999 Tuscany Grand Rando, pedalando nel cuore della notte © Umberto Bettarini
Cicloturismo

999 Tuscany Grand Rando: dentro la randonée più dura del 2025

Tra salite senza fine, paesaggi toscani e piatti tipici: una manifestazione massacrante di 1200 chilometri con un centinaio tra ritirati e fuori tempo massimo su 290 partenti

08.06.2025 16:00

Si è appena conclusa la 999 Tuscany Grand Rando, la randonnée italiana più impegnativa di questa stagione, partita il 4 giugno dal parco San Rossore di Pisa, per un percorso complessivo di 1200 chilometri e 15.300 metri di dislivello lungo tutta la Toscana. Un’impresa a pedali che i partecipanti hanno dovuto portare a termine in un tempo massimo di 95 ore e 12 minuti per l’omologazione internazionale o di 100 ore per quella italiana. Un impegno sia fisico che mentale che ha messo a dura prova i 290 randonneur partiti, con un tasso di abbandono piuttosto alto per questo genere di manifestazioni, con più di un terzo di partenti (un centinaio circa) che, secondo i risultati ufficiosi presenti su ICRON, si sarebbero ritirati o sarebbero fuori tempo massimo. 

288 partenti e un’infinità di storie affascinanti

Sono numeri importanti quelli della 999 Tuscany Grand Rando: 329 iscritti, 290 partenti, 27 nazioni rappresentate e tutti e cinque i continenti in griglia. Un vero melting pot a pedali, dove ogni storia individuale ha il suo fascino. Come quella di Donato, esperto randonneur toscano che si è presentato alla partenza con la maglia del Brasile: «Così almeno sembra che c’è una Nazione in più», scherza sorridendo.

L’appuntamento per tutti è stato dato la mattina del 4 giugno, presso il parco San Rossore a Pisa, con le operazioni di registrazione, il ritiro del pacco gara, la consegna dei bag drop e, successivamente il briefing pre-partenza. Alle ore 13, un ricco buffet a base di prodotti tipici della toscana si è trasformato in un piacevole momento conviviale in cui parlare con molti randonneur presenti e raccogliere le loro storie. Antonio, per esempio, arriva dalla Sardegna ed è alla sua prima “over mille”. Nel 2023 aveva conquistato i brevetti per la Parigi-Brest-Parigi in poco più di una settimana, ma poi aveva rinunciato a iscriversi. «Questa volta voglio vedere se riesco davvero ad arrivare in fondo». Marco, invece, è olandese, ma vive a Los Angeles. Ha colto l’occasione della randonnée per passare in Europa a trovare sua madre, e per la prima volta pedalerà sulle strade italiane: «Sono emozionatissimo, è tutto nuovo per me». E poi ci sono gli svedesi, che dopo le fatiche della 999 torneranno in patria per affrontare, il 15 giugno, la Randonnée del Sole di Mezzanotte: un’altra epica cavalcata di 1200 tra i fiordi. Infine, come sempre in queste occasioni speciali, sono presenti quelle che potremmo chiamare “le leggende del brevetto” - gente che ha sulle proprie gambe centinaia di migliaia di chilometri percorsi tra le varie randonnée in tutto il mondo - che dispensano consigli ai meno esperti e si raccontano a vicenda le loro più recenti avventure. 

Il foglio firme © Umberto Bettarini
Il foglio firme © Umberto Bettarini

Il via da San rossore e i primi chilometri in gruppo

Alle 17 in punto, come da programma, è stato dato il via ufficiale alla 999 Tuscany Grand Rando, con partenza alla francese in griglie da 30 partecipanti ogni 5 minuti. Nonostante la musica a scandire i primi colpi di pedale, rispetto ad altri eventi analoghi, l’atmosfera risulta piuttosto tesa. Tra i partecipanti, infatti, serpeggia un certo nervosismo, dettato dalla consapevolezza di affrontare una prova molto impegnativa, con difficoltà altimetriche e planimetriche oltre la media. A confermare questa impressione è Dafne, una delle cicliste più esperte del gruppo: «Negli ultimi anni – ci racconta – il movimento delle randonnée si è contaminato. C’è più competitività, meno leggerezza. E si sente, anche alla partenza dove spesso sembra di essere a una granfondo». Effettivamente, i primi chilometri in gruppo sembrano darle ragione. Si pedala, infatti, in un silenzio piuttosto inusuale a una velocità media molto elevata, mentre i diversi gruppetti, con l’incedere dei chilometri, iniziano a inglobarsi l’uno nell’altro lungo la strada in falsopiano che porta alla prima vera asperità di giornata, la salita che conduce al primo controllo di San Marcello Pistoiese.

