Tre mesi di bombe sui civili di Gaza © WAFA.ps
Editoriale

Perché Israele è ai Campionati Europei su pista?

Quello che sta accadendo a Gaza non può lasciarci indifferenti. Il paese mediorientale meriterebbe un ban come quello che ha colpito la Russia. Da parte nostra, embargo informativo su atleti e team israeliani

11.01.2024 08:17

Tra i 292 atleti e atlete che popolano il velodromo di Apeldoorn nei Paesi Bassi dove ieri sono scattati i Campionati Europei su pista 2024, ce ne sono 7 provenienti da Israele. Un piccolo contingente di persone (integrato da tecnici e staff) sulle quali non abbiamo nulla da eccepire. Purtroppo per loro, però, rappresentano un paese che agli Europei non ci dovrebbe stare. E non certo per ragioni geografiche.

Vado dritto al punto: quello che da tre mesi sta accadendo nella Striscia di Gaza è orrore allo stato puro. Un massacro sconvolgente ai danni di una delle popolazioni già più vessate del pianeta, quella palestinese. La reazione dell'esercito israeliano alla strage perpetrata lo scorso 7 ottobre da Hamas va ben oltre quello che avrebbe potuto essere considerato lecito dal diritto internazionale, configurandosi invece come una vendetta atroce ai danni di persone inermi: dall'inizio delle operazioni belliche sono morti circa 30mila cittadini gaziani, dei quali molte migliaia erano bambini.

Le vittime sono al 90% civili, e queste perdite non rappresentano “danni collaterali” (secondo l'ipocrita definizione statunitense entrata nell'uso comune nell'ultimo quarto di secolo con le invasioni di Afghanistan e Iraq), bensì proprio l'obiettivo dei missili, delle bombe, dei proiettili israeliani. Questo è un dato di fatto ormai acclarato da più fonti.

Al momento un quarantesimo della popolazione della Striscia è morto o rimasto sotto alle macerie nella crescente devastazione di Gaza City e dintorni; la gran parte degli abitanti della (ex) città è invece in marcia verso sud, verso un destino da profughi ai quali non è rimasto più nulla (a partire da una casa). Le condizioni di “vita” nell'area sono impossibili. I medici superstiti operano i feriti al di fuori di ogni protocollo sanitario: non si contano i bambini ai quali sono stati amputati arti senza anestesia. Acqua e viveri scarseggiano per tutti. E le bombe continuano a cadere incessantemente.

La vendetta israeliana contro l'intera popolazione palestinese di Gaza (e non solo: anche in CisGiordania gli scontri sono quotidiani, seppur con molta meno virulenza di quanto si veda nella Striscia) è animata da intento genocidario, secondo quanto riportano diversi operatori ONU presenti nell'area; il Sudafrica ha nei giorni scorsi intentato presso la Corte Internazionale di Giustizia una causa nei confronti del paese mediorientale, proprio per genocidio.

Tutto ciò sta avvenendo con la mostruosa complicità dell'Occidente tutto, e con la connivenza di troppi organi di informazione che preferiscono chiudere gli occhi di fronte a un massacro di civili con pochi precedenti. Il tiro al bersaglio dell'esercito israeliano contro i palestinesi è uno scandalo morale che coinvolge il mondo intero.

Da tre mesi ho il mal di stomaco. Non riesco più a guardare immagini provenienti da Gaza, ma so benissimo cosa contengono. Non penso che dobbiamo permettere a noi stessi di abituarci a un simile orrore. Penso che ognuno, nel proprio piccolo, abbia l'obbligo di alzare la voce, per quanto possibile.

Con quest'articolo contesto fortemente che gli organi ciclistici abbiano permesso a Israele di partecipare alla rassegna continentale su pista. In questo momento storico Israele ha perso il diritto di sedersi al tavolo con le altre nazioni. Così come fatto due anni orsono per la Russia (e la Bielorussia), buttate fuori dallo sport in seguito all'invasione dell'Ucraina, gli abusi intollerabili del paese guidato da un governo che si macchia di crimini contro l'umanità dovrebbero condurre a un ban sine die, destinato a durare fino a quando l'orrore non cesserà.

Abbiamo l'obbligo di urlare la nostra contrarietà, di fare pressioni in tutti i modi. Da qui in avanti Cicloweb attuerà un embargo informativo nei confronti di ciclisti, cicliste e squadre israeliane. Può sembrare una decisione velleitaria, ma il boicottaggio è l'unico modo che abbiamo per dire che non ci stiamo. Ciò a cui stiamo assistendo è davvero troppo grave per restare zitti.

I nostri figli e nipoti dovranno sapere con chiarezza da che parte eravamo noi in questi mesi terribili, dovranno sapere con chiarezza che non voltammo lo sguardo davanti all'immane strage di persone indifese che si perpetrava imperterrita nel tripudio della nostra impotenza. Non avrei mai voluto politicizzare i fattarelli di un sito di informazione ciclistica, ma più di ogni altra cosa oggi ho la necessità di potermi guardare allo specchio.

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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!