Tadej Pogacar, vincitore di un Giro delle Fiandre leggendario © UAE Team Emirates-SprintCycling
Lo Stendino di Gambino

Quanto è stato memorabile il Giro delle Fiandre 2023?

Non è facile trovare corse di simile valore e pathos perfino nei ricordi di decenni di ciclismo: una gara eccezionale che ci riporta alle sfide tra Merckx e Gimondi (ma non solo!)

04.04.2023 22:22

È noto il fatto che il giudizio del tempo è sempre il più veritiero per cui questo articolo, a solo 48 ore di distanza dall'evento, potrebbe essere decisamente prematuro. Eppure non riesco a trattenermi, tale è il mio entusiasmo per la Ronde van Vlaanderen di domenica scorsa. Ci sono, nella storia del ciclismo, corse che restano impresse nel ricordo popolare. Perché ciò avvenga non basta l'impresa d'un solo grande protagonista. Serve che almeno due, se non più, corridori disputino una gara eccezionale. Questo è stato il caso del recentissimo Giro delle Fiandre in cui non solo il vincitore, lo sloveno Tadej Pogacar, ha corso alla perfezione ma anche gli altri due campioni saliti sul podio, l'olandese Mathieu van der Poel e il danese Mads Pedersen, non gli sono stati da meno.

Seguendo il ciclismo da quasi 60 anni, devo raschiare il fondo del barile della mia memoria per trovare altre corse così emozionanti. Il Giro dell'Appennino 1969 è la prima che mi torna alla mente. La più dura delle classiche nostrane, resa immortale dalla scalata del Passo della Bocchetta al confine tra Liguria e Piemonte, fu l'ultima corsa in linea conquistata da Fausto Coppi nel 1955. La gara, 14 anni dopo, fu teatro dell'ultimo grande scontro tra Felice Gimondi e Gianni Motta. Prevalse il campione di Sedrina per 39”, rintuzzando a fatica un clamoroso inseguimento del biondino di Cassano d'Adda cui sarebbero serviti altri dieci chilometri per completare una fenomenale rimonta. Un mese dopo arrivò la notizia del passaggio di Motta alla Salvarani, a fianco di Felice. Nelle successive stagioni, da compagni di squadra, non poterono più duellare. Quando, poi, nel 1972 Motta prese altre strade, il vincitore del Giro d'Italia 1966 non era più competitivo.

Il 5 settembre 1971, Eddy Merckx e Felice Gimondi diedero vita a quella che molti ritengono sia stata la più avvincente tra le loro sfide. Si correva sul circuito ticinese di Mendrisio il mondiale professionisti su un anello molto impegnativo incentrato sulla salita di Novazzano da ripetersi 19 volte. Il Cannibale, dopo aver portato via un gruppetto di sei corridori, sferrò l'attacco decisivo sul penultimo passaggio. Gimondi fu l'unico capace di resistergli, pagando per questo uno scotto altissimo: strinse i denti a tal punto da slogarsi la mandibola. Non ci fu storia in volata ma sul podio, appena indossata la maglia iridata, il brabantino con un gesto, al contempo enfatico e toccante, alzò il braccio del bergamasco, riconoscendo in lui il suo unico pari.

L'ultimo episodio risale al 2009. Per una bizzarra coincidenza ne ho parlato qualche sera fa con Gianni Savio, in occasione della sua recente visita nella marca trevigiana, in quanto coincidente con una vittoria di grande prestigio d'un suo corridore. Si correva, lunedì 16 marzo, la penultima tappa della Tirreno-Adriatico che portava i ciclisti da Civitanova Marche a Camerino attraverso 235 chilometri e 3.000 metri di dislivello. Fu una frazione che incontrò la neve in cima al GPM del Sasso Tetto. A caratterizzarla fu una fuga dal pedigree inusitato per la storia del ciclismo italiano contemporaneo con quattro corridori, tutti vincitori, in passato o in futuro, di almeno un Giro d'Italia: insieme al padrone di casa Michele Scarponi, c'era il duo Liquigas composto da Ivan Basso e Vincenzo Nibali, oltre a Stefano Garzelli. Fu una lotta senza esclusioni di colpi con Basso e Nibali che, scattando a turno, tentarono di far valere la loro supremazia numerica costringendo il marchigiano ed il varesino ad un'alleanza estemporanea. Dopo che lo Squalo si staccò a pochi chilometri dall'arrivo, sul lastricato di Camerino, Michele fu profeta in patria, regolando Garzelli allo sprint e conquistando la maglia azzurra di leader della classifica che avrebbe poi consacrato in via definitiva il giorno dopo sul lungomare di San Benedetto del Tronto.

Questo mix di ricordi ci spiega che non è l'importanza della gara bensì l'impegno profuso dai corridori che rende memorabile una corsa. Certo, se poi si parla d'un campionato del mondo o d'una classica monumento, è ovvio che l'evento resterà ancora più radicato nella testa e nel cuore di tutti coloro che amano il ciclismo.

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