La partenza della prima griglia © Umberto Bettarini
La partenza della prima griglia © Umberto Bettarini

Un percorso esigente che abbraccia tutta la Toscana 

Dopo questo primo controllo, la 999 Tuscany Grand Rando entra nel vivo con un tracciato impegnativo, punteggiato da altri 18 check point (di cui due “semisegreti”), che abbraccia tutta la Toscana, alternando tratti durissimi ad altri in cui le bellezze del paesaggio ripagano dello sforzo compiuto. Nei primi 950 chilometri, infatti, si sale e si scende quasi senza tregua: colline, crinali, valli, strappi in doppia cifra, curve e controcurve per un totale di 15.300 metri di dislivello complessivo, che richiedono gambe e testa sempre all’altezza e che per molti si sono rivelate insuperabili.

L’attraversamento di Firenze, tra le ultime ore della notte e le prime luci dell’alba, con la vista mozzafiato sulla città addormentata da Piazzale Michelangelo, è certamente uno dei passaggi più iconici di questa 999. Poi si giunge in Valdelsa, immersa nella foschia mattutina; si incorniciano i campanili di San Gimignano; si passa dalla Val di Cecina; e infine si percorrono i tratti in strada bianca lungo le vie dell’Eroica, costeggiando Siena. È qui, a Ponte d’Arbia, dopo tante – per alcuni forse troppe – ore, che si ritrova il bag drop con un possibile cambio di vestiti e l’occasione per una doccia salvifica.

La strada che segue è forse la più dura di tutto il percorso con oltre 3000 metri di dislivello da percorrere in appena 140 km e culmina nella salita verso il Convento di Chiusi d’Averna, il punto più alto dell’intero tracciato. La Cima Coppi della 999 rappresenta per molti il vero spartiacque: chi arriva fin qui entro la chiusura del cancello è a un passo dal poter concludere questa avventura. Da lì in poi è discesa verso Montalcino, le terre del Brunello, la Maremma selvaggia, la pineta della Feniglia, l’Argentario. La strada si addolcisce, il mare fa capolino, e la pianura diventa compagna dei chilometri finali. Pisa non è più solo un traguardo, ma una promessa mantenuta.

Firenze che dorme al passaggio dei randonneur © Umberto Bettarini
Firenze che dorme al passaggio dei randonneur © Umberto Bettarini

Ristori e volontari per alleviare la fatica

Ma se il percorso ha messo a dura prova il fisico e la mente, a stemperare la fatica ci ha pensato la calorosa accoglienza toscana e la meticolosa organizzazione dell’ASD Bike Rando organizzatrice dell’evento, che dal punto di vista della promozione enogastronomica ha certamente brillato. Ribollita, arista al forno, pappa al pomodoro, pecorini stagionati, crostate artigianali, frutta fresca e salumi tipici: a ogni punto di controllo il ristoro si trasformava in un piccolo festival del gusto, con prodotti locali offerti quasi interamente dall’organizzazione. Più che semplici ristori, si è trattato di veri e propri banchetti rurali dove i volontari non si limitavano a riempire borracce o servire piatti caldi, ma regalavano anche un sorriso, una parola di conforto, o quell’incoraggiamento bisbigliato che può davvero fare la differenza tra mollare e ripartire. Un elemento tutt’altro che secondario, soprattutto considerando che, per evitare il traffico dei centri urbani, il tracciato si è snodato per lunghi tratti lungo strade secondarie e isolate, dove trovare un bar, una fontana o semplicemente un riparo dal sole poteva essere impossibile per decine di chilometri.

Tantissimi ritiri per un percorso forse troppo duro

Già dalle prime ore di venerdì mattina, il piazzale di partenza al Parco di San Rossore si è trasformato in un continuo via vai di randonneur che hanno dovuto alzare bandiera bianca. «Ero con un compagno di squadra, un settantenne in forma smagliante. Lui andava come un treno, io forse ho forzato troppo per stargli dietro. A Pievescola mi sono dovuto fermare», racconta Vincenzo, uno dei tanti ritirati. «Ora mi tocca aspettarlo qui due giorni: siamo venuti insieme in macchina dal Veneto». 

