Passaggio di consegne tra Gianni Bugno e Adam Hansen al sindacato internazionale © CPA
Editoriale

CPA, che tristezza le elezioni con candidato unico. E i ciclisti? Li rivedremo alla prossima Morbegno

Da ieri Adam Hansen è il nuovo presidente del sindacato internazionale dei corridori. Ci aspettavamo molta più partecipazione diretta, e invece l'australiano è stato il solo a presentarsi

18.03.2023 15:46

Adam Hansen a un certo punto della sua carriera presi a chiamarlo affettuosamente Adamantio, come la fantascientifica sostanza di cui erano fatti gli artigli di Wolverine nella saga degli X-Men. Del resto, uno che mette in fila venti (20!) grandi giri consecutivi, al ritmo di tre all'anno, senza saltarne uno per sei anni e due spezzoni (ovvero: dalla Vuelta 2011 al Giro 2018), come lo vuoi considerare se non un po' supereroe?

In un altro momento storico avrei sicuramente detto che i superpoteri alla Wolverine gli sarebbero sì serviti per il ruolo che andava a ricoprire, dato che da ieri pomeriggio Adam Hansen, australiano classe 1981, è il rappresentante mondiale dei corridori. Già sindacalista di comprovata passione (ha creato l'associazione corridori del suo paese), è stato eletto alla presidenza del CPA, ovvero l'Associazione Ciclisti Professionisti, quella internazionale, quella che fino a ieri era retta da Gianni Bugno, in sella da tre mandati, ovvero dal 2010.

Era un'elezione speciale in quanto la prima aperta anche al voto online e non limitata quindi alla partecipazione dei corridori (e corritrici, ricordiamo) che avevano la possibilità di presenziare all'assemblea tenuta in un hotel di Cornaredo. Tale misura (attuata tramite la creazione di un'app apposita) era stata particolarmente caldeggiata dai corridori stessi, stufi del sistema delle deleghe che determinava (e determina laddove usato, cioè praticamente ovunque nello sport) elezioni troppo controllabili da chi detiene le leve del potere, ciò conducendo per esempio alle interminabili satrapie che vediamo sempre attive nelle nostre federazioni.

Beh, tutto molto bello, anche il fatto che il presidente Bugno abbia effettivamente dato seguito all'impegno preso a suo tempo in tal senso (pungolato in questo dal suo rivale elettorale di quattro anni fa, David Millar). Tutto molto bello se non per un particolare: e cioè che Adam Hansen (che oggi tra le altre cose fa l'immobiliarista in Repubblica Ceca) ha vinto le elezioni senza aver dovuto sconfiggere nessuno. Per il semplice motivo che era l'unico candidato alla carica.

Riuscite a pensare a qualcosa di più mesto e decadente di un'elezione con un candidato unico? (Cioè, sicuramente ce ne saranno, di cose più meste e decadenti, ma passatemi l'iperbole). È una cosa mesta e decadente perché tale situazione non è frutto di una dittatura di stampo kimjonguniano, ma è molto più semplicemente figlia del disinteresse. Io - solito idealista scemo - mi sarei aspettato che qualche corridore magari a fine carriera, uno di quelli (ma anche una di quelle!) particolarmente attivi nel far sentire la propria voce via social, si candidasse. Che ci fosse una reale e leale competizione, che poi alla fine magari vincesse ugualmente Hansen (rispetto alla cui nascente presidenza non ho - non posso ancora avere! - nulla da eccepire), ma che tale passaggio fosse il culmine di un confronto che avrebbe potuto essere solo positivo per il movimento: più idee, più istanze, più proposte, più possibili soluzioni. Invece niente. Candidato unico, pacche sulle spalle, fine della storia.

La verità, temo, è che forse i ciclisti non hanno un grande interesse a essere rappresentati in un certo modo, a essere - arrivo a dire - parte realmente attiva delle dinamiche decisionali a cui preferiscono sottostare senza discutere più di tanto. Massì, fate voi, lasciateci solo pedalare. Salvo poi fare qualche sceneggiata quando capita, all'occorrenza. Ecco, a un sano confronto con le istituzioni preferiscono le sterili lamentele via social. A un vivere attivo, a 360°, la propria condizione lavorativa preferiscono il velleitarismo alla Morbegno (uno dei punti più bassi mai toccati dal sindacalismo nella declinazione ciclistica, e non fatemi tornare sui dettagli della vicenda - tanto li ricordate benissimo - perché mi ci incazzo ancora).

Certo che fare sindacalismo costa tempo e fatica, lo so bene, ma che su 1500 (o quanti sono) professionisti non ce ne sia nemmeno uno toccato dal sacro fuoco mi intristisce e non poco. Ecco perché - e chiudo il cerchio del ragionamento - scrivevo più su che non parlerò oggi di superpoteri alla Wolverine: semplicemente perché ad Hansen non servono. Non gli servono artigli in adamantio per affrontare le questioni calde riguardanti i corridori ciclisti. Gli serve giusto un po' di malleabilità per avere a che fare coi suoi rappresentati, un po' di paternalismo da usare nei loro confronti, un po' di faccia tosta per comparire in tv alla prossima Morbegno. Perché, statene certi, se questa è la sensibilità del gruppo, di quelle robacce ne vedremo ancora più di una.

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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!