Adam Hansen in un convegno UCI tenuto a Zurigo durante la settimana iridata © Adam Hansen
L'Artiglio di Gaviglio

I ciclisti professionisti se lo meritano, Vittorio Feltri!

Ai Mondiali è appena morta una ragazza abbandonata due ore sulla strada, senza radiolina, caduta in un tratto nel bosco senza alcuna protezione. E senza che i corridori, né il loro rappresentante Adam Hansen, abbiano avuto da dire alcunché

29.09.2024 12:12

Venerdì a Zurigo è morta una ragazza di 18 anni, ennesima vittima della strada su due ruote, che si parli di amatori, ciclisti professionisti o, come nel caso della sfortunata Muriel Furrer, aspiranti campioni di domani. E se in questa rubrica, e più in generale sulle pagine di Cicloweb, nei tanti, troppi precedenti abbiamo rivendicato la necessità di investire su qualche tipo di protezione che gli atleti possano indossare direttamente, essendo impossibile mettere in assoluta sicurezza chilometri e chilometri di strade, questa volta è diversa.

Questa volta è diversa perché Muriel è morta all’interno un circuito, dunque una porzione di percorso ben definita e destinata ad essere percorsa decine e decine di volte, nel corso del weekend, da atleti di ogni categoria. In una discesa pericolosa, perché in mezzo ad un bosco, ma senza uno straccio di protezione. Abbandonata per quasi due ore prima che qualcuno si accorgesse della sua caduta e lanciasse i soccorsi, anche perché senza radioline. E tutto questo non è successo al Gran Premio del Salsicciotto, ma al Campionato del Mondo, organizzato direttamente sotto l’egida dell’UCI.

Fermare il carrozzone? Meglio un'ipocrita commemorazione

Ce ne sarebbe stato abbastanza, quindi, per fermare il carrozzone ed andare tutti a casa. Ed invece, si è partiti regolarmente venerdì, mentre la ragazza versava ancora in condizioni disperate all’ospedale, e si è conclusa regolarmente la prova degli under 23 nonostante, in corso d’opera, fosse giunta la notizia del decesso. E si è corso come se niente fosse anche ieri, nella prova élite e under 23 femminile, così come oggi, in quella dei professionisti. Certo, per carità, s’è fatto il minuto di silenzio prima del via, nella corsa delle donne è stato anche dato il via libera, nelle prime battute, ad una ciclista svizzera recante il nome di Muriel sul proprio dorsale. E le cerimonie di premiazione si sono tenute in tono dimesso, con le bandiere a mezz’asta.

Ci si è limitati, insomma, alla commemorazione: un gesto dovuto, ci mancherebbe, ma che se non è seguito da un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni del ciclismo, e da una chiamata in causa, da parte dei corridori, di queste stesse istituzioni, perde di qualsiasi significato, e diventa mera ipocrisia.

Da Adam Hansen mutismo e rassegnazione. O qualcos'altro?

Lo scarno tweet del sindacato internazionale ciclisti dopo la morte di Muriel Furrer
Lo scarno tweet del sindacato internazionale ciclisti dopo la morte di Muriel Furrer

Non una parola, a quanto ci risulti, dal presidente dei corridori professionisti, Adam Hansen, che ha sdoganato l’uso dei social per veicolare comunicazioni ufficiali, ed il cui profilo X è ancora fermo alla reprimenda di luglio contro l’efferato lanciatore di patatine ai danni di Pogacar e Vingegaard. Facile prendersela letteralmente con il primo passante di turno, un po’ meno, evidentemente, fare la battaglia al palazzo quando la posta in gioco è davvero importante.

Ricordiamocelo, quando l’ottimo Adam raccoglierà le firme dei corridori per fermare la prossima tappa del Giro, preoccupato della discesa bagnata da questo o da quell’altro passo alpino. E non prendiamocela con le minchiate di un vecchio ex giornalista arteriosclerotico come Vittorio Feltri, anzi: ce le meritiamo tutte, di fronte a tanta codardia.

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