Professionisti

Non lo prendevate mai

25.03.2018 17:29

Peter Sagan vince la Gand-Wevelgem (e sono tre), Elia Viviani piange lacrime amare per il secondo posto, ma era quasi impossibile battere l'iridato. Démare a podio, Trentin settimo


Cosa piangi cosa, Elia, cosa? Va bene, hai speso uno squadrone, hai speso nientemeno che un Philippe Gilbert magnificamente devoto alla tua causa, hai pregustato per chilometri e chilometri questa agognata vittoria, ti sei detto cento volte tra te e te "l'unico che temo possa battermi è Groenewegen, tutti gli altri velocisti li batto io", come peraltro avevi dichiarato qualche giorno fa dopo il tuo successo a La Panne, e guarda un po' le cose della vita, Groenewegen in quel bellissimo gruppetto non c'era. Non c'era neanche Alexander Kristoff, che da queste parti è sempre temibile, e che l'anno scorso ti riservò la delusione più grossa al Campionato Europeo. Non c'era uno, non c'era l'altro, c'era invece una Quick-Step Floors come al solito vorace a controllare e guidare la corsa, e lo faceva per te, in una delle classiche più ambite di questo scorcio di ciclismo.

Tutto era perfetto, apparecchiato, così come perfetta è stata la tua posizione alla ruota di Démare, quello che, della categoria, ritenevi il più temibile nel frangente; perfetta è stata la tua rimonta sul francese, perfetto il sorpasso, perfetto tutto, eppure...

Eppure dall'altra parte della strada c'era quello con cui non avevi fatto i conti. Uno che al contrario di Démare (e degli altri sprinter ivi presenti) non fa parte della categoria, perché lui fa proprio categoria a sé. C'era Peter Sagan, dall'altra parte della strada, ed era lui che andava a vincere, per la terza volta in carriera, la Gand-Wevelgem.

Tra la rabbia incontenibile della linea d'arrivo, quando hai martoriato a pugni il tuo povero manubrio, e le lacrime tormentate dell'asfalto su cui ti sei seduto poco dopo, avrai pensato che quest'occasione non dovevi sprecarla, mai nella vita. Che in Quick-Step, anche per l'infortunio di Gaviria, ti si è spalancato un trono da capitano, in certe gare, e non è detto che in futuro sia sempre così, non dipende in toto da te anche perché intorno stanno crescendo giovanotti dal sicuro futuro, concorrenza interna con cui fare i conti un domani.

E avrai pensato tutti gli accidenti possibili all'indirizzo di Sep Vanmarcke, che rinculando dopo il suo tentativo dell'ultimo chilometro, ha ostacolato te e Démare che ti era davanti, e pure Sacha Modolo (suo stesso compagno di squadra, tra l'altro) che ti era dietro. Ti resterà a lungo il rimpianto di quel che avrebbe potuto essere se non avessi perso quella pedalata, per dribblare Sep, ma non fare drammi, non piangere più. Perché Sagan, comunque, al 98% non l'avresti superato.

Peter era arrivato alla Gand-Wevelgem 2018 a fari smontati più che spenti. Una brutta Milano-Sanremo appena la settimana scorsa, una brutta E3 Harelbeke ancora l'altro giorno, non erano queste le credenziali di chi si presenta da favorito a una corsa. E tanti altri rivali che non gli avrebbero certo servito il successo su un piatto d'argento. E una situazione di gara in cui, a giocarsi la vittoria, c'erano fior di ruote veloci in un gruppetto abbastanza ristretto (una ventina di uomini).

Ma a volte in certi corridori brilla il lampo di genio, quello che li fa anticipare di pochi metri la volata, che li fa proiettare su una traiettoria alternativa a quella degli altri, che fa capire loro che gli avversari si infileranno in un imbuto, e li conduce sulla strada libera, e a volte libertà e vittoria coincidono. Non sempre (anzi di rado), ma nel ciclismo più che in altri mondi. E in Sagan più che in altri ciclisti.

