Professionisti

Nocentini: «Il Portogallo è un altro mondo»

19.08.2017 12:29

Rinaldo, quarto all'ultima Volta a Portugal, racconta la propria esperienza alla Sporting-Tavira


In Europa c'è un posto in cui il ciclismo viene vissuto in maniera molto diversa rispetto a quanto siamo abituati in luoghi più tradizionali come Italia, Francia, Belgio e Spagna: stiamo parlando del Portogallo dove le squadre portano i nomi dei club calcistici più blasonati del paese conosciuti in tutto il mondo ma anche dove nel corso degli anni si è andato a creare un movimento attivo e seguito, ma al tempo stesso anche molto chiuso in sé stesso. Il mese di agosto è tradizionalmente quello il cui si disputa la gara più sentita del paese, la Volta a Portugal che quest'anno ha toccato la sua 79esima edizione.

La corsa è stata dominata in lungo ed in largo dai corridori della W52-FC Porto con lo spagnolo Raúl Alarcón ed il portoghese Amaro Antunes in prima e seconda posizione in classifica generale: chi l'ha seguita non può non essersi fatto in qualche modo coinvolgere da una corsa quasi sempre battaglia e divertente, ma capace di offrire anche prestazioni notevolissime (forse troppo?) a livello atletico. Tra i protagonisti c'era anche un italiano, l'aretino Rinaldo Nocentini, che l'anno scorso a 38 anni compiuti e dopo 19 stagioni stagioni da professionista di cui le ultime nove in una formazione World Tour come l'AG2R si è lanciato alla scoperta di questo mondo sconosciuto ma gli ha riservato piacevolissime sorprese.

Retrocedere in questa squadra di categoria Continental come la Sporting-Tavira significa dire addio alla possibilità di correre i grandi giri o qualsiasi altra gara nel calendario World Tour e significa anche sparire dai radar di chi si interessa poco a queste realtà minori: quest'anno alla sua seconda stagione con i Leões, i leoni, l'ormai quasi 40enne Rinaldo Nocentini stato sempre presenti ai piani alti di tutte le corse del calendario portoghese, ma soprattutto si è riuscito a mettere in luce con il terzo posto al Campionato Nazionale di Ivrea; alle spalle di Fabio Aru c'era anche lui a battagliare con gente del calibro di Diego Ulissi, Gianni Moscon e Damiano Caruso. Alla recente Volta a Portugal, il Noce ha poi confermato che la gamba gira ancora più che bene: quarto posto assoluto e otto tappe su undici nei primi 10. Ecco cosa ci racconta lui di questa esperienza.

Soddisfatto di come hai concluso la Volta a Portugal?
«Dal punto di vista della prestazione personale sicuramente sì, poi è normale che ad una corsa cerco di partire per provare a vincere: ma un quarto posto in classifica non è assolutamente un risultato da buttare via, soprattutto alla mia età e poi considerando anche che era solo la mia seconda partecipazione alla Volta. Certo, nell'ultima cronometro speravo di poter conquistare il podio, ma posso comunque ritenermi molto soddisfatto».

Ha partecipato a svariati Giri, Tour e Vuelte, per la tua lunghissima esperienza come era il livello in salita di questa Volta?
«Lasciando stare i grandi campioni come Alberto Contador, posso dire che qui il livello era davvero alto: nel tappone decisivo i due la davanti non sono andati forte, di più! Erano davvero fuori portata per tutti, basta pensare che hanno scollinato con poco più di un minuto e sono arrivati con cinque minuti dopo 80 chilometri di fuga: il mio compagno di squadra Marque ha tirato ma non guadagnavamo, poi ho parlato Vicente [García de Mateos, ndr] con cui mi giocavo il podio e ci siamo detti di provarci noi in prima persona su un tratto in salita, ma nonostante tutto abbiamo perso altri 50". Poi nel finale ci siamo un po' guardati più che altro per non farci staccare dagli altri, ma davanti sono andati davvero fortissimo».

La tua stagione è terminata con la Volta o ci sono ancora altri impegni? Sappiamo che sei terzo nel ranking annuale portoghese...
«Di fatto si può dire che la mia stagione vera si sia conclusa martedì. Sì, nella classifica portoghese di ciclista dell'anno adesso sono in terza posizione, ma quello non è un obiettivo. Qui nel calendario nazionale ci sono ancora tre o quattro corse diciamo minori a cui parteciperò con la mia squadra, ma correrò tranquillo e senza l'assillo di dover cercare il risultato a tutti costi».

