
Alessandro De Marchi: "Il ciclismo dimostri consapevolezza su Gaza"
L'italiano della Jayco AlUla, per due stagioni nella squadra di Sylvan Adams, ha parlato a The Observer: "Ora come ora non firmerei"
La presenza al Tour de France, la corsa più importante al mondo, di una squadra che rappresenta lo Stato di Israele (che su Cicloweb viene menzionata come Free Palestine) ha suscitato qualche reazione di protesta popolare, come successo sul traguardo di Tolosa all'arrivo dell'undicesima tappa.

In generale però il mondo del ciclismo, soprattutto dall'interno, rimane sempre piuttosto silente sul massacro portato avanti a Gaza dal governo che la squadra in questione rappresenta. Ne ha parlato Alessandro De Marchi in un'intervista al periodico britannico The Observer.
Alessandro De Marchi: “Non potrei essere coinvolto in qualcosa del genere"
De Marchi, attualmente in forza al Team Jayco AlUla (squadra australiana ma con sponsor saudita), ha trascorso due anni di carriera proprio nella squadra di Sylvan Adams, con cui ha anche indossato la maglia rosa al Giro d'Italia 2021. Il corridore friulano si è detto “contento e sollevato” di non farne più parte in questi anni. “Avrei fatto molta fatica a essere lì ora. Non criticherò chi ci corre ora perché ognuno è libero di decidere, ma ora come ora non firmerei un contratto per la Israel. Non sarei in grado di gestire i sentimenti che ho, di essere coinvolto in qualcosa del genere", spiega.
La difficoltà a firmare contratti remunerativi e a lungo termine nell'arco della carriera mette una buona parte del gruppo in una posizione precaria. “In quel momento mi hanno dato la possibilità di continuare a correre al massimo livello, mi hanno dato un buon contratto, e io stavo guardando alla casa che dovevo costruire e alla mia famiglia. Per altri corridori è lo stesso”, dichiara De Marchi, riferendosi al momento della sua firma nel 2021, quando era sul mercato dopo la chiusura della CCC. “Ovviamente ora sono più vecchio e capace di riflettere come non avrei fatto cinque anni fa, e apprezzo che nella vita ci sono momenti in cui, anche se può essere difficile, è meglio seguire la propria morale.”
La squadra non è direttamente di controllo statale, anche se riceve una parte dei suoi finanziamenti dal ministero del turismo, e soprattutto il suo manager, fondatore e proprietario ha rapporti molto diretti con la diplomazia israeliana. Come riporta The Observer, Adams avrebbe un ruolo di “ambasciatore non ufficiale”, e gennaio l'uomo d'affari canadese era presente all'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.
“Abbiamo bisogno di azioni concrete”
Il Rosso di Buja, che si ritirerà al termine di questa stagione, ha spiegato qual era la situazione all'interno della squadra in quegli anni. “Ai tempi comprendevo molto poco di Israele. Le persone all'interno della squadra desideravano mostrare le bellezze del Paese. C'era una politica chiara in squadra, ma non c'era nessun sentimento contrario a Gaza o ai palestinesi, o riferimenti all'occupazione della West Bank. C'era una propaganda più leggera diciamo, si dava una certa visione di Israele. Si percepiva che fosse una società divisa e complessa, ma anche che non ci fosse spazio per discutere di Gaza.”
De Marchi si aupisca che l'UCI possa prendere una posizione chiara in merito. La squadra di Sylvan Adams è stata fondata nel 2014 e corre costantemente tutte le gare più importanti dal 2020. “Abbiamo bisogno di azioni concrete dal nostro ente governativo, per posizionare il mondo del ciclismo dalla parte giusta e mostrare consapevolezza su quello che sta succedendo a Gaza. Dobbiamo dimostrare che ci importano i diritti umani e le violazioni del diritto internazionale.”