Per quanto dureranno le scorie di Montalcino?
Il mattinale di Francesco Dani - La superiorità di Bernal, le fatiche di Evenepoel e Ciccone, la sorpresa di Buchmann, le conferme di Caruso e Yates... la tappa di ieri non è certo finita. Oggi però ci sono gli Appennini
Com'è andata ieri
È vero, dispiace che nessuno abbia avuto il coraggio di tenere la corsa sufficientemente chiusa da puntare alla vittoria di tappa. Ma in fondo non possiamo lamentarci dello spettacolo che i corridori ci hanno regalato fin dal primo settore di strada bianca. Una tappa che ha scavato distacchi importanti ma sicuramente non definitivi. Le cose da dire sono tante, per cui ci concediamo di andare in ordine sparso. Partiamo da Formolo, che ha dimostrato una volta di più quanto puntare alle corse di tre settimane non faccia per lui: lo stesso Formolo che meno di 10 mesi fa è arrivato secondo alla Strade Bianche oggi ha perso più di 6 minuti da Bernal. Segno evidente di come il recupero non sia una delle sue migliori qualità e di come dopo il giorno di riposo questo difetto abbia presentato il conto. Quando capirà che puntare alle tappe esalterebbe molto di più le sue potenzialità?
Un altro che non ci ha stupito vedere in difficoltà è Evenepoel. In molti erano convinti che attaccasse, forse affidandosi al principio populistico dell'essere un fenomeno. La verità è che saper guidare la bici contava molto ieri ed essere messi sotto pressione già a 70 km dall'arrivo trovandosi a rincorrere ogni volta che la strada tornava a salire significa spendere energie importanti. E se già nel terzo settore sembrava in difficoltà, l'ultima salita gli ha dato il colpo di grazia. Ma per noi questa può essere stata una fortuna, perché conoscendo la tempra del ragazzo, averlo in ritardo significa vederlo attaccare nelle prossime giornate.
Tornando alla salita finale, il micidiale tratto a metà salita era esattamente come sembrava, ovvero maledettamente ingannevole e spezzagambe, e non è mancata gente che barcollava e zigzagava. Sono saltati tutti come birilli, a partire da Soler che aveva fatto alzare ai compagni di squadra il ritmo sul precedente tratto di Argiano. Poco prima era toccata la stessa sorte ad uno stoico Vincenzo Nibali, che continua a non deludere: continua ad essere un gradino sotto rispetto ai pretendenti per la vittoria finale, ma conferma di essere ancora competitivo, ma soprattutto di essere utilissimo alla causa di Giulio Ciccone, che ha guidato fin dall'imbocco del primo settore sterrato. Peccato che proprio quest'ultimo si sia piantato poco dopo Soler, perdendo 1'47" da Bernal. Nulla di allarmante, ma sicuramente una bella botta.
Chi non ha sofferto quella rampa tremenda è stato un sorprendente Buchmann, scattato proprio nella parte più regolare, ma reggendo benissimo il colpo nel tratto di pendenza massima. Un'azione che gli ha permesso di anticipare Bernal e rientrare prepotentemente in alta classifica, perdendo soli 3 secondi dal colombiano. Sembra in crescita Simon Yates, che è sembrato al limite per tutto il giorno ed ha finito per avere lo stesso ruolo di queste prime tappe, ovvero di un outsider che arriva sempre a ridosso dei primi, ma mai davanti a tutti. Ma soprattutto ha fatto impressione Caruso, anche per la facilità con cui ha vinto la volata davanti a Yates, chiudendo quasi interamente il gap con Vlasov. Adesso il siciliano è terzo in classifica e qualcosa ci dice che abbia qualche sorpresa in serbo.
Non ce ne vorranno i fuggitivi se dedichiamo loro solo un breve spazio. La battaglia è stata campale e decisiva soprattutto per gli esiti della guerra nel suo complesso. Quello che stupisce (ma forse non più di tanto) è che ai primi due posti si siano piazzati un classe '99 e un classe '98. Se di Covi già conoscevamo le qualità che ieri ha messo in luce su un palcoscenico di altissimo calibro, Schmid rischia di essere una delle più grandi rivelazioni di questo Giro: la volata al GPM fa credere che lo rivedremo davanti nei prossimi giorni.
Come andrà oggi
La fatica fatta ieri è stata tanta e sarà un'arma a doppio taglio per lo spettacolo di oggi: da un lato in molti potrebbero preferire un no-contest, dall'altro chi dovesse aver recuperato avrà tutto il terreno per mettere in crisi gli avversari. Quello di oggi è un tappone appenninico di rara intensità e come tale è la classica frazione in cui può succedere tutto e niente, così come tutti i tapponi. Già la distanza da coprire e il dislivello (oltre 4000 metri) basterebbero numericamente ad equipararla ad una tappa di montagna in piena regola. Ciò che la rende interessante sono le salite di varia difficoltà sparse su tutto il percorso, lasciando trabocchetti continui.
La partenza attraverso il Chianti è subito esigente, con le ascese di Castellina, Panzano e Spedaluzzo che favoriscono la fuoriuscita di una fuga corposa e di qualità. Ma il percorso costantemente tortuoso e ondulato rende difficile l'inseguimento e l'inserimento di un uomo di classifica potrebbe sconvolgere i piani di tutti. Senza scandagliare tutte le possibili interpretazioni tattiche, limitiamoci a ricordare i possibili punti di svolta, a partire dall'insolito attraversamento di Firenze, attraverso l'ascesa di San Domenico (primo troncone di quella iridata di Fiesole) e quella - sempre iridata - di Via Salviati (max 18%), intervallate da saliscendi e strade strettissime.
È un punto in cui al gruppo basterebbe un niente per allungarsi e spezzarsi in vista della prima vera salita verso Monte Morello: sono formalmente 7.6 km al 6.6%, ma con un tratto di 2.5 km all'11.2% di media e pendenza massima oltre il 20%. La strada anziché scendere, resta ondulata per risalire a Pratolino e Vetta le Croci, con altri strappi piuttosto ripidi. Sono pochissimi i km pianeggianti che conducono alle due salite propriamente appenniniche del Passo della Consuma (17.1 km al 5.7%; a lungo tra il 7% e il 9%) e del Passo della Calla (15.3 km al 5.3%). Una discesa estremamente tecnica e un breve fondovalle portano all'ultima salita verso il Passo del Carnaio: sono formalmente 10.8 km al 5.1%, ma la pendenza è spesso in doppia cifra, soprattutto nel troncone centrale di 3 km al 9.5%. In vetta mancano meno di 10 km. Un'ulteriore discesa, ancora una volta tecnica, porta agli ultimi 4 km pianeggianti. Sarà gregge o sarà spettacolo? Ai posteri l'ardua sentenza.