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Colbrelli: «Bergen grande obiettivo»

17.08.2017 16:05

Intervista al bresciano della Bahrain Merida, che traccia un bilancio del debutto al Tour e si proietta verso i prossimi appuntamenti


La svolta della carriera di Sonny Colbrelli è arrivata in questa stagione. Dopo cinque anni passati alla Bardiani CSF, il bresciano è passato in una squadra World Tour compiendo quel salto di qualità che ancora gli mancava. Gli anni vissuti alla corte della famiglia Reverberi gli hanno permesso di imparare molto ma lo scorso inverno era giunto ad un bivio: provare a diventare un campione o rimanere un semplice corridore.

Proprio per questo che, alle soglie dei ventisette anni, quando ha ricevuto la chiamata della Bahrain Merida, non ha esitato un attimo ad accettare la proposta della neonata compagine mediorientale. E così eccolo proiettato sul palcoscenico del ciclismo mondiale. Gli insegnamenti ricevuti dai Reverberi, a quali Sonny deve molto, sono stati fondamentali per riuscire sin da subito a superare le difficoltà nel passare da una Professional ad una World Tour.

Alla Paris-Nice, sua seconda prova stagionale nel massimo circuito, il bresciano riesce subito ad esultare. Ad Amilly, sotto una fitta pioggia, si lascia alle spalle corridori del calibro di Degenkolb, Démare e Groenewegen in una volata di potenza. Il medesimo stato di forma lo accompagna nelle classiche: al debutto, o quasi, sulle pietre coglie due top 10 fra Harelbeke e Ronde van Vlaanderen. Nelle più tradizionali côte ardennesi ecco l'affermazione alla Freccia del Brabante, dove si leva tutti di tutti di ruota, e il nono posto all'Amstel.

Se la sua prima parte di stagione lo ha visto competere in molti terreni a lui sconosciuti, altrettanto si può dire per il segmento centrale del suo 2017. Dopo cinque presenze di fila al Giro, ecco il debutto al Tour de France, nell'appuntamento più atteso dell'intera annata ciclistica. E partendo proprio dalla Grande Boucle, Sonny si racconta.

Cosa ti ha lasciato il tuo primo Tour de France?
«Mi ha insegnato molte cose che porterò con me in tutta la mia carriera. In particolar modo di non abbassare mai la guardia anche nelle tappe più tranquille; queste ultime, infatti, possono rivelarsi più insidiose di altre»

Se dovessi scegliere un momento di questa esperienza?
«Quando siamo arrivati a Parigi. Sugli Champs-Élysées c’era una marea di gente e sono rimasto stupefatto davanti a tale spettacolo di pubblico. Non è neppure semplice da descrivere: solo un corridore può raccontare certe emozioni come passare accanto all'Arc de Triomphe. In quel momento mi sono detto “sono arrivato a Parigi”. Ed è un'esperienza sicuramente da ripetere»

Mentre quello più difficile?
«L’ottava tappa (la Dôle-Station des Rousses, ndr) vinta da Lilian Calmejane, senza dubbio. Io ho vissuto una giornataccia: ho anche pensato di abbandonare la Grande Boucle e di tornare a casa»

C’è stata una volta che al Tour hai pensato “ma chi me l’ha fatto fare”?
«A dir la verità già durante la terza tappa, quando ha vinto Peter Sagan. Abbiamo corso gli ultimi 50 km ad una velocità incredibile e dentro di me dicevo “perché perché perché una velocità così folle!”»

Adelina (la fidanzata, ndr) ed il tuo fan club ti sono stati molto vicino sulle strade di Francia
«I miei tifosi, la mia famiglia ed Adelina mi hanno supportato molto nell'arco delle tre settimane. Li ringrazio per tutto quello che hanno fatto perché nei giorni difficili mi hanno sempre dato la forza di andare avanti»

Cosa ti porti a casa da questa esperienza?
«Dal mio primo Tour de France torno con la consapevolezza che, in futuro, qualche tappa la potrò affrontare con l’obiettivo di cogliere il massimo risultato»

Hai il rimpianto di essere arrivato tardi in una squadra World Tour e quindi di aver disputato solo quest’anno la tua prima Grande Boucle?
«Ad essere sincero, ho un po’ di rammarico, visto che sarei dovuto approdarci già uno o due anni fa. Tuttavia devo dire che anno per anno con la Bardiani sono cresciuto senza pressione e stress e questa esperienza mi ha trasmesso valori importanti per la mia crescita»

