La Tribuna del Sarto

Van Aert come lo spettro di Banquo ferito a morte al banchetto di Macbeth

La caduta di Wout alla Dwars door Vlaanderen ha lasciato interdetti i tifosi del ciclismo: nessuno corridore come lui rappresenta la vita con i suoi tanti rovesci

29.03.2024 19:30

La salita che da ponte Isabella sale a San Vito si scorge appena dall’altimetria della prima frazione del prossimo Giro d’Italia, non è eccessivamente lunga, ma le sue pendenze arcigne e il doppio passaggio daranno la possibilità, a chi vuole sferrare l’attacco decisivo per vincere la tappa, di farlo.

A percorrerla in bicicletta in un’umida mattina di marzo, il vento e la nebbia generano illusioni spettrali (“un giorno così brutto e così bello, ad un tempo, non l'ho mai visto”; Macbeth), lontani dall’atmosfera che ci si aspetta qui il 4 maggio alla corsa rosa: un contrasto che inquieta, che perdurerà in me come un ricordo anche quel giorno a bordo strada.

Salvo impedimenti, molto probabilmente saremo lì ad attendere i corridori, a tifarli tutti come sempre, con lo sguardo alla ricerca dei nostri preferiti, sognando di cogliere dal vivo il loro scatto decisivo. Tra i ciclisti che personalmente più tiferò, c’è sicuramente Wout van Aert, curvo sul manubrio a pochi centimetri dal mio applauso e urlo di incitamento; ma già dopo la Dwars door Vlaanderen quell’urlo si è strozzato in gola, il battito delle mani trasformato in uno spostamento d’aria senza suono.

A 67 chilometri dall’arrivo della semiclassica belga, una terribile caduta nel gruppo di testa ha coinvolto il RollingStone di Herentals, procurandogli una frattura alla clavicola, allo sterno e a diverse costole.

Wout e una stagione compromessa

I primi soccorsi a Wout van Aert nella Dwars door Vlaanderen 2024

Questo impedirà sicuramente a Van Aert di partecipare alla Ronde van Vlaanderen e alla Paris-Roubaix, ma anche il Giro d’Italia è fortemente a rischio. Non tutte le fratture sono uguali, bisogna capire come sono queste; ma la velocità, la dinamica e il forte dolore non promettono nulla di buono.

Alla Grande Partenza del 4 maggio a Venaria, il poliedrico corridore belga è possibile non ci sia e inevitabilmente il pensiero correrà al violento capitombolo della Dwars, a quel pianto straziante udibile in diretta, che ha ferito anche noi, semplici spettatori e amanti delle due ruote.

Quando al Giro vedremo passare i corridori vicino, vorremmo che quel pianto si trasformasse in muscoli e fiato, in gioia per il ritorno del nostro Calimero giallo e nero; anche a costo di avere un’allucinazione: una dispercezione che cancelli la malinconia della sua assenza e quel maledetto pianto!

Non è nuovo Wout van Aert a gravi cadute, quella che occorse alla cronometro a Pau del Tour del France 2019, che gli squarciò la gamba, fu ancora più terrificante: molti di noi pensarono che quel giorno potesse terminare la carriera del talento belga. Poi bastò una gara di ciclocross, in cui ritornò a spingere forte sui pedali, a ridarci la gioia per il ritrovato corridore e, assieme a lui, la rivalità con Vedepè, la più poetica e appassionante del ciclismo dai tempi di Saronni-Moser. (Questo paragone è molto personale, legato al vissuto, ognuno può aggiungere in cuor suo la propria rivalità di riferimento).

Quest’anno, con la preparazione molto mirata alle due classiche monumento sulle pietre, si sperava potesse essere l’anno buono per Wout, soprattutto alla Roubaix, la corsa più adatta a lui; già ci si pregustava il duello rusticano nelle brulle campagne franco-fiamminghe, tra odori di birra e carbone, tra ricche città borghesi e figli poveri della crisi delle miniere, tra strade dalle pietre impilate ordinatamente in salita e quelle lanciate come dadi a terra dalla sorte.

Van Aert, il ciclista che più di tutti rappresenta la vita

Nauseati e preoccupati dalla vera guerra nel mondo, volevamo distrarci con un metaforico duello tra i due rivali, proprio in quelle campagne dove i veri eserciti passarono più e più volte, sostituiti da ciclisti in spoglie armature sintetiche, incapaci di nascondere la pelle grattata dopo una caduta.

Invece, come lo spettro di Banquo ferito a morte era presente al banchetto di Macbeth, ci apparirà sul Koppenberg e nella foresta di Arenberg la schiena ferita di Van Aert e, a differenza del re di Scozia, non perderemo il senno, invocheremo le tre streghe di riprendersi il fiele della sfortuna e ridare il latte al seno del Giro (Lady Macbeth).

Il tempo, come la carriera, scivola via senza molte delle vittorie che un corridore della sua classe merita, ma almeno ritorni presto quello straordinario personaggio letterario che è, smetta la sorte di accanirsi contro di lui! Tutti noi nella vita siamo l’alter-ego di un eroe bello e vincente, predestinato di stirpe nobile come il suo rivale olandese, tutti noi razzoliamo a terra, maledicendo la sfortuna.

Abbiamo bisogno delle sue sconfitte, delle sue folli vittorie, dei suoi sacrifici per i compagni di squadra, anche dei suoi regali in corsa, perché nessun corridore meglio di Wout oggi rappresenta la vita, irta come le rampe che dal ponte Isabella portano verso San Vito, più spesso con vento e nebbia che con sole primaverile. Speriamo che il nostro torni a ballare al Giro, la salute mentale degli appassionati è a rischio, alle allucinazioni preferiamo la realtà, non vogliamo fare la fine di Macbeth, e se proprio Van Aert deve essere il Banquo del ciclismo, che possa generare dei re, senza esser tale lui stesso.

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