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L'Italia ed i suoi disastri

14.11.2017 17:18
Non solo il calcio: da Valkenburg 1948 a Lisbona 2001, anche il mondo del pedale ha vissuto débâcle clamorose

È inutile nascondersi o recitare la parte dei disinteressati, soprattutto per chi è amante dello sport: la notizia del giorno è clamorosa mancata qualificazione dell'Italia ai Campionati del Mondo di calcio che si disputeranno la prossima estate in Russia. Il risultato degli azzurri ha caratterizzato le prime pagine dei giornalisti sportivi di mezzo mondo anche perché per trovare l'unico precedente bisogna risalire a ben sessant'anni fa quando molti di noi non erano ancora nati o erano troppo giovani per portarsi ricordare.

Vista la grande importanza che ricopre il calcio nella società italiana, per molti fieri appassionati di altri sport questa notizia può essere l'occasione per gongolare un po' e magari per rivendicare un po' più di meritata visibilità sui media. Noi invece vogliamo ricordare i momenti più oscure e discussi della maglia azzurra in campo ciclistico: non stiamo parlando delle semplici delusioni che inevitabilmente caratterizzano lo sport e neanche della striscia in atto di nove Mondiali consecutivi senza una medaglia, ma piuttosto di quei fatti che ancora oggi fanno tanto discutere quando vengono riportati alla memoria.

Valkenburg 1948, la rivalità tra Bartali e Coppi
L'Italia non vince un Campionato del Mondo dal 1932 ed a Valkenburg si presenta ai nastri di partenza con Gino Bartali reduce dallo spettacolare trionfo in rimonta al Tour de France e Fausto Coppi che aveva appena vinto la Tre Valli Varesine ma che era reduce dalle polemiche (e dalla breve squalifica) del Giro d'Italia per gli aiuti ricevuti da Fiorenzo Magni. Nel Mondiale olandese la rivalità tra i due campionissimi raggiunge uno dei suoi picchi massimi: Bartali e Coppi si controllano e si marcano stretti, entrambi temono che ogni mossa con l'avvantaggiare l'altro e finiscono presto per annullarsi a vicenda. Per l'Italia non si trattava comunque si fatti nuovi: venti anni prima Binda e Girardengo fecero lo stesso a Budapest, idem Binda e Guerra nel 1933.

A Valkenburg Bartali e Coppi neanche raggiungono il traguardo, ritirandosi entrambi in anticipo: una vergogna incredibile e polemiche a non finire, la federazione arriva addirittura a squalificare i due protagonisti per il loro atteggiamento, una squalifica di due mesi (poi diventato uno solo) più simbolica che altro ma che pone le base per la tregua siglata a inizio 1949 tra Coppi e Bartali in vista del successivo Tour de France in cui finiranno primo e secondo.

Tour de France 1950, l'aggressione dell'Aspin
Le maglie non sono azzurre bensì portano i colori del tricolore, ma sempre di squadra nazionale si tratta. Una brutta caduta al Giro d'Italia impedisce a Fausto Coppi di difendere la sua maglia gialla dell'anno prima, a capitanare la nazionale in Francia sono quindi Gino Bartali e Fiorenzo Magni: i nostri partono fortissimo e fanno infuriare i francesi che li accusano di essere dei succhiaruote. Quando si arriva sui Pirenei la situazione degenera: Bartali sta bene, ma tuttavia decide aspettare i rivali in salita per non far accendere i tifosi di casa, non basta perché sul Col d'Aspin da insulti e spunti si passa anche alle mani e qualcuno assicura di aver visto anche brillare una lama nella confusione.