 

La fuga dei pistard tra Ganna e Van Schip
Giorno di sole in Belgio, tra Gand e Wevelgem, sulla linea immaginaria e arzigogolata che unisce due delle città del ciclismo più bello. L'80esima edizione di questa classica da sempre "la minore per eccellenza" è partita con truppe incerte, nessuno sapeva se andare in fuga, o quando, finché al km 35 dei 250 abbondanti previsti si è mosso il gruppetto buono, formato da 6 uomini: due olandesi della Roompot-Nederlandse Loterij, Brian Van Goethem e Jan-Willem Van Schip, quindi i belgi Jimmy Duquennoy (WB Aqua Protect Veranclassic) e Frederik Frison (Lotto Soudal), il portoghese Jose Gonçalves (Katusha Alpecin) e pure un italiano, Filippo Ganna della UAE Emirates. Un po' di fresche medaglie dei recenti mondiali su pista in fuga, quelle dell'azzurro negli Inseguimenti (individuale, con titolo, e a squadre) e quelle del prode Van Schip nella Corsa a punti e nell'Omnium: polivalenza forever.

I 6 hanno guadagnato tanto, anche 10'20" a un certo punto, dopo 110 km. Poi, con l'avvicinarsi dei primi muri, la Groupama-FDJ di Démare ha iniziato a menare di brutto, e ha dimezzato il gap nel giro di 30 km. Sui primi muri, in rapidissima sequenza (6 in 20 km, dal 136 al 156), il gruppo si è più che altro sfilacciato, anche per via di qualche caduta o qualche noia meccanica qua e là sulle stradine della zona, ma senza che ci fossero eventi particolari da segnalare (al limite possiamo dire che Niki Terpstra, il vincitore di venerdì, proprio per una caduta ha perso terreno, disponendosi a vivere una giornata tutta all'inseguimento; la Quick-Step Floors aveva, ad ogni buon conto, altre ottime frecce).

Sul Kemmelberg, affrontato la prima volta ai -75, abbiamo notato Elia Viviani già appiccicato ad Arnaud Démare. Peter Sagan più indietro, ad alimentare i dubbi che si nascondesse o piuttosto che fosse ancora scarico. Sul Monteberg, nono muro ai -70, Yves Lampaert ha raccolto da Philippe Gilbert il testimone del "tiragruppo", e Sonny Colbrelli, come d'improvviso svuotato, ha mollato la presa rispetto alla prima parte del gruppo. Non il momento migliore della carriera del bresciano, si direbbe. In cima alla salitella contavamo 4' tra la fuga e il gruppo.

 

Sugli sterrati la BMC la mette giù dura
Superata la prima fase dei muri, la recente novità gandiana, gli sterrati. Tre settori tra i -60 e i -55, un punto del percorso da interpretare. La BMC di Greg Van Avermaet l'ha interpretato in senso battagliero: tutti davanti (Michael Schär e Stefan Küng protagonisti), una frustata dietro l'altra, il distacco dai primi abbattuto a 1'30", il gruppo sottoposto a pressioni molteplici, e quindi spacchettatosi in tanti drappelli, uno vicino all'altro. Era il segnale che la volata generale non sarebbe stata pane quotidiano oggi.

In compenso abbiamo visto, sul terzo settore (denominato "The Catacombs"), Peter Sagan guadagnare posizioni, assumere quelle a lui più consone. Usciti dalle catacombe, la corsa era diversa. Abbiamo iniziato a vedere tanti scatti, ai -53 è stato Jelle Wallays (Lotto) ad aprire le ostilità, portando via un gruppetto su cui si sono inseriti tra gli altri Küng, Alexey Lutsenko (Astana) e Lampaert, e poi anche Matteo Trentin (Mitchelton-Scott) con Zdenek Stybar alla ruota, e poi Sagan e Van Avermaet... 14 uomini a comporre un plotoncino che avrebbe pure potuto veleggiare via, se il gruppo non avesse tempestivamente ricucito ai -50.

Il tempo di una caduta nelle prime posizioni, coinvolti Stybar, Küng, Tony Gallopin (AG2R) e uno smadonnante Sacha Modolo (EF Education First-Drapac), e Wallays ci ha riprovato, ma stavolta Gilbert ha chiuso e si notava Dylan Groenewegen (LottoNL-Jumbo), fin lì tra i sorvegliati speciali, fare ottima guardia. Ci ha provato poi Sebastian Langeveld (EF), ma pure lui non ha avuto spazio. Più facile evadere se si ha indosso una maglia da Professional?, si sarà chiesto Alex Kirsch a quel punto; e per darsi una risposta, ha effettivamente provato ai -46: gli hanno lasciato spazio.

Sul lussemburghese della WB Aqua Protect Veranclassic è rientrato il tarantolato Wallays in compagnia di Viacheslav Kuznetsov (Katusha), quindi si è fatto sotto anche Julien Vermote (Dimension Data), ed ecco il quartetto destinato a prendere il largo e ad andare sui fuggitivi, che intanto si dibattevano con meno di un minuto di margine.

