazio all’attacco di Atwan Tolhoek, che risponde così all’inevitabile stravolgimento di piani per la LottoNL-Jumbo. Una bella progressione per il giovane scalatore, alla ruota del quale riesce a riportarsi un buon Rudy Molard (Groupama-FDJ); l’attacco fa danni, ma i migliori si tengono il colpo in canna per gli ultimi 400 metri di salita. È qui che parte di potenza Bauke Mollema (Trek-Segafredo), il vincitore 2016; un Julian Alaphilippe (Quick Step) finora sornione fiuta l’azione buona e prima che termini la salita, riesce ad agganciare l’olandese. Sul falso piano che precede la discesa il duo riesce subito a portare il suo margine a 30”, restringendo definitivamente ai due atleti i giochi per il successo finale.

Finale senza storia. 3° il campione francese Roux
Sul finale, c’è ben poco da dire. Alaphilippe detta le sue solite linee in discesa; Mollema non può far altro che stargli a ruota e provare a giocarsi il successo alla fine, ma anche in termini di velocità non può competere col francese. Alaphilippe parte davanti e conquista la sua seconda classica da professionista, dopo la Freccia Vallone conquistata in primavera: con la maglia a pois e le due vittorie al Tour questa stagione per lui può già dirsi sontuosa, anche se tra Mondiale e Lombardia è tutt’altro che finita.
A 16”, un gruppo di nove atleti arriva a giocarsi il terzo posto: su Molard e Tolhoek si sono portati prima Ion Izagirre (Bahrain – Merida) e Van Avermaet (BMC), poi altri 5. Tra questi, il fresco campione francese Anthony Roux (Groupama – FDJ), che nonostante l’esclusione al Tour ha la gamba per prendersi il podio: un risultato sorprendente fino ad un certo punto, considerando che in questa corsa Roux è sempre stato tra i primissimi negli ultimi 5 anni, arrivando al 7° l’anno scorso. Fuori dal podio Greg Van Avermaet, per cui vale ancora una volta l’etichetta di corsa maledetta (ci è salito solo nel lontano 2011), mentre quinto si piazza un altro francese inatteso, Julian Simon (Cofidis). Al sesto posto, ritroviamo con piacere Rigoberto Uran (EF Education First), dopo essersi leccato le ferite del Tour, e a Ion Izagirre segue un trio di uomini della LottoNL-Jumbo: Robert Gesink, Kruijswijk e Tolhoek nell’ordine. Vista la gran prova dei suoi olandesi, Roglic e Plugge si mangiano ancor di più le mani per come è andata; chiude undicesimo a 20” Rudy Molard, che ha tirato la volata a Roux. 12esimo a 43” invece una delle delusioni di giornata, Daniel Martin, riuscito nella cosa per lui più difficile (scampare alle cadute) ma non in un risultato abbordabile. Non meglio il suo vice Diego Ulissi, uno dei tre italiani all’arrivo, 17esimo nel drappello a 51”; gli altri due sono Dario Cataldo (Astana), 61esimo dopo esser rimasto al fianco di Lopez, ed il neoprofessionista Matteo Fabbro (Katusha), 71esimo a 9’21”; scarna comunque la presenza dei nostri, che partivano solo in 7.
Notizia di esempio
Tour de Pologne, a Cracovia volata dominante di Ackermann. Terzo Trentin, quarto Nizzolo