Thomas Dekker, ex ciclista professionista trovato positivo nel 2009 © El Confidencial
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Dekker rivive il suo passato di doping: "Se avessi preso la sacca di sangue sbagliata sarei morto"

L'ex ciclista olandese, trovato positivo all'EPO nel 2009, ha ripercorso il suo passato di doping, confidando anche le paure che viveva in quel periodo

22.09.2023 11:16

Negli ultimi decenni ci sono stati diversi casi di doping nel mondo del ciclismo, che hanno inevitabilmente avuto un'importante risonanza mediatica. Tra questi anche quello di Thomas Dekker, ex corridore olandese, che nel 2009 fu sospeso dopo essere stato trovato positivo all'EPO in seguito a controlli effettuati nel 2007, in periodo di non competizione. Le controanalisi, poi, confermarono la positività alla sostanza proibita.

Il neerlandese ha ammesso di aver fatto uso di sostanza dopanti e avrebbe fatto conservare al medico Eufemiano Fuentes, noto per essere stato coinvolto nella Operación Puerto, il proprio sangue in più di 5 occasioni. Reintegrato in gruppo nel 2011, non è mai tornato veramente ai livelli del passato e si è ritirato nel 2015. Dekker, a diversi anni di distanza, è tornato a parlare di quelle vicende, intervistato dal giornalista Eric Goens in una puntata del noto programma televisivo olandese Het Huis

La prima volta che l'ho fatto è stato davvero speciale. È stato con un importante medico antidoping spagnolo (Eufemiano Fuentes, ndr). Io non parlavo spagnolo, lui non parlava inglese. Alla fine ti viene dato un numero che devi scrivere tu stesso sulla sacca di sangue. Quando la riprendi, sai di averlo scritto tu stesso. Perché se riprendi al sacca sbagliata con un gruppo sanguigno diverso, sei morto…”.

Dekker ha poi spiegato cosa significasse per lui, anche a livello emotivo, tenere tutto all'oscuro sapendo di essere un corridore in quel momento competitivo: “Mi sono poi trasferito in Italia e ho vinto la prima gara importante dell'anno. Mi sono seduto sul bordo del letto e sono scoppiato a piangere da solo. Ho dovuto prestare attenzione per un'intera settimana. Sì, avevo vinto e quella fu una liberazione, ma l'idea che quella sarebbe stata la mia vita per i successivi 10/15 anni mi distrusse”. 

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