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Un Mondiale di illogica fattura

25.09.2022 17:36

Le pagelle: la mancanza di radioline ha evidenziato profonde lacune tattiche, a farne le spese molti big. La gloria è solo per Remco. Laporte chirurgico, meno la sua nazionale. L'Italia può esser soddisfatta, ma c'è da recriminare


Remco Evenepoel - 10 e lode
La sua cavalcata, accecante per bellezza e per vigore, ha finito per identificarsi con Wollongong 2022, e viceversa; il Mondiale infatti verrà ricordato solo ed esclusivamente per la sua azione (al di là della brutta vicenda in cui è rimasto invischiato MVDP) tanto è stata portentosa e schiacciante per la concorrenza. I posteri parleranno di questo, al massimo dello sprint per la seconda piazza ma nient'altro, perché Evenepoel è riuscito nel giorno più importante dell'anno ad accentrare tutto su di sé, non lasciando lo spazio della ribalta a nessun altro e dando distacchi che definire d'altri tempi non risulta esagerato. E se è vero che in un certo senso gli altri grandi favoriti l'hanno lasciato andare e gli hanno quasi regalato due minuti, è altrettanto vero che lui quel margine non lo ha sperperato, anzi, ed è stato il più attivo nel tentativo. Le sue continue accelerate infatti, in salita o in pianura che fossero, e la menata di Hermans al quartultimo passaggio sul Mount Pleasant hanno affaticato i tre italiani, Schmid, Skjelmose e soprattutto Bardet, i rivali più pericolosi all'interno del drappello sganciatosi sotto l'impulso del francese Pacher e all'ennesima frustata non c'è stato più nulla da fare, il solo Lutsenko gli ha tenuto botta, ma è durato un battito di ciglia. Da lì in avanti rimaneva solo spazio per festeggiare: una gioia durata più di venti chilometri.
Si chiude oggi la sua annata d'oro, il battesimo con la maglia iridata avverrà nel 2023, ma non importa perché quest'anno l'Evenepoel trionfatore ce lo siamo gustati a sufficienza. In futuro gli avversari si ricorderanno che quando attacca lui o gli si va subito dietro o lo si lascia isolato e lo si rincorre con tutto il gruppo unito, non esistono vie di mezzo.

Christophe Laporte - 8
Laporte è il salvatore della Francia che con una volata al fulmicotone è riuscito a precedere Matthews, Van Aert, Trentin e Sagan e soprattutto a salvare la dignità e la faccia di una nazionale che ne ha combinate di tutte i colori. Christophe in prima persona non si è visto quasi mai, se non proprio sul rettilineo finale, ma ha corso attaccato saldamente alle prime posizioni del gruppo principale senza mai seguire gli scatti di atleti di calibro maggiore al suo, ma rimanendo a galla e regolandoli tutti nel finale. Un argento mondiale è un grandissimo risultato e quando è insperato come quello odierno ancor di più. Per inoltre Laporte rappresenta la classica ciliegina sulla torta di una stagione memorabile, la migliore della sua carriera.

Michael Matthews - 7.5
La classica gara alla Matthews, sempre ben nascosto e riparato dal vento in attesa della volata, si è risolta con il più classico dei risultati alla Matthews: il bronzo iridato, un metallo prestigioso che testimonia la costante presenza dell'australiano negli ordini d'arrivo delle grandi corse (per lui è il terzo podio mondiale dopo l'argento a Richmond e il bronzo a Bergen), ma che allo stesso tempo conferma al portacolori della BikeExchange che per ottenere l'acuto è necessario un po' più di coraggio, quello che ha dato prova di possedere nella splendida tappa di Mende, vinta davanti a Bettiol.