Nonostante il caos Gino Bartali vince la tappa sul traguardo di Saint-Gaudens e Fiorenzo Magni balza in testa alla classifica generale. I fatti dell'Aspin, però, hanno sconvolto e fatto infuriare Bartali che subito dopo l'arrivo decide di ritirarsi dalla corsa e a nulla valgono i tentativi di convincerlo ad un ripensamento o le rassicurazioni fatte dall'organizzazione in tema di sicurezza. Il campione toscano va a casa e, senza il capitano, lo seguono tutti gli altri corridori italiani presenti: tra loro anche Fiorenzo Magni che abbandona da primo in classifica e con la possibilità, mai ricapitata in futuro, di lottare per la vittoria del Tour. Tra le varie teorie formulate in seguito a questo episodio c'è anche quella che vorrebbe Gino Bartali infastidito dall'ascesa del cosidetto "terzo uomo": tutto avrebbe potuto sopportare meno che dover fare di nuovo i conti con un rivali all'interno della sua stessa squadra.

Praga 1981, moseriani e saronniani
I dualismi più accessi hanno sempre creato qualche problema alle varie nazionali e non poteva quindi essere da meno la rivalità tra Giuseppe Saronni e Francesco Moser. In quegli anni l'Italia del pedale è divisa in due fazioni contrapposte ed inevitabilmente anche la selezione azzurra guidata da Alfredo Martini ne risente: il Campionato del Mondo del 1981 si disputa a Praga su un circuito non particolarmente selettivo, ma l'Italia non è compatta e nel finale la paga. Nonostante una situazione favorevole allo spunto veloce di Saronni, Gianbattista Baronchelli attacca più volte e alla fine sembra anche per poter arrivare fino al traguardo assieme a Robert Millar: per l'Italia non è una brutta situazione, ma dal gruppo sono i gregari di Giuseppe Saronni a chiudere.

Nel finale Francesco Moser non partecipa al treno per il connazionale-rivale e fa la volata per sé finendo sesto, è ancora Gianbattista Baronchelli a lavorare in testa al gruppo ma il bergamasco lascia Giuseppe Saronni al vento troppo presto, quest'ultimo tenta uno sprint lunghissimo ma finisce secondo superato da solo Freddy Maertens e con Bernard Hinault in terza posizione. Saronni non dovrà aspettare molto per rifarsi: l'anno successivo il titolo mondiale sarà suo grazie alla celeberrima Fucilata di Goodwood.

Lisbona 2001, il "tradimento" di Lanfranchi
L'Italia non vince dal 1992 ed è reduce da diversi Mondiali in cui lo spirito di gruppo era venuto meno: a Plouay nel 2000 c'è il litigio tra Michele Bartoli e Paolo Bettini ed è l'ultimo capitolo di Antonio Fusi come commissario tecnico che a metà del 2001 viene sostituito da Franco Ballerini che si era ritirato dall'agonismo solo da pochi mesi. Per il mondiale portoghese il ct sceglie una fortissima e piena di talento, forse anche troppo: ci sono Michele Bartoli e Paolo Bettini, ma anche Francesco Casagrande, Davide Rebellin, Gilberto Simoni, Danilo Di Luca, Ivan Basso, Daniele Nardello, Giuliano Figueras, Paolo Lanfranchi, Gianni Faresin ed Eddy Mazzoleni; ancora una volti i nostri sono presenti in massa nel primo gruppo nel finale di corsa.

All'ultimo giro Gilberto Simoni approfitta di una trenata di Jan Ullrich in salita per attaccare e prendere un certo margine di vantaggio sul gruppo. Arriva o non arriva? Questa è una domanda che ancora oggi scatena discussioni infinite, ma di certo c'è che è stata una trenata di Paolo Lanfranchi a risvegliare un gruppo che stava un po' sonnecchiando in quel momento; i più maligni fanno notare che Lanfranchi era un corridore della Mapei come anche Oscar Freire e Paolo Bettini che finiranno primo e secondo in volata (con il grillo incavolato per non aver ricevuto aiuti nel finale) e pure il ct Ballerini fino a pochi mesi prima vestiva la maglia del team di patron Squinzi. Come già accaduto in passato, però, ad un disastro azzurri di grosse proporzioni ha fatto seguito un grande risultato: a Zolder 2002, infatti, una belle più belle prestazioni corali ha portato al successo Mario Cipollini interrompendo un digiuno di nove edizioni.
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