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Nel Giro dei se Carapaz fece da sé

01.06.2019 19:47

Ripercorriamo le tre settimane dell'ecuadoriano, primo con pieno merito al Giro d'Italia


Sarebbe fin troppo facile, classifica generale alla mano, esclamare: “ah, ma a Carapaz il Giro l'hanno regalato”. È di 1'54" il distacco che, allo stato attuale, separa la maglia rosa Richard Carapaz dal secondo, Vincenzo Nibali, un distacco che molto probabilmente domani, al termine della cronometro, sarà inferiore, magari molto simile a quello di 1'32" che esisteva tra i due al termine della Cuneo-Pinerolo, l'ultima tappa prima che l'ecuadoriano iniziasse a risalire posizioni.

Il giorno dopo, nell'arrivo a Ceresole Reale, la prima stoccata del capitano della Movistar, con la cervellotica marcatura tra il messinese e Primoz Roglic, della quale si parlerà probabilmente per anni (chi doveva tirare tra i due? avrebbero dovuto collaborare?), e poi ancora la stupenda cavalcata di Courmayeur, anch'essa resa possibile dai tatticismi altrui, perché lo scatto con il quale Carapaz aveva staccato i suoi rivali sul San Carlo era stato senz'altro efficacissimo, ma era di solo circa 30" il suo vantaggio in fondo alla discesa, ai quali se ne sarebbero sommati altri 90".

L'intoppo di Orbetello dimenticato da una grande prova sulle Alpi
La matematica, quindi, direbbe che sì, il Giro che si appresta a concludersi sbarcherà in Ecuador perché Nibali e Roglic hanno elargito secondi in maniera generosa, perché, come si suol dire, tra i due litiganti il terzo gode, che probabilmente quest'anno tutto ha girato bene per Carapaz, perché se lo avessero preso in seria considerazione probabilmente si sarebbe dovuto accontentare di una buona posizione in classifica, magari addirittura di un podio, ma nulla di più. Forse hanno ragione loro, magari il piccolo scalatore avrebbe replicato la performance dell'anno scorso, correndo sulle ruote, non credendosi in grado di mettere in difficoltà i ben più quotati avversari. Magari avrebbe attaccato qua e là, addirittura guadagnato su di loro, ma non quanto necessario ad annullare i distacchi patiti nelle cronometro e, ricordiamocelo, nella tappa di Orbetello, quando una caduta gli era costata quasi 50".

Anche se avessero totalmente ragione, però, questo non sminuirebbe minimamente la probabilissima vittoria finale. Approfittare del marcamento altrui è uno dei modi di interpretare le situazioni di corsa, il come e quando farlo va azzeccato, si tratta di una qualità che ha tanto valore quanto l'esplosività, la resistenza, la velocità massima e tutto quello che è più facile apprezzare. Ma una vittoria ottenuta di astuzia vale forse meno di una vittoria di forza? Quante volte, soprattutto nelle classiche, abbiamo apprezzato vittorie ottenute con lo scatto nel momento giusto da parte del corridore meno forte? E nei grandi giri, inoltre, alla vittoria non si arriva alla fine di una giornata, ma alla fine di tre settimane, quindi il primato ottenuto va difeso, fondamentale nel quale Carapaz si è dimostrato eccezionale. 1'54" aveva su Nibali dopo Courmayeur, 1'54" ha oggi, dopo il Monte Avena, dopo il Mortirolo, due arrivi in salita e il tappone odierno.

La gamba c'era, così come la volontà di aiutare Landa
Al netto di un percorso comunque criticabile nella terza settimana (troppo molle la tappa B di martedì scorso, dopo l'annullamento del Gavia, semplice la salita di Anterselva, ridicola quasi quella di San Martino di Castrozza, sciagurato il posizionamento del Passo Rolle in quella che avrebbe dovuto essere la tappa più dura del Giro) la maglia rosa mai ha tentennato, non ha dato l'impressione di non essere attaccabile, lo ha dimostrato, esibendo la propria forza e quella della propria squadra, lasciando spazio al suo luogotenente Mikel Landa e addirittura aiutandolo, come oggi sul Monte Avena, nella rincorsa al podio.

Carapaz è arrivato al giro con una condizione eccellente e, unico tra tutti gli uomini di classifica, non ha mai avuto mezzo passaggio a vuoto. Come si fa solo a pensare che abbia in mano il Giro per demeriti altrui? I grandi giri non sono matematica, non sono secondi che si sommano giorno dopo giorno in maniera meccanica, sono costellati da situazioni ed eventi che in ogni giorno, anzi in ogni istante della corsa vengono valutati. Se ne avesse avuto bisogno Carapaz in questi giorni avrebbe utilizzato la sua gamba e i suoi compagni non per difendersi, ma per attaccare, e l'impressione è che sarebbe stato molto efficace. Non ci è dato sapere se sarebbe riuscito ad accumulare quel grosso distacco che invece oggi ha e che gli permette di guardare alla cronometro di domani con estrema fiducia, ma quanto è grossolano accanirsi nello scenario ipotetico del “se non lo avessero lasciato andare” Quanti potrebbero essere potenzialmente i “se” da considerare in una corsa di tre settimane?

Ogni racconto, e un grande giro cos'è, se non una storia che a ogni capitolo si arricchisce, o una densissima serie TV, tanto per usare un riferimento a un medium che molto va di moda ora, ha i suoi interpreti e le sue vicende. E al netto di tutte le considerazioni più o meno valide che noi, meri fruitori, possiamo fare, di ognuno di essi rimane per fortuna solo la bellezza, quella della quale tra poco meno di ventiquattro ore sentiremo già la struggente mancanza. Delle vuote elucubrazioni ce ne saremo già scordati.
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