C’è chi ha abbandonato per un guasto meccanico, chi per dolori improvvisi, chi semplicemente perché il corpo non ha retto. Come Fausto, che ha deciso di fermarsi a Orbetello: «Per le mie capacità ciclistiche, quello che ho fatto è stato il massimo possibile per conservare lucidità fisica e mentale». A piegare la maggior parte dei partecipanti, infatti, non è stato solo il dislivello – 15.300 metri – ma i continui strappi e la pressione dei cancelli orari. Su questo tema è voluto intervenire Roberto che ha espresso tutte le sue perplessità «Percorsi con questo livello di difficoltà, possono far avvicinare al mondo delle randonnée personaggi alla Omar De Felice, ma di certo rischiano di allontanare le persone comuni». 

Dentro la 999 © Umberto Bettarini
Dentro la 999 © Umberto Bettarini

L’emozione di tagliare il traguardo

Come sempre in questi casi, se per molti la 999 è stata un calvario fatto di salite infinite, notti insonni e gambe svuotate, per chi è riuscito a conquistare il brevetto internazionale l’emozione dell’arrivo è stata forte. I primi a tagliare il traguardo lo hanno fatto già nella tarda mattinata di sabato 7 giugno, intorno alle 13.30, ma per la gran parte dei finisher gli ultimi chilometri sono stati corsi con il cronometro in mano e un tempo finale sul filo delle 95 ore. Per questi, ancora più che per i primi, si è trattato non solo di una soddisfazione sportiva ma è il compimento di una sfida personale. «Quando incontri una difficoltà nella vita di tutti i giorni ti dici: se sono riuscito a fare quelle robe lì, posso farcela sempre», ci racconta Marco appena dopo il suo arrivo. «Perché oltre alla preparazione fisica, ci vuole la testa. Quella forza silenziosa che ti fa dire: “la voglio finire”, anche quando tutto il corpo ti suggerisce il contrario». 

Quella di San Rossore, in effetti, è stata una prova estrema anche per i più esperti. Persino Aris Quadri, uno tra i più forti in gruppi, sulla sua pagina Facebook ha commentato così: «All'apparenza poteva sembrare una delle Ultra Randonnée over mille con un discreto dislivello ma, così non è proprio stato... Il percorso veramente ostico, fatto da continui ed infiniti strappi ed il forte caldo, l'hanno resa per chi l'ha sfidata una vera impresa». Tuttavia, come ci ha ricordato Federico «se è pur vero che il percorso era molto duro, lo si poteva capire studiando i materiali forniti dall'organizzazione. Ovviamente come in tutte le Rando qualcosa si può far meglio, ma - forse per l'entusiasmo di aver finito la mia prima "over mille" - tendo a vedere principalmente i lati positivi. Penso al territorio attraversato, con degli spot veramente meravigliosi. Le ultime 24 ore quando abbiamo visto il mare; Capalbio; l'Argentario; Il tramonto da Castiglione della Pescaia; le foreste Casentinesi, ma anche il passaggio da Pavana, città di Guccini: tutti momenti che mi hanno molto emozionato».

999 Tuscany: un cerchio che finalmente si chiude

Come affermato da Mino Repossini, presidente di ARI l’organizzazione che organizza in Italia il mondo delle randonnée, durante il briefing pre-partenza «con questo evento finalmente si chiude un cerchio molto importante. La 999, infatti, nasce nel 2017 e poi per varie vicissitudini non si era mai più svolta. Siamo molto contenti che quest’anno si sia riusciti a riproporla e che attorno a questo evento si sia creato tanto entusiasmo».  Come ricordato da Repossini, un elemento importante di questa iniziativa è stata la collaborazione tra le diverse ASD della toscana che hanno lavorato insieme, sotto la regia di Bike Rando, per la buona riuscita di questo evento e che hanno permesso di offrire ai partecipanti un servizio di qualità a prezzi accessibili, grazie anche al lavoro delle centinaia di volontari coinvolti. 

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Umberto Bettarini
Milanese di nascita, calabrese per vocazione. Dopo la sua prima randonnée, ha scelto la famosa “pillola rossa” per scoprire quanto è profonda la tana del Bianconiglio ed è rimasto intrappolato in una grave forma di dannazione ciclistica