Il gruppo, come rilassatosi d'improvviso, si è rialzato abbastanza, lasciando che il margine di chi era davanti riprendesse - contro pronostico - a salire, fino a tornare sull'1'35", quando l'AG2R (con Julien Duval) ha preso in mano le redini del plotone su cui intanto, dato il rallentamento, c'erano stati diversi rientri da dietro.

 

Quasi tutti i più forti nel gruppetto che comanda dopo il Kemmelberg
Gli ultimi due muri, allora. Prima del Baneberg, ai -41, è uscito l'ottimo Marcus Burghardt (Bora-Hangrohe), prezioso gregario saganiano (più di un Daniel Oss in ombra), ma Duval ha chiuso. Azione utile per rimettere pepe in gruppo, comunque. I quattro contrattaccanti hanno raggiunto sul muro i sei battistrada ai -39, e il gruppo era ancora distante un minuto tondo.

Prima dell'ultimo Kemmel ci ha provato allora Guillaume Van Keirsbulck (Wanty-Groupe Gobert), e Burghardt è andato con lui; intanto davanti le gambe presentavano il conto a più d'uno: non si era ancora sul muro e le trenate di Kuznetsov facevano staccare Gonçalves e Duquennoy; il Kemmelberg ha invece brutalmente respinto le ambizioni di Filippo Ganna, rimbalzato pesantemente, e di Frison. Restavano al comando in 6: i contrattaccanti e i due mirabili Roompot.

Vediamo di nuovo il gruppo: Gilbert, a cui la gambetta scappava abbastanza, ha anticipato tutti gli altri, guidati da Sep Vanmarcke (EF). Ovvio che la durezza del Kemmelberg (ai -34) facesse emergere naturalmente i più forti specialisti, ma faceva piacere vedere ancora nelle prime posizioni Viviani, mentre Gianni Moscon (Sky) a causa di un contatto con un Cofidis (forse Laporte), si andava a transennare a bordo salita, perdendo così la pedalata e - si vedrà - preziosissimi secondi che non avrebbe più potuto ritrovare in seguito. Sarà per la prossima corsa.

Il muro simbolo della Gand-Wevelgem ci ha quindi restituito un drappello costituitosi tra la salita e la discesa, e composto dai 23 su cui più nessuno sarebbe rientrato, ma che semmai avrebbero infine raggiunto i battistrada. Elenco doveroso: Quick-Step ovviamente in forze, con Viviani accompagnato nientemeno che da Gilbert, Lampaert e Stybar; EF con Vanmarcke e un ottimo Modolo, bravo a recuperare in fretta dopo la caduta; Bora con Sagan e Burghardt; Mitchelton con Trentin e Luka Mezgec; Lotto con Jens Debusschere e Frison, trovato strada facendo; cani sciolti in quantità nelle persone di Van Keirsbulck, Oliver Naesen (AG2R), Wout Van Aert (Véranda's Willems-Crelan), Van Avermaet (stranamente da solo), Jasper Stuyven (Trek-Segafredo), Démare, Danny Van Poppel (LottoNL), Preben Van Hecke (Sport Vlaanderen-Baloise), Michael Matthews (Sunweb), Christophe Laporte (Cofidis) e Filippo Ganna.

Dietro restavano alcuni bei nomi come Kristoff, Groenewegen (molto in ombra lui nell'ultima parte di corsa) e tutti gli Astana, con la squadra kazaka che ha provato subito a reagire per chiudere sui contrattaccanti, ma senza riuscire a colmare quei 10" che poi non ci hanno messo troppo a diventare 20 e 30 e ciao; a nulla sarebbe servito, più avanti, il disperato tentativo di rimonta a tre operato dal citato Kristoff coi celesti Michael Valgren e Magnus Cort Nielsen.

 

Grande volata di Sagan, grandi rimpianti per gli altri
L'aggancio dei 23 ai 6 di testa si è consumato a 25 km dall'arrivo. Poco dopo Frison ha avuto ancora la forza di tentare un allungo, chiuso da Stybar; momento di nuove frustate sul gruppo, e i più stanchi ci hanno rimesso il posto: staccati ai -21 Ganna e proprio Frison, quindi Kirsch, Wallays e pure - un po' a sorpresa - Van Poppel. Restavano in 24, e tiravano più o meno tutti, con menzione speciale per i due Roompot, protagonisti praticamente dall'inizio alla fine; si notava inoltre che Mezgec, pur veloce, si sarebbe votato alla causa di Trentin.

