Timothy Dupont vince la prima tappa del ToQL, gentile concessione di Adrian Hoe
Diari e Réportage

Tim Dupont vince la prima volata: diario dal Tour of Qinghai Lake 2023

Sun Tzu applicato agli sprint, il terzo posto di Attilio Viviani, i grattacieli di Xining, il vero caffè espresso all'italiana (ma in ghiaccio), i danzatori ovunque e... "la nostra religione è il comunismo!"

dal nostro inviato

Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell'abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.

Così recita il terzo capitolo dell'Arte della Guerra, il trattato fondativo della dottrina militare cinese attribuito al generale Sun Tzu, scritto tra il VI e il V secolo a.C. Deve averlo letto Timothy Dupont, trentacinquenne velocista della Tarteletto-Isorex, che oggi ha colto l'ottava vittoria della propria carriera sul traguardo finale del circuito di Xining.

Dupont ha trascorso la carriera tra le Continental e le Professional belghe togliendosi più di una soddisfazione personale, grazie alla sua attitudine agli sprint, e oggi la prima delle otto tappe del Tour of Qinghai Lake 2023 prevedeva un circuito di 13 km lungo il vialone principale di Xining da ripetere otto volte (l'otto è un numero fortunato in Cina) per un totale di 110 km: è un tracciato che viene riproposto tale e quale da anni e che ha la sua soluzione in una volata scontata. Nei primi giri i corridori delle formazioni asiatiche si sono buttati in allunghi effimeri per guadagnare quei secondi che possono valergli la maglia di “miglior corridore asiatico”, visto che esiste questa classifica speciale.

Il passaggio del ToQL in mezzo ai grattacieli di Xining, gentile concessione di Adrian Hoe

Non avevano nulla per cui scannarsi invece i favoriti per la volata finale, ovvero Attilio Viviani (Corratec-Selle Italia), Mārtiņš Pluto (ABLOC) e Dupont, quindi, da buoni lettori di Sun Tzu, hanno lasciato che le altre formazioni battagliassero sui traguardi volanti, ma sapevano che sulla linea d'arrivo avrebbero dovuto giocarsela loro. Prosegue il saggio:

Il generale esperto attacca la strategia del meno esperto. Questa è la prima cosa da fare.

Tra i tre di cui sopra, il generale esperto non poteva che essere Dupont, per cui l'anagrafe segna una decina di anni più degli altri due avversari, che hanno scelto l'uno, Pluto, di mandare all'attacco i compagni Nils Sinschek e Martijn Rasenberg nella seconda metà di gara, e l'altro, Attilio Viviani, di mettere la propria squadra compatta in testa per lanciare la propria volata. Dupont non ha fatto nulla di tutto ciò, ha lasciato che quasi tutti i compagni stessero in fondo al gruppo, si è messo a ruota di Pluto, e quando Viviani è partito forse troppo lungo, facendosi ingannare da quel rettilineo rovente che portava al traguardo, l'esperto belga è sbucato e li ha bruciati entrambi.

Sempre Sun Tzu:

Se il generale è incapace di controllare la propria impazienza e lancia le truppe all'assalto delle mura come uno sciame di formiche, ne farà massacrare un terzo senza prendere la città.

E infatti Dupont ha lasciato a riposo i suoi compagni oggi, perché dopo la gara ha spiegato ai microfoni che, pur essendo un velocista, non gli fanno per nulla paura le salite, quelle che da domani (solo una in realtà, nella prossima frazione) passeranno i 3800 metri, e vorrà provare a difenderla, la maglia di leader che oggi è finita sulle sue spalle.

C'è da dire che pazienza l'abbiano avuta tutti i tre i componenti del podio finale, anzi quattro con il nazionale thailandese Thanakhan Chaiyasombat (miglior asiatico nella classifica di cui sopra ), che hanno aspettato tre quarti d'ora abbondanti prima delle premiazioni, sia per l'attesa che venissero ufficializzati i risultati (con Mārtiņš Pluto che chiedeva se avesse preso la maglia della classifica giovani, ma nessuno sapeva rispondergli, e lui li guardava come a dire “ma certo che è mia, vi giuro che Dupont non ha meno di 25 anni”), sia per l'ennesima sfilata di esibizioni coreutiche volte a presentare l'evoluzione di secoli della cultura cinese che ha introdotto la cerimonia del podio: sotto il sole cocente delle tre del pomeriggio in tutti gli astanti, atleti compresi, nasceva stima molta per gli imperterriti danzatori, ma anche il desiderio di una doccia: “Belli ma… ne abbiamo così per otto giorni?” chiedeva a mezza voce un direttore sportivo.

È dalla cerimonia di presentazione che questi gruppi di danzatori spuntano come funghi in ogni dove, anche oggi erano ad abbellire la corsa ai lati del percorso, come i trattori addobbati al Tour de France: per il capoluogo del Qinghai è probabilmente l'evento dell'anno, o quantomeno è abbastanza sentito da far riempire le vie del centro, dove in mezzo ai grattacieli e alle luci che possono illuminare il sabato sera una di città di cinque milioni di abitanti, sono comparsi archi pubblicitari e stand di un numero imprecisato di sponsor, tutti completamente spariti l'indomani per lasciar spazio a una città semideserta.

Alle otto di mattina un gruppo sparuto di anziani che praticavano ginnastica dolce e due bonzi buddhisti erano l'unica certezza di non trovarmi in un film post-apocalittico, camminando in mezzo agli stessi grattacieli immensi ora completamente vuoti e spenti per andare in quello che i colleghi cinesi sostenevano fosse l'unico bar della città in grado di fare il vero caffè espresso, che tenevano io provassi.

L'illusione è finita quando ho visto comparire del ghiaccio nelle tazzine dove l'avrebbero servito, questo imperdibile espresso, ma ero certamente più stupito dalle strade semivuote che stavamo attraversando, e ho chiesto se la domenica in Cina fosse giorno di festa (holiday). Forse equivocando che la domanda si riferisse ai due monaci che avevamo incontrato, i colleghi mi hanno risposto che non ci sono religioni in Cina (con buona pace, a quanto pare, di quei due bonzi e di qualche centinaia di migliaia di buddhisti del Qinghai, evidentemente bollati come apolidi), “ma un giorno di riposo (rest) alla settimana, intendo, c'è?”. Allora sì, mi spiegano che il weekend coincide con il sabato e la domenica, ma non certo per motivi religiosi, e ridendo una ragazza aggiunge “Our religion… is communism!”.

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Inseguo sogni e utopie dal 1990. Non sapendo né correre, né scrivere, né insegnare, provo a fare le tre cose, sia mai che me ne esca una giusta.