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Pogacar è ancora vivo, Vingegaard è avvisato

14.07.2022 20:47

Tadej all'attacco sull'Alpe d'Huez, Jonas risponde colpo su colpo, lo spettacolo del Tour de France continua. Discese da urlo e vittoria di tappa per Tom Pidcock su Louis Meintjes, e al terzo posto un ritorno: Chris Froome! Giulio Ciccone 10°


Ci sono corridori che nascono speciali. Per esempio, ottenere la prima vittoria al Tour sull'Alpe d'Huez non capita a tutti, se capita proprio a te puoi iniziare a fare un certo tipo di pensieri. Se sei Tom Pidcock e sei quindi già Campione Olimpico di MTB e Campione del Mondo di Ciclocross in carica, e da giovane hai dimostrato di avere nelle tue corde le grandi gare a tappe (il Giro Under 2020 parla da solo), non ti presenti alla tua prima Grande Boucle come uno qualunque. È chiaro che hai tanti occhi puntati addosso, e quindi pure la responsabilità di dimostrare qualcosa. Se scegli l'arrivo dell'Alpe d'Huez per dimostrare quel qualcosa, come minimo si potrà dire di te che hai una personalità non comune. Se per costruire questa vittoria ti inventi delle discese destinate a diventare immediatamente spot del ciclismo, bisognerà aggiungere che dentro hai un sacro fuoco raro. Se poi alla fine riesci davvero a vincere, beh, allora di non comune qui non c'è solo la personalità, ma pure le gambe.

A 22 anni e 350 giorni Pidcock ha conquistato insomma la sua prima vittoria al Tour, e con essa si è rilanciato pure in classifica, che male non fa. Nel corso della sua rincorsa al successo ha attraversato un momento topico: nella discesa del Galibier ha raggiunto Chris Froome, l'ha superato, poi ha rallentato per aspettarlo e con lui è rientrato sui battistrada. Il vecchio e il nuovo del ciclismo britannico, un ideale passaggio di testimone nel giorno in cui il kenyano ha improvvisamente ritrovato se stesso, risalendo vorticosamente le lancette dell'orologio e i giorni di calendario fino a un passato che si pensava irripetibile. E va bene, è stato solo l'odore di quel passato, ma ritrovarsi in testa alla corsa sull'Alpe d'Huez, e poi lottare e stringere i denti per salvare un terzo posto di immensa dignità, sarà stato già sufficiente per rendere felice Chris. A furia di ripeterlo è quasi diventato un luogo comune, ma il fatto che sia già un miracolo che questo straordinario 37enne possa ancora camminare è nient'altro che la verità, quindi sì, lo ripetiamo: e con tutto quel che ha passato dopo il quasi fatale incidente del Delfinato 2019, Froome che oggi ti stampa un terzo posto sull'Alpe d'Huez fa un'impresa avvicinabile alle sue migliori sulle strade di Francia.

In mezzo tra Pidcock e Froome c'era Louis Meintjes, un anonimo per eccellenza, classico regolarista che scala la classifica delle retrovie e magari ogni tanto lo ritrovi in top ten, un corridore che forse diamo per scontato o che tendiamo a sottovalutare, insomma il sudafricano non gode di grande stampa. Eppure il suo affranto sbigottimento di fronte a una sconfitta che probabilmente non metteva in conto e quindi faticava ad accettare ci ha rubato il cuore. Quante storie nelle pieghe di una corsa come il Tour de France.

Quella principale, di storia, vedeva, vede e vedrà contrapposti - in rigoroso ordine di classifica - Jonas Vingegaard e Tadej Pogacar. Il clamoroso passaggio a vuoto dello sloveno ieri sul Granon non ha lasciato strascichi perché oggi il bicampione uscente del Tour ha dato nuovi saggi di come si attacca: per tre volte sull'Alpe d'Huez ha puntato dritto al bersaglio grosso (staccare Vingegaard), per tre volte il danese ha risposto per le rime, la quarta è stata l'ormai classica volata tra i due che ha assegnato a Tadej il quinto posto ma non ha spostato niente in classifica. Superata indenne la tappa dell'Alpe d'Huez, un giorno in meno da qui a Parigi, il vantaggio immutato sul principale rivale: insomma una frazione favorevole per il primo della classifica, si direbbe.

