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Diego Ulissi: «Il percorso olimpico è veramente duro»

03.12.2019 15:28

Il vincitore del test event di Tokyo si racconta in vista della prossima stagione, che sarà ricca di appuntamenti sia con la UAE che con la nazionale


Diego Ulissi è uno dei pochi corridori contemporanei che nella sua carriera da professionista è sempre rimasto fedele alla stessa maglia: l'anno prossimo infatti, indosserà per l’undicesima volta di fila quella della UAE Team Emirates. Il toscano in questo 2019 che si sta chiudendo ha ottenuto quattro successi: il GP di Lugano, la seconda tappa e la classifica generale del Tour of Slovenia ed il test event di Tokyo 2020. Quest’ultima affermazione risulta importante in ottica futura dato che uno dei suoi principali desideri per la prossima annata risiede nella convocazione in nazionale sia ai Giochi Olimpici che al Campionato del Mondo. I percorsi, tanto quello nipponico a cinque cerchi che quello elvetico iridato, ben si adattano alle sue caratteristiche.

Per tutti i corridori, l’avvicinarsi dell’inverno segna la fine delle vacanze e la ripresa degli allenamenti. Come hai trascorso quest’ultimi due mesi?
«A metà ottobre ho terminato la stagione con Il Lombardia quindi qualche settimana dopo sono stato con la UAE negli Emirati Arabi e quest’occasione è stata molto utile per conoscere i nuovi compagni di squadra. Ci siamo divertiti parecchio stando assieme per sette giorni e siamo già diventati un gruppo affiatato. Ad inizio novembre mi sono goduto la famiglia ed ho trascorso diverse giornate con alcuni amici. Ormai sono già due settimane che ho ripreso gli allenamenti, ma questi giorni sono molto tranquilli perché il carico di lavoro è abbastanza leggero»

In queste settimane stai pedalando per le strade di Lugano con Fabio Aru. Come lo hai trovato?
«Sta bene ed è veramente felice, anche perché ad ottobre è diventato padre di Ginevra. Entrambi guardiamo con fiducia alla prossima stagione. Anche lui ha iniziato solo recentemente ad allenarsi e quindi dobbiamo ancora entrare nel vivo della preparazione vera e propria. Abitiamo a Lugano e molte volte pedaliamo assieme sulle strade di casa. Tra l’altro anche altri corridori professionisti risiedono nella nostra stessa città e quindi quando capita l’occasione ci piace allenarsi tutti insieme»

Quale sarà il tuo programma di dicembre?
«Per ogni corridore, l’ultimo mese dell’anno è molto importante perché deve partecipare al primo vero ritiro con tutta la sua squadra in vista della nuova stagione. Durante questo training camp, solitamente, si fanno degli allenamenti specifici per riprendere la forma fisica dopo il periodo delle vacanze. Noi della UAE andremo dieci giorni in Spagna e proprio in questa circostanza stileremo il programma delle corse che disputeremo nel 2020. Quando tornerò a casa sarà già il momento delle vacanze natalizie. Sia il giorno di Natale che l’ultimo dell’anno, come accade ormai da tempo, lo passerò con la mia famiglia e mangeremo insieme ai parenti»

Che giudizio dai alla tua stagione?
«Per me il 2019 è stato un anno molto buono. Sono stato costante per tutta la stagione, riuscendo anche a vincere quattro corse e a salire sul podio di gare importanti. Inoltre, mi ritengo soddisfatto perché ho concluso quest’annata al tredicesimo posto del ranking mondiale a testimonianza del fatto che il mio rendimento è stato costante»

Alla Flèche Wallonne per la prima volta sei salito sul podio di una classica delle Ardenne. Qual è il tuo ricordo di quegli ultimi interminabili 800 metri a Huy?
«Quando ripenso a quel giorno mi emoziono sempre. Ci sono moltissime persone a vedere queste corse primaverili ed essere lì a correrle è già una grande gioia. Quando inizio l’ultima ascesa del Muro di Huy non penso più nulla: nella mia mente ho solo il desiderio che arrivi il prima possibile l’arrivo, perché lo sforzo è talmente intenso e si prova una fatica veramente indescrivibile. In passato, anche se avevo fatto delle belle prestazioni, non ero mai stato in grado di tagliare la linea del traguardo nelle primissime posizioni perché non riuscivo ad essere davanti nel finale. Quest’anno ho preso in mano la situazione restando in testa al gruppo negli ultimi km ed ho fatto un’ottima scalata. Interpretando nel migliore dei modi il finale della Freccia sono riuscito nel mio intento di salire sul podio ed è stato un giorno speciale. Sono stato battuto solo da Alaphilippe e da Fuglsang che in quella settimana, ma anche in altri momenti della stagione, volavano e sono stati superiori»