Torniamo indietro all'anno scorso, come è nato il contatto che ti ha portato a correre in Portogallo?
«Avevo alcuni contatti in ballo ma poi per un motivo o per un altro tutti sono falliti. Così tramite il mio procurato Carera è nata questa possibilità: non avevo assolutamente idea di ciò che mi avrebbe aspettato, ma mi sono detto "proviamo per un anno e poi vediamo"; adesso devo dire che mi sto trovando molto bene qui allo Sporting-Tavira, è un altro ciclismo, un mondo un po' a parte ma c'è meno stress e con alle spalle una lunga carriera come la mia non è male».

Appena arrivato ti sei ritrovato a fare la presentazione della squadra dentro un stadio, nell'intervallo di un big match di campionato davanti a quasi 50000 persone
«Come detto questo è davvero un mondo a parte, tutto nuovo per me, cose a cui non ero abituato anche correndo in una squadra World Tour. Qui c'è un tifo che ti rende davvero contento di correre, alla Volta a Portugal c'è gente come al Giro d'Italia».

Il fatto che le squadre di calcio più famose del paese abbiano anche la loro squadra di ciclismo aiuta ad avvicinare alle cose anche gente che magari non è necessariamente appassionata delle due ruote?
«È proprio così! Qui la gente tifa per la squadra e per i colori che portiamo: alle corse c'è tantissima gente che viene con le sciarpe o con le maglie della squadra di calcio e magari viene lì anche solo per dirti "Sono Sportinguista!", non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, da noi è impensabile».

E tra le squadre si sente un po' di rivalità trasmessa dal calcio?
«La rivalità c'è, ad esempio tra noi dello Sporting ed il Porto si sente. Magari io essendo italiano e venendo da una realtà diversa la sento meno di altri, ma comunque c'è e si vede chiaramente, anche tra i tifosi».

A livello di organizzazione di squadra che ambiente hai trovato? Con la tua esperienza hai dato consigli per migliorare certi aspetti?
«Da quello che vedo qui nell'ambiente portoghese ci sono poche squadre come la Sporting-Tavira. Addirittura come vestiario ho quasi più materiale di quanto correvo nel World Tour, poi ho tre biciclette da strada e una cronometro, la squadra è strutturata molto bene con il bus e tutti i vari mezzi: secondo me l'organizzazione è paragonabile a quella di una squadra Professional. Poi l'anno scorso il direttore sportivo, che è anche il team manager, è stato molto bravo ed a volte era direttamente lui a chiedermi consigli od a invitarmi a parlare se c'era qualcosa che non andava: su alcuni aspetti siamo intervenuti, ad esempio per la Volta a Portugal abbiamo fatto maglie più leggere visto che durante la corsa nel mese di agosto è facile trovare temperature anche di 40 gradi».

E in prossimo anno ti vedremo ancora in gruppo con la maglia biancoverde della Sporting-Tavira: c'erano offerte per tornare in Italia?
«Almeno per un altro anno correrò qui in Portogallo: qui è tutto diverso, mi diverto, sto bene, mi sento come se avessi 28-29 anni ed in più faccio anche risultati. Ammetto che dopo il podio al Campionato Nazionale a giugno speravo arrivasse qualche contatto per tornare a correre in Italia, ma non c'è stato nulla. Comunque qui sono contento ed in un ambiente più tranquillo i sacrifici si fanno anche più volentieri».

L'obiettivo sarà sempre la Volta a Portugal?
«Sicuramente, è l'obiettivo di tutti in Portogallo: ci sono diverse gare in calendario, ma tutto ruota attorno alla Volta. L'anno scorso conoscevo pochissimo la corsa e dovevo prendere le misure, quest'anno già è andata molto meglio anche se quei due erano inarrivabili. Per la nostra squadra comunque è molto importante anche la Volta ao Algarve perché è praticamente la nostra corsa di casa: il Club Tavira, a cui si è unito lo Sporting, è proprio di questa regione e la squadra ci tiene molto a fare bene. È anche per questo motivo che affronterò questo fine stagione con più tranquillità: a febbraio voglio partire subito forte in Algarve e poi avanti sulla falsariga di quest'anno».

Per ritrovare un italiano sul podio della Volta a Portugal dobbiamo tornare indietro al 1998 quando Marco Serpellini vinse e Wladimir Belli finì terzo: nelle ultime 12 edizioni invece sono saliti sul podio finale solo corridori portoghesi o spagnoli, chissà quindi che il prossimo anno a spezzare il tabù non sia un ragazzo aretino che a 40 anni si sente ancora un ragazzo e ha ritrovato proprio in Portogallo stimoli e motivazioni per continuare a fare fatica.
Notizia di esempio
Il belga Julien Vermote lascia la Quick Step e firma con il Team Dimension Data