Le prove a cronometro dei due Tour de France
Professionisti

Un Tour allergico alle crono e drogato di salite

Andiamo a vedere nel dettaglio pregi (non moltissimi) e difetti (i soliti noti) del percorso della prossima Grande Boucle, che sembra dimenticare l'epica del duello protagonista della passata edizione

28.10.2022 20:35

Non ci siamo certo risparmiati nell'evidenziare i tanti aspetti positivi del percorso del Tour de France Femmes, a partire dalla grande varietà dei tracciati, l'assenza di tappe banali ed un ragionato equilibrio tra montagna e cronometro. Esattamente come lo scorso anno, ASO ha saputo offrire un'ottima versione in miniatura (espressione intesa non per importanza ma solo per le dimensioni fisiche di natura spazio-temporale) della Grande Boucle, che si preannuncia, se possibile, ancora più interessante di quanto già non sia stato alcuni mesi fa. Quando poi è il momento di svelare il percorso al maschile riemergono invece i soliti giganteschi difetti, che il Tour da anni si può permettere per il semplice fatto di essere uno degli eventi sportivi più importanti al mondo; e forse è proprio questo quello che lascia più amarezza, ovvero che ASO è una figura di potere (intesa in senso lato) del movimento ciclistico internazionale e il percorso del Tour - così come quello della Vuelta, usato come laboratorio sperimentale - detta dei parametri, crea dei modelli, suggerisce l'indirizzo culturale che il ciclismo deve prendere. 

Se il Tour de France 2023 presenta due sole tappe sopra i 200 km ed entrambe sotto i 210, si lancia un chiaro messaggio di accorciamento della prestazione, si dà ragione alle istanze di quella parte del gruppo che in ogni occasione è pronta a cancellare salite o parti di percorso anche fosse soltanto per meteo piovoso con 10°. Anzi, andando più in profondità, si può suppore che vengano assecondate le esigenze dei “big team” che sperano in percorsi facili da controllare per avere maggiori garanzie di risultato e ridurre al minimo eventuali sorprese. Così il Tour punta a concentrare l'attenzione mediatica su una sfida che si risolva soltanto all'ultimo giorno per tenere alta la suspense fino in fondo, mentre dirigenti e tecnici delle squadre possono raccontare agli sponsor di essere stati in gioco per il successo (o un piazzamento) per quasi tutta la corsa.

Sì, confesso, è un'interpretazione tendenzialmente distopica. Ma con rinnovato realismo mi pongo una domanda: il Tour de France 2022 non è forse piaciuto proprio perché due grandi sfidanti hanno avuto modo di tirarsi legnate per tre settimane rifilandosi minuti e attaccando da lontano? L'impressione è che gli ampissimi distacchi presenti in classifica non abbiano per niente allontanato il pubblico, ma al contrario lo abbiano avvicinato, perché la sfida è stata assolutamente avvincente nonostante Pogacar fosse distante da Vingegaard. E dobbiamo anche ricordarci che il merito è soprattutto stato da un lato della Jumbo e dall'altro di Pogacar, perché il percorso aveva grandi difetti anche quest'anno. Quello che è certo è che nel 2023 il percorso non ha fatto passi avanti: l'influenza dei km contro il tempo è stata azzerata, la varietà delle tappe si riduce - eccetto poche eccezioni - ad una dicotomia tra tappe per velocisti e tappe per scalatori e così non c'è il pavé, non ci sono tappe sul mare a rischio ventagli, non ci sono finali mossi (a parte le due tappe basche) in cui inventarsi colpi di mano. Rimangono invece i chilometraggi ridicoli, quest'anno più che mai.

E quello che fa rabbia è che alcune delle tappe di montagna non sarebbero nemmeno pensate male e si presterebbero a qualche colpo di fantasia, ma non ci sarà alcun motivo di attaccare: in primis non ci sono cronometro a creare distacchi pregressi; in secundis un percorso di questo genere riduce al minimo le esigenze di recupero da un giorno all'altro e sembra indirizzarsi verso una relativa freschezza diffusa in tutto il gruppo. Gli stessi problemi del Tour 2020, che fu animato da Pogacar solo perché aveva perso terreno a causa di un ventaglio e che altrimenti era destinato ad una sequela di “uphill sprint” (come dicono gli anglofoni) in cui i trenini avrebbero sguazzato per tre settimane. 

Il Giro d'Italia propone quest'anno soltanto 3 vere tappe cruciali (Crans-Montana, Bondone e Tre Cime) a cui si aggiunge quella di Val di Zoldo; prima ci sono tappe che possono smuovere qualcosa ma non sono certo catalizzatrici. Il Tour distribuisce fin dalla 5a tappa una sequenza sterminata di almeno 8 tappe cruciali, di cui nessuna può considerarsi tappone. Averne una di meno e sostituirla con una bella cronometro di 40/50 km sarebbe stato necessario e sufficiente a rendere più che dignitoso un percorso che invece così è totalmente privo di significato. Dare 8 tappe di vera montagna ad uno scalatore che non ha uno svantaggio da recuperare è come offrire 8 portate ad uno che ha appena finito il pranzo di natale: sicuramente vi risponderebbe che non ha fame e non mangerebbe quasi niente.

Tutto questo a discapito delle tre tappe alpine e di quella sui Vosgi, di per sé ben concepite (anche se tutte maledettamente brevi), prive di fondovalle e con salite fin dalla partenza. Forse la novità più interessante è proprio il fatto di scegliere i Vosgi per la 20a tappa, costruendo un percorso frizzante senza salite tremende, ma con pochissimo respiro e che per questo si apre a scenari tattici multipli. Peraltro in quell'occasione la classifica si suppone abbia già un indirizzo e forse per l'unica volta in tutto il Tour si può sperare che qualcuno voglia inventarsi il ribaltone.

Ritornando al punto di partenza, non si capisce come certi concetti non vengano calcolati dai medesimi organizzatori del Tour de France Femmes, che invece appare molto più ragionato. Ed è ancora più incredibile confrontare le cifre dei vari percorsi: la lunghezza media delle tappe in linea sarà di 133,4 km per le donne e di 169,1 per i maschi; al Giro d'Italia invece sarà di 187,7 km. Non meno esilarante (concedeteci questo aggettivo) è il confronto sui km ai cronometro, 22 per entrambe le corse in giallo e 70,6 per la Corsa Rosa. Praticamente il Tour de France maschile si configura come una disciplina alternativa: evidentemente ASO voleva alleggerire la corsa maschile per farla somigliare a quella femminile…

Chiudiamo rispondendo ad una domanda che qualcuno di voi potrebbe essersi posto leggendo queste righe: come fanno a giudicare il percorso del Tour se mancano ancora i profili di quasi tutte le tappe? Come ogni anno aguzzando la vista si è in realtà in grado di comprendere anche il percorso delle tappe mancanti: trovate il percorso integrale a questo link. Intanto possiamo assicurarvi che le tappe al momento ignote non aggiungono quasi niente di interessante, eccetto le due tappe di media montagna a Issoire e Belleville-en-Beaujolais che però non sembrano poter influire sulla classifica generale, bensì appaiono destinate a fughe di cacciatori di tappe col rischio di lente processioni del plotone; va detto che in linea teorica, danno comunque l'occasione per inventarsi qualcosa.

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Francesco Dani
Volevo fare lo scalatore ma non mi è riuscito; adesso oscillo tra il volante di un'ammiraglia, la redazione di questa testata, e le aule del Dipartimento di Beni Culturali a Siena, tenendo nel cuore sogni di anarchia.