Con cinque presenze al Giro d’Italia alle spalle, qual è la principale differenza che hai notato tra la corsa rosa e quella francese?
«Il modo in cui si affronta una tappa pianeggiante: al Giro d’Italia è quasi come un giorno di scarico mentre al Tour de France non è così perché si va a tutta sin dal primo km e, per tale motivo, non bisogna mai abbassare la guardia in nessun momento della tappa»

Al Tour hai disputato gli sprint sia ai traguardi volanti che all’arrivo: come hai affrontato questa sfida e come hai gestito lo sforzo?
«Ho provato a disputare tutti e due gli sprint; è stato molto difficile poiché bisognava dosare le forze giorno per giorno. L’importante comunque era non andare fuori giri sin dall'inizio; altrimenti, era finita»

Gli sprint del Tour sono dunque diversi da quelle di tutte le altre corse
«Alla Grande Boucle si corre ad una velocità impressionante e ci sono squadre davvero organizzate; nel finale di tappa quando parte un treno dopo parte anche il secondo, poi il terzo e così via»

Se dovessi definire le volate del Tour, come le descriveresti?
«Io direi pelo sullo stomaco»

Molte volte negli ultimi km non hai avuto compagni al tuo fianco. Urge dunque un intervento sul mercato per poterti accompagnare nel migliore dei modi. Quali uomini per il finale delle tue corse ti piacerebbe avere con te?
«È facile dire Roberto Ferrari, Fabio Sabatini e Jacopo Guarnieri però sono fiducioso dei miei compagni di squadra anche se devo dire che per noi della Bahrain Merida il Tour non è stato molto positivo. Comunque penso che già a partire dalle prossime corse il trend cambierà e saremo forti e competitivi»

Mesi fa, come possibile innesto per la prossima stagione, si era parlato di Sacha Modolo che tu conosci molto bene data la comune militanza in Bardiani. Ti farebbe piacere ritrovarlo in squadra?
«Io con Sacha ho un bel rapporto visto che poi abbiamo corso assieme molte volte ed in tante occasioni gli ho tirato le volate. Siamo due corridori simili e proprio per questo con tutta sincerità non penso che la mia squadra prenderà due corridori con le stesse caratteristiche»

Il prossimo anno hai intenzione di tornare al Tour in cerca di un successo di tappa e di lottare per la maglia verde?
«Sì, ritornerò in Francia per prendermi quello che non ho potuto fare quest’anno»

Uno sguardo al presente. Dove ti rivedremo in corsa?
«Tornerò in gruppo domenica ad Amburgo alla EuroEyes Cyclassics. Ho preso la decisione di non partecipare alla Vuelta a España dopo la conclusione del Tour; sono un corridore che soffre molto il caldo ed in Francia l’ho sofferto moltissimo. Ho preferito quindi allenarmi in altura e preparare il finale di stagione con altre corse»

Fra le quali il Mondiale in Norvegia, in programma il 24 settembre
«Il Mondiale di Bergen è il mio grande obiettivo; per preparare al meglio questo appuntamento, dopo aver corso un paio di criterium post Tour, sono stato tre settimane a Livigno nelle quali mi sono allenato con dedizione. Non sono andato in ricognizione sul percorso iridato ma ho visionato molti video»

Il ct Davide Cassani ripone grande fiducia nei tuoi mezzi e, con molta probabilità, ti affiderà un ruolo di primo piano. Magari quello di capitano
«Non sarebbe la prima volta che Davide confida in di me: già a Ponferrada, nel 2014, ebbi il privilegio di essere il leader della spedizione azzurra, per giunta al il mio primo mondiale. Sicuramente per me quella di quest’anno sarà un’altra bella sfida»

Tra gli avversarsi da temere, oltre ai soliti nomi di Peter Sagan, Michael Matthews e John Degenkolb, chi bisognerà tenere particolarmente d’occhio?
«Il neo campione europeo Alexandre Kristoff ed il suo connazionale Edvald Boasson Hagen correranno in casa ed andranno sicuramente forte. Ma se dovessi scegliere un nome dico Michal Kwiatkowski»

Per concludere, magari nessuno te l’ha fatto notare ma le ultime tre edizioni della rassegna iridata sono state vinte da Kwiatkowski e da Sagan. Entrambi tuoi coetanei. Lasciando da parte ogni sorta di scaramanzia, non è che quest’anno a questo elenco si può aggiungere un altro ragazzo del 1990, magari bresciano?
«Vincere il mondiale è il mio grande sogno ma non sarà affatto facile; comunque io proverò a centrare il massimo risultato. Sognare non costa nulla».
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