A luglio hai vinto il test event di Tokyo 2020, che impressione ti sei fatto del percorso giapponese?
«Il tracciato è veramente molto duro, non c’è un metro di pianura lungo tutto il percorso. Le salite che si devono affrontare sono vere e lunghe. Non solo il monte Fuji presenta delle pendenze importanti ma anche l’ultima ascesa, posta ai meno 30 km dall'arrivo, è tosta perché è caratterizzata da alcuni tratti costanti oltre il 10%. Sarà proprio lungo quest’asperità che ci potrà essere l’azione decisiva. In estate ci sarà tantissima umidità che influirà non poco sul risultato finale della prova»

Uno dei tuoi obiettivi della prossima stagione, oltre a quello di far parte della spedizione olimpica, è quello di ottenere la convocazione per il mondiale di Martigny. Hai già parlato con il ct?
«Per quanto riguarda il Mondiale svizzero mi hanno informato che il percorso è tosto. Naturalmente tutti sognano di vestire la maglia azzurra sia ai Giochi Olimpici che al Mondiale, ma il mio primo pensiero è quello di andare forte e dimostrare di essere pronto per disputare una grande gara con la nazionale italiana. Infatti, se dovessi guadagnarmi la convocazione da parte di Davide Cassani sarà solo una conseguenza del mio stato forma»

Quali corse pensi di disputare nel 2020 con la maglia della UAE?
«I dettagli del mio programma di gare lo saprò solo tra qualche settimana durante il ritiro con la squadra. Di sicuro, come è accaduto negli ultimi quattro anni, inizierò la stagione a metà gennaio con il Tour Down Under. Successivamente, in primavera prenderò parte alle classiche delle Ardenne. Il crocevia della stagione però sarà quello di decidere se partecipare al Giro d’Italia oppure al Tour de France, perché da lì si snoderà tutta la mia seconda parte di annata»

In casa UAE in questa stagione è nata una stella: Tadej Pogacar
«Il suo rendimento ha sorpreso tutti. Mi ricordo che lo scorso anno durante il primo ritiro a dicembre, quando nessuno ancora lo conosceva, riusciva già a staccare l’intera squadra durante gli allenamenti. Sin da subito eravamo tutti rimasti stupiti della sua forza e nel corso del 2019 ha dimostrato di avere qualcosa di speciale. Deve rimanere con i piedi per terra ma è un ragazzo con la testa sulle spalle. Uno dei suoi pregi è la tranquillità, perché riesce sempre a lavorare molto bene grazie alla sua serenità. Sono convinto che riuscirà ad ottenere ottimi risultati e che farà una grandissima carriera»

L’anno prossimo passeranno professionisti numerose giovani promesse azzurre come Bagioli, Battistella e Dainese. Secondo te, quali sono i punti di forza e di debolezza del nostro movimento ciclistico giovanile?
«Il ciclismo italiano è in netta crescita e non vedo grandi debolezze. Lo stato di salute del nostro movimento è molto buono anche grazie all’ottimo lavoro che si sta compiendo a livello giovanile ed i risultati ottenuti in questi ultimi anni sia nelle categorie dilettantistiche che in quella professionistica ne sono la prova. I corridori che diventeranno professionisti nel 2020 sono tutti atleti molto importanti, ma poi nel mondo dei grandi subentreranno tanti aspetti che non dovranno sottovalutare. Per loro sarà fondamentale che si mettano in testa di resettare tutto e di ripartire da zero perché la vera carriera ciclistica la inizieranno l'anno prossimo»

Quali consigli daresti ad un ragazzo che volesse iniziare ad intraprendere la strada per cercare di diventare un professionista?
«Più che consigliare i ragazzi ci sarebbe da dare alcune indicazioni alle squadre giovanili che devono far praticare questo sport ai giovani in ambienti sicuri. Il problema numero uno è quello relativo alla sicurezza sulle strade ed i genitori vogliono avere la certezza di lasciare i propri figli in luoghi nei quali si possano allenare con grande tranquillità. Essendo anche io un genitore, mi metto nei panni di un padre che vede il proprio figlio incominciare a correre in bicicletta ed è naturale che, soprattutto inizialmente, ci sia un po’ di preoccupazione. Un giovane dovrebbe interpretare il ciclismo come un gioco perché è solo vivendo in maniera tranquilla e serena che potrà crescere meglio. In un secondo momento, quando inizierà a salire di categoria, il ragazzo dovrà comprendere che per raggiungere certi risultati deve fare tanti sacrifici e lavorare con grande costanza. Se da dilettante riuscirà ad essere competitivo, anche con un pizzico di fortuna, potrà passare professionista e da lì costruirsi la sua carriera»
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