Ma è favorevole pure per Pogacar, che intanto riscala una posizione ed è secondo (ma questo conta poco), ma soprattutto trova nel suo fisico la risposta sperata: la crisi del Granon è rimasta lì, sul Granon appunto, e oggi lo sloveno era di nuovo baldanzoso a fare la sua parte. Semmai la preoccupazione per Tadej viene dal fuoco amico, ovvero dal clima di contagi all'interno della UAE Emirates: l'ultimo della lista è Matxín Fernández, direttore sportivo (ma più che altro anima) del team arabo, e il senso di accerchiamento covid intorno al 23enne di Klanec continua.

Sicché i tifosi del ciclismo continuano a tenere le dita incrociate, perché sarebbe disumano perdere Pogacar per qualcosa del genere proprio nel momento in cui lo spettacolo ciclistico al Tour de France tocca apici che - salvo rare eccezioni - non vedevamo dai tempi di Marco Pantani. Tadej l'alieno ha trovato sulla propria strada un osso durissimo, quel Vingegaard cresciuto da operaio (nei mercati del pesce) e scopertosi a un certo punto lo scalatore più forte del mondo (non lo diciamo noi, l'ha detto lo stesso Pogacar). Ne viene fuori una sfida stellare, la tappa di Galibier e Granon è già in tutte le classifiche dei best-all-time, quella di oggi passerà più inosservata ma è preziosa per averci fatto capire che Tadej non lascerà nulla di intentato per stanare i fortissimi Jumbo-Visma. E siamo alla tappa 12, con davanti l'arrivo Mende, i Pirenei (tre tappe che a questo punto si annunciano tutte e tre infuocate), poi la crono a chiudere la contesa: ci aspettano insomma altri 10 giorni di ciclismo di un'altra dimensione, quella che abbiamo atteso per decenni e che finalmente viviamo in tempo reale. È bellissimo essere appassionati di ciclismo in quest'epoca!

La cronaca della giornata. La 12esima tappa del Tour de France 2022 chiudeva l'escursione sulle Alpi con un arrivo iconico al termine dei 165.1 km della Briançon-Alpe d'Huez, disputata nel giorno della festa nazionale francese. Al fischio d'inizio è scattato subito Neilson Powless (EF Education-EasyPost), poi su di lui sono rientrati al km 7 Nelson Oliveira (Movistar), Anthony Perez (Cofidis), Kobe Goossens (Intermarché-Wanty), Matis Louvel (Arkéa Samsic) e Sebastian Schönberger (B&B Hotels-KTM); intanto Steven Kruijswijk (Jumbo-Visma) era vittima di una caduta dopo essersi toccato con Yves Lampaert (Quick-Step Alpha Vinyl), per fortuna nessuna conseguenza. Il gruppo si è subito rilassato sicché la fuga è andata via liscia fin quasi a 2'.

Solo in vista del traguardo volante di Le Monêtier-les-Bains, km 11, dal gruppo c'è stato un sussulto, con un abbozzo di contrattacco ispirato da Louis Meintjes (Intermarché), ma Wout Van Aert (Jumbo) ha smorzato l'azione superando tutti in tromba per andare a prendere il settimo posto (sempre punticini pro maglia verde). In contropiede ha allora accennato un allungo Chris Froome (Israel-Premier Tech), il quale ha continuato per un po' a manifestare la volontà di far qualcosa. I tentativi di contrattacco son proseguiti sul Lautaret, a un certo punto addirittura il gruppo si è frazionato e dietro son rimasti tanto la maglia gialla Jonas Vingegaard (Jumbo) quanto Tadej Pogacar (UAE Emirates).

Poi la Jumbo ha chiuso, intanto il gap dai fuggitivi era sceso a un minuto. Il vento, classicamente contrario sul Lautaret, ha bagnato un po' di polveri. Al km 20 Giulio Ciccone (Trek-Segafredo) ha tentato l'evasione solitaria, imitato poco dopo dalla coppia Intermarché Meintjes-Georg Zimmermann. Quando il Lautaret è diventato Galibier, ai -140, i tentativi dal gruppo si sono moltiplicati, attivi in particolare gli Israel ma pure Thibaut Pinot (Groupama-FDJ). Zimmermann, dopo aver speso tutto per lanciare Meintjes, è rimbalzato mentre il suo capitano raggiungeva Ciccone.

A 5 km dalla vetta del Galibier, dal gruppo di testa è partito Perez, più avanti si è staccato Louvel, ma la verità era che questa fuga non stava lasciando il segno: il margine sui big restava inferiore ai 2'. A 3 dalla vetta sono rientrati sulla fuga Ciccone e Meintjes, immediatamente rilanciando e disperdendo la gran parte dei componenti l'azione: solo Powless è rimasto a ruota dei sopraggiunti, e il terzetto ha in breve messo nel mirino Perez.