Wout van Aert - 7
Un voto che sta stretto al campione belga che oggi ha messo da parte gli egoismi e si è dato al 100% al piano di squadra, rischiando di perdere (e di fatto perdendola) l'opportunità di giocarsi la maglia iridata prima ancora di iniziare a pensarci seriamente. Tuttavia, la causa belga era superiore ad ogni prospettiva personale. WVA, ad ogni modo, si è mosso bene in corsa sin dalla provocazione francese su Mount Keira, prima che la Germania chiudesse inspiegabilmente il gap. Ha poi agito con intelligenza facendo il buco al gruppetto di Remco e successivamente seguendo i vari affondi di Pogacar e Madouas. Sul penultimo passaggio a Mount Pleasant, non conoscendo con esattezza la situazione in testa, ha tentato in prima persona di ricucire il gap nei confronti del drappello di Remco (da cui nel frattempo era evaso lo stesso Evenepoel), staccando tutti meno Bettiol e Honoré. Anche nell'ultimo giro si è mosso sul muro in compagnia del toscano, unico a saper tenere le accelerate del belga, rientrando dopo la discesa sul gruppetto di Bardet, Conci ed Hermans. Ripreso ai -400 dal gruppo Laporte-Matthews ha trovato ugualmente le energie per sprintare e nel dopo corsa ha dichiarato di non sapere che cosa ci fosse in palio nello sprint finale. Nel complesso una prova ottima, dove si è dimostrato con Bettiol il più forte in corsa dopo Evenepoel, e nella quale è riuscito a staccare gli altri favoriti in salita, riaprendo una corsa al podio che sembrava già chiusa. Wout non esce di certo come il perdente di questo Mondiale, anzi, il suo peso e la sua forza sono stati determinanti nel momento in cui ha preso forma il gruppetto di Remco, ma in fondo è facile immaginare che proprio per l'ottima prestazione fornita rimanga un po' d'amaro in bocca per una possibilità di successo sfuggita via senza poterci far nulla. La stagione finisce qui, nel 2023 sarà tempo di raccogliere quanto seminato anche nelle classiche.

Matteo Trentin - 7
Il ruolo di Matteo alla vigilia era quello di uomo veloce per una possibile volata: detto fatto, il trentino della UAE si è fatto trovare nel posto giusto al momento giusto e ha colto un quinto posto che per le aspettative della nazionale non è male. Unico rimorso, stando alle parole dello stesso Matteo, aver seguito l'allungo di Pogacar prima dello sprint, che gli è costato la ruota del francese Laporte, primo del gruppo al traguardo.

Alexander Kristoff - 6.5
Un cagnaccio come il norvegese non poteva mancare al termine di una gara così lunga ed esigente, la sua volata però non è quella dei tempi migliori nonostante la buona rimonta: l'età inizia a pesare.

Peter Sagan - 6.5
Porta a casa un risultato e già questa è una notizia viste le ultime uscite. Lo fa come al solito difendendosi alla morte e cercando di perdere il meno possibile sugli strappi, con una condotta che solamente un paio di anni fa avremmo giudicato in modo totalmente diverso. Però ormai Peter ha perso smalto rispetto al leone di un tempo e allora non rimane altro che gustarci anche questo poco significativo settimo posto nella speranza di rivederlo più combattivo prima o dopo.

Alberto Bettiol - 7.5
Dal capitano della formazione azzurra c'era chi si attendeva grandissime cose e chi invece non lo riteneva all'altezza dei super big del ciclismo odierno. Alberto ha dato ragione ai primi, dimostrandosi di fatto tra i tre-quattro atleti più forti in gara, limitato solo da uno scenario tattico penalizzante che ha imbrigliato addirittura Van Aert, e da un circuito poco selettivo, dove inseguire era più facile che mantenere il margine guadagnato sulle salite. Ripreso dal grosso del plotone a 400 dall'arrivo Bettiol è saltato sulle ruote di WVA per cercare ugualmente un piazzamento nei dieci. L'ottavo posto non è molto in relazione a quel che ha palesato oggi il vincitore del Fiandre 2019, ma comunque qualcosa per cui è valso la pena lottare e che restituisce un po' della fatica messa sulla strada.

Mattias Skjelmose Jensen - 5
A un chilometro dalla fine aveva raggiunto il massimo risultato ottenibile, vale a dire una probabilissima medaglia d'argento, tuttavia l'eccessivo tatticismo nelle ultime centinaia di metri gli è costato forse la più grande soddisfazione della carriera. Il voto si abbassa di conseguenza proprio per punire questa leggerezza imperdonabile. Prima di quei maledetti, per lui, ultimi mille metri si era mosso perfettamente seguendo al momento debito Evenepoel e sfruttando l'aiuto di Rota, Mauro Schmid (6.5, ci ha creduto molto più di altri e ha a propria volta sfiorato la medaglia) e Pascal Eenkhoorn (7, lui come lo svizzero, però aveva meno responsabilità alla vigilia) per riportarsi su Lutsenko e salire virtualmente sul podio.