Ruote veloci, in abbondanza: Viviani, Démare, Debusschere, Matthews, Naesen, Modolo, lo stesso Trentin, e non dimentichiamoci ovviamente di Sagan. Si presumeva uno sprint incertissimo, come sempre avviene in queste circostanze. Ai -14 una veemente progressione di Stybar ha fatto staccare Van Hecke. Ci si aspettava qualche contropiede, ma la Quick-Step ha fatto le cose per bene per Viviani, Gilbert per dire ha fatto una tiratona dai -7 ai -3 senza chiedere un cambio, e al contempo senza permettere a chicchessia di mettere il naso fuori. Qualcuno si chiede se non fosse forse il caso di tentare, da parte del team belga, qualche azione con Gilbert stesso o con Stybar o Lampaert, piuttosto che attendere la volata. Il rischio era che chiunque dei tre fosse partito, si sarebbe trovato nella situazione di portarsi appresso uno più veloce di lui (e come visto, nel gruppetto ce n'erano parecchi di sprinter). A volte la tattica più liscia è quella più efficiente.

Quando Gilbert si è spostato, ecco che finalmente qualcuno ha osato, ed era Van Goethem, uno dei due superstiti della fuga del mattino, a 2300 metri dall'arrivo: complimenti per la persistenza! L'olandese ha avuto l'onore di venir ripreso da Gilbert, poi ai 1500 ci ha provato Van Avermaet, ma Van Aert ne ha bagnato subito le polveri. Al triangolo rosso ha accennato un'ultima volta Van Keirsbulck, ma neanche ha preso margine; ecco allora il tentativo di Vanmarcke, partito forte agli 800 metri, e per chiudere sul quale Lampaert ha dovuto dar fondo alle ultime energie (posto che Mezgec, che tirava nel momento dello scatto di Sep, non ci aveva neanche provato).

Comunque il capitano EF è stato rimesso nel mirino, sul lato destro della strada, e mentre si andava a riprenderlo partiva la volata, ché ormai era ora: i maggiori movimenti si sono sviluppati proprio sulla destra, ma Sagan era al centro, dietro a Stuyven. Lampaert apriva la strada per Viviani di qua, Sagan si spostava verso sinistra di là; Démare si inseriva tra i Quick-Step di qua, Sagan partiva di là, ai 250 metri; Démare con Viviani a ruota si trovava a dover scartare per dribblare alle transenne Vanmarcke di qua, Sagan trovava strada aperta e nessuno a contrastarlo di là.

Quando ai 100 metri tutti quelli impegnati nello sprint si sono rimessi in linea, Sagan era ormai imprendibile. Viviani ha rimontato benissimo su Démare e l'ha superato, e entrambi hanno superato Laporte che aveva provato a seguire Sagan, mentre Debusschere da dietro si beveva Trentin.

Braccia alzate senza dubbio alcuno per Sagan primo, mani spellate sul manubrio a forza di pugni per Viviani secondo. Démare ha colto un altro podio in questa sua ottima fase di stagione (terzo alla Sanremo, secondo alla Kuurne un mese fa, e in mezzo una vittoria alla Parigi-Nizza e altri piazzamenti interessanti), giù dal medesimo son rimasti Laporte, Debusschere e Naesen; Trentin ha chiuso settimo davanti a Stybar, Stuyven e Van Aert; Modolo, anch'egli ostacolato involontariamente da Vanmarcke, è rimasto fuori dai 10, undicesimo. Matthews e Van Avermaet neanche hanno sprintato, tredicesimo e quattordicesimo (preceduti da Van Schip dodicesimo). Kristoff è arrivato a un minuto senza essersi mai arreso, gli resterà un supplemento di fondo in vista del Fiandre.

Delle lacrime di Viviani abbiamo già scritto in apertura, ma al di là di ogni valutazione Elia deve star tranquillo, non è vero che gli mancheranno altre occasioni, e perdere da questo Sagan ci può sempre stare. Anzi, è importante che Peter torni a essere Peter alla vigilia delle due classiche più importanti: come lui stesso ha dichiarato a fine corsa, "alla E3 non ero proprio al massimo, ma ho progettato di esserlo appunto per Fiandre e Roubaix". Abbiamo il vago sentore che continueremo a emozionarci parecchio, nelle prossime gare. Scorta di popcorn e birra, obbligatoria.
Notizia di esempio
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!