Più indietro, dal gruppo abbiamo visto una sagoma nota: Chris Froome, ancora una volta, ha cercato l'evasione, ma stavolta ha fatto le cose per bene, ha piazzato la sua classica frullata da Galibier, ha guadagnato un paio di decine di secondi e per un po' ha forse sentito il profumo di sensazioni antiche. Al Gpm ai -132 Perez è passato con 26" su Ciccone, Meintjes e Powless, 1'41" su Froome e due minuti sul gruppo maglia gialla anticipato da Pierre Latour (TotalEnergies) interessato come ogni giorno ai punti per la pois.

In discesa a sorpresa dal gruppo è uscito all'attacco Thomas Pidcock (INEOS Grenadiers); ai -126 Perez è stato raggiunto dai suoi tre immediati inseguitori mentre Pidcock, facendo numeri incredibili, ha presto ripreso Froome e poi l'ha pure staccato, salvo ripensarci, rallentare, aspettare il vecchio campione e proseguire con lui. A fine picchiata (a Valloire ai -115) i due britannici avevano 1' di ritardo dai primi e 1'30" sul gruppo maglia gialla, che era sceso dal Galibier con tutte le cautele del caso.

Sulle rampe del Télégraphe Goossens, Schönberger e Oliveira sono rientrati sui primi (ai -111), e sulla successiva discesa, ai -105, anche Froome e Pidcock sono rientrati: la loro rincorsa, il vecchio leone e il giovane fenomeno insieme, avrà scaldato i cuori di tutti i tifosi d'oltremanica. Tom non voleva smettere di fare lo scavezzacollo e ha ulteriormente allungato insieme a Powless, mentre Nils Politt (Bora-Hansgrohe) e Warren Barguil (Arkéa) si muovevano dal gruppo maglia gialla che procedeva a passo felpato, lasciando infatti che la fuga veleggiasse ben oltre i 5' di vantaggio.

La Croix de Fer ai -83 è stata imboccata dai battistrada con 6'50" sul gruppo (Politt e Barguil sono stati ripresi per tempo), il vantaggio è poi salito fino a un massimo di 7'20", e lungo l'interminabile salita l'andatura è stata regolare-medio-bassa sia davanti che dietro, del resto questa salita funge spesso da anestetico per le situazioni di gara. Tutto questo fino a 5.5 km dalla vetta (e 60 dal traguardo), quando Pidcock ha forzato in testa e ha fatto staccare Goossens, Oliveira, Schönberger e Perez. Il quasi 23enne di Leeds era del resto il più interessato a mettere più margine possibile, essendo il più vicino in classifica (11esimo a 11'12" alla partenza).

Al contempo però anche in gruppo l'andatura era aumentata con la Jumbo sempre a gestire, e non sono stati pochi a patire il ritmo più elevato, tra gli altri hanno perso contatto Latour e Barguil. Al Gpm dei -54.5 Ciccone, Powless, Meintjes, Froome e Pidcock sono passati in quest'ordine con 45" su Perez e Goossens, 1'20" su Schönberger e 4'15" sul gruppo maglia gialla, sgretolato nel finale da una memorabile trenata di Van Aert.

In discesa, tutti dietro a uno scatenato Pidcock, i battistrada hanno riguadagnato sul gruppo che naturalmente procedeva con maggior cautela, e tanto è bastato perché l'andatura degli inseguitori restasse calmierata pure nel fondovalle pre-Alpe d'Huez: di fatto i primi hanno approcciato la salita ai -13.8 con 6' abbondanti sul gruppo maglia gialla composto ancora da una quarantina di unità. Tra gli altri c'era ancora pure Filippo Ganna (INEOS).

Ciccone ha approcciato la salita con grinta e il primo ad andare in apnea è stato Powless ai -12, ma l'americano ha saputo superare la defaillance; Meintjes pareva il principale contendente dell'abruzzese della Trek per il successo di giornata, e invece è stato Pidcock a rompere l'equilibrio a 10.6 km dalla fine. Lo scatto di Tom ha messo di nuovo in difficoltà Powless e stavolta pure Ciccone; Meintjes ha subìto il cambio di ritmo, Froome ancora di più, ma i due sono riusciti a non andare alla deriva sperando di poter rinvenire più avanti sul piccoletto. Per un po' l'hanno tenuto a vista, in effetti, ma ai -8 l'olimpionico della MTB ha alzato il ritmo aumentando il proprio margine.