Lorenzo Rota - 5
Anche nel suo caso una gara esaltante rovinata dal finale in cui i quattro inseguitori sono andati in cortocircuito. Dei tre italiani nel gruppo Remco era sicuramente il più forte e quasi nessuno se lo sarebbe aspettato ancora in gioco per il podio sulla retta d'arrivo. Ma a maggior ragione per questo motivo, e cioè che un'altra opportunità del genere potrebbe non ricapitargli più, il finale surreale di cui è stato vittima e artefice nasconde tutto ciò che di buono aveva combinato in precedenza.

Tadej Pogacar - 5
Remco o non Remco, oggi per Pogacar non era giornata. Il Mondiale a dir la verità era anche iniziato in modo positivo con l'azione giù dal Mount Keira, ma le trenate dei tedeschi hanno vanificato gli sforzi dello sloveno nella prima parte di corsa per mantenere il margine accumulato con fatica. Nulla di grave, però qualche stilla di energia l'ha lasciata per strada e nel finale gli sono mancate le forze per marcare la selezione che tutti si attendevano. Anche rispetto ai brillanti Van Aert e Bettiol, Pogi ha perso terreno al passaggio su Mount Pleasant negli ultimi due giri rimanendo con i vari Laporte, Matthews e compagnia. Poco prima del traguardo ha tentato di anticipare la volata senza però riuscirci, arrendendosi infine ad un mesto posto diciannovesimo posto.

Alexey Lutsenko - 8
L'unico che per almeno qualche minuto ha dato al mondo l'illusione di poter battagliare con Evenepoel. Il kazako in quel tentativo ha messo tutto se stesso, arrivando a corto di energie negli ultimi chilometri e perdendo di conseguenza un argento che per l'andamento della prova sarebbe stato senza dubbio meritatissimo.

Romain Bardet - 5.5
Ha fatto tirare Sénéchal sperando di battere Remco e poi, quando questi si è intestardito con gli scatti in pianura, invece di rimanersene buono e passivo aspettando la salita per provare a testare il belga, lo ha seguito in ogni allungo e ne ha pagato quasi subito il prezzo, a differenza del formidabile passista-scalatore fiammingo che in tali situazioni si esalta. In tutto ciò, però, ha tenuto in scacco il resto dei francesi, indirizzando l'esito della corsa in maniera definitiva. Rimasto escluso anche dalla battaglia per i primi cinque posti , proprio dopo la fiamma rossa è stato passato in tromba anche dal gruppo guidato dai suoi compagni di squadra e ha concluso nelle retrovie un Mondiale che sembrava destinato a memorie più gioiose.

Belgio - 9
Il Belgio stavolta, a differenza di Lovanio, le proprie carte se l'è giocate molto bene, sin dalle menate francesi sul Mount Keira, sulle quali lo stesso Van Aert si è trovato pronto a rispondere. Serry in fuga con altre seconde linee assicurava tranquillità al resto della squadra, che in tal modo poteva risparmiare i vari Van Hooydonck, Dewulf, Stuyven e Lampaert per il finale. Inserire poi ben tre uomini nell'azione proposta da Pacher si è rivelato azzeccatissimo perché uno di questi ha scavato il vuoto sul plotone (Dewulf) e gli altri due hanno contribuito a fiaccare la resistenza degli attaccanti preparando il terreno alla botta di Remco. E se questo piano fosse andato male rimaneva comunque la carta principale da mettere sul tavolo: Van Aert. Per poco i belgi non han fatto uno-due, ma questa gara, con qualsiasi scenario di corsa e preparata come l'avevano preparata loro, cioè da squadra, non l'avrebbero mai persa.
Chapeau al tecnico della nazionale Vanthourenhout che è riuscito a sfruttare il clamoroso capitale umano a disposizione.