Il gruppo, tirato per tutta la prima parte della salita dal solito incredibile Van Aert, ha perso pezzi in maniera sempre più evidente, ma la preponderanza numerica delle maglie Jumbo resisteva e teneva tranquilla la maglia gialla Jonas Vingegaard. Ai -10 Wout si è spostato lasciando a tirare Kruijswijk; a questo punto Aleksandr Vlasov (Bora) si è staccato, lo stesso ha fatto Pinot, idem Bob Jungels (AG2R Citroën). Con gli Jumbo (Vingegaard, Kruijswijk, Sepp Kuss e Primoz Roglic) c'erano Geraint Thomas e Adam Yates della INEOS, Tadej Pogacar accompagnato da Rafal Majka (UAE), poi da soli Romain Bardet (DSM), Nairo Quintana (Arkéa), David Gaudu (Groupama), Enric Mas (Movistar) e Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan).

A 7.5 dalla fine è passato a tirare Roglic e Lutsenko ha pagato dazio, poi ha ceduto Quintana, quindi è stata la volta di Gaudu e poi di Kruijswijk e Majka; ai 6.5 Primoz s'è fatto da parte ed è toccato a Kuss fare la trenata che ha fatto sbiancare Bardet: il secondo della generale ha perso qualche metro, non è propriamente naufragato ma la tendenza gli era tutt'altro che favorevole; ai -5.3 si è staccato pure Yates e ancora Sepp martellava.

A 4.5 dalla fine Pogacar ha buttato giù un dente ed è partito secco, Vingegaard non si è scomposto e ha subito preso la scia della maglia bianca. Tadej ha insistito imponendo un ritmo insostenibile per 300 metri, ma Jonas quel ritmo lo sosteneva eccome. Appena lo sloveno ha rallentato lasciando all'avversario la prima posizione, Thomas è rientrato da dietro. Mas rimaneva staccato insieme a Kuss, mentre più indietro Bardet riprendeva Yates. In ogni caso Mas e Kuss sono rientrati poco dopo, lo statunitense si è rimesso a tirare il drappello e lo spagnolo si è subito ristaccato.

Ai 2.5 Pogacar è ripartito come una furia, e di nuovo il leader della classifica l'ha tenuto, anche se un po' più al limite rispetto alla volta prima. E pure in questo caso sul rallentamento susseguente all'attacco di Tadej, Thomas è ritornato dentro, e poi pure Mas e Kuss; un film già visto a cui non restavano altre scene (a parte il momento in cui è stato raggiunto Ciccone nell'ultimo chilometro) se non la volata che avrebbe assegnato il quinto posto.

La festa all'arrivo è stata tutta per Tom Pidcock, che ha conquistato la sua prima tappa al Tour con 48" su Meintjes, 2'06" su Froome, 2'29" su Powless, 3'23" su Pogacar che ha preceduto Vingegaard e Thomas e staccato (3'26") Mas e Kuss; Ciccone ha chiuso decimo a 3'32" precedendo Bardet a 3'42", Yates a 4'01", Gaudu a 4'17", Quintana a 4'44", Kruijswijk a 4'46", Lutsenko a 5'29", Jungels e Vlasov a 6'06", Valentin Madouas (Groupama) e Pinot a 7'29".

Cambiamenti in classifica, Bardet crolla dal podio perdendo due posizioni: Vingegaard guida con 2'22" su Pogacar, 2'26" su Thomas, 2'35" su Bardet, 3'44" su Yates, 3'58" su Quintana, 4'07" su Gaudu, 7'39" su Pidcock, 9'32" su Mas, 10'06" su Vlasov, 10'33" su Lutsenko, 14'50" su Kruijswijk, 15'46" su Meintjes, 17'54" su Madouas, 21'37" su Roglic, 22' su Jungels, 24'55" su Kuss, 27'16" su Powless, 31'30" su Majka, 38'27" su Luis León Sánchez (Bahrain-Victorious), 39'42" su Pinot, 41'54" su Damiano Caruso (Bahrain), 22esimo e primo degli italiani. Dopo tante montagne, domani si scende a quote molto più basse, e la 13esima tappa da Le Bourg d'Oisans a Saint-Étienne (192.6 km) è la classica frazione interlocutoria su un percorso vallonato su cui una fuga di comprimari troverà il modo di andare a nozze. Per i discorsi di classifica ci si rivede sabato a Mende.
Notizia di esempio
Un cane morde un uomo e a Saint-Étienne arriva la fuga
Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!