Italia - 5.5
Con i voti alle nazionali non stiamo giudicando il mero risultato numerico delle formazioni, che per gli azzurri non è affatto negativo viste le aspettative, ma i loro movimenti durante la corsa. Positivo, ad esempio, l'inserimento di Battistella nel drappello di Sivakov. Gli italiani, unendo a delle ottime gambe anche la testa e la lucidità tattica, avrebbero potuto muoversi meglio, soprattutto alla luce delle cospicue energie a disposizione di ognuno. Per prima cosa, sull'attacco di Remco sarebbe stato saggio inserirsi con uno tra Trentin e Bagioli, tenendo il Bettiol formato deluxe di oggi in copertura su Wout, in modo da esser al sicuro in qualsiasi scenario. Poi, una volta osservata la facilità con cui Bettiol ha risposto all'allunghino di Madouas, un'opzione da considerare sarebbe stata quella di fermare Conci, Battistella e Rota, provare a chiudere su quelli davanti e giocarsi il tutto per tutto con Bettiol, atleta che quando è in giornata vale i migliori al mondo. L'assenza di radioline, tuttavia, rallentava la messa in atto di tale decisione. Non si considera l'errore individuale di Rota, perché appunto, legato esclusivamente al singolo e non all'Italia come insieme.

Francia - 3
I veri sconfitti della prova iridata, nonostante l'argento di Laporte. Si dà atto ai francesi di aver acceso la gara, ma le tattiche che hanno partorito con lo squadrone che avevano a disposizione sono alquanto cervellotiche. Innanzitutto non si è ben capito cosa avesse in mente Sénéchal quando si è messo a tirare a tutta nel gruppetto con Bardet e Remco, decidendo di fatto la corsa in favore di quelli davanti, mentre tutti i capitani erano nel gruppo principale e non potevano dare l'ordine di inseguire i loro stessi connazionali. Un profilo come quello di Bardet, sul percorso di Wollongong, parte battuto 99,5 volte su cento da Evenepoel, mentre Madouas, Cosnefroy, Alaphilippe e Laporte (in volata) possono giocarsi con più efficacia le proprie carte. Compresa con grave ritardo la situazione, la formazione di Voeckler si è fermata davanti ed è partita all'attacco da dietro con Madouas, ma, ancora una volta, dopo aver scremato un buon drappello si sono fermati, rinunciando a rientrare sulla testa della corsa per non dover sacrificare uno tra Alaphilippe e Cosnefroy. Danno ormai irreparabile, la riorganizzazione finale tardiva è servita solamente a prendersi una medaglia, ma con le potenzialità che avevano in squadra e la forza complessiva dimostrata non possono essere soddisfatti, soprattutto perché è loro la responsabilità dell'enorme divario formatosi tra il gruppo Remco e quello con gli altri big.

Germania & Spagna - 4
Le due squadre meno forti tra quelle di tradizione, eppure hanno tirato sin dal via chiudendo su quasi tutte le azioni, perdendo così i propri uomini apparentemente senza motivo e togliendo le castagne dal fuoco a molte altre nazionali che avrebbero avuto tutto l'interesse a collaborare con loro.

Australia - 3.5
Se i francesi hanno sbagliato a fidarsi di Bardet, che comunque qualche buon risultato nelle corse in linea lo vanta, gli australiani han fatto ancor peggio puntando su Hindley invece di inseguire a testa bassa per Matthews, una garanzia di piazzamento in corse di tale importanza. I padroni di casa hanno iniziato a rincorrere il G1 quando questo aveva più di due minuti, ma sarebbe bastato tirare subito (il gap era ancora nell'ordine dei 20-30") per salvare la corsa e provare a chiudere nel finale, o seguendo gli scatti di qualcuno o con un'azione di squadra. Invece rimanendo passivi hanno determinato le sorti dell'intero gruppo, costringendo i favoriti (meno Remco) alla lotta per le posizioni di rincalzo. Solamente il finale surreale di Schmid, Rota, Lutsenko e Skjelmose ha concesso ai velocisti di sprintare per il podio, altrimenti staremmo parlando di una caporetto australiana e in un certo senso è così, almeno per lo spettacolo.

Gran Bretagna - 3.5
Non si sono mai presi la benché minima responsabilità, neppure nei momenti in cui la logica l'avrebbe suggerito. Hanno rinunciato a puntare sulla volata di Hayter per far stancare altre nazionali e tenere più uomini possibili per un finale dove però non sarebbero più state in palio le posizioni di spicco. L'opposto di Spagna e Germania.
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