Puppio, questa è proprio bella!

19.09.2017 16:07

Mondiale a crono juniores, il varesino conquista un argento inatteso. Oro al britannico Pidcock


Le cose inaspettate, si sa, sono sempre le più belle. Se nella giornata di ieri una medaglia italiana, possibilmente la più pregiata, poteva essere messa in preventivo nella gara contro il tempo riservata alle donne juniores, ben più arduo e ambizioso sarebbe stato immaginare un atleta italiano presente sul podio della gara maschile. Eppure questo è avvenuto, rendendo l’avvio di questi campionati del mondo di Bergen particolarmente felice per i nostri colori, anche in considerazione del fatto che di vacche magre in una specialità come la cronometro, sempre oggetto di dibattiti anche accesi, ne abbiamo viste fin troppe.

Partiamo però da analogie che di questo passo potrebbero diventare sempre più dolci: ieri Elena Pirrone e Alessia Vigilia hanno realizzato una doppietta oro-argento che mancava dal 2002, quando ad imporsi furono Anna Zugno e Tatiana Guderzo. Indovinate da quanto tempo un corridore italiano non saliva sul podio mondiale della cronometro tra gli juniores? Proprio dal 2002, quando a conquistare la medaglia di bronzo fu un certo Vincenzo Nibali. Visto come andarono un paio di gare in linea di quella edizione forse un pochino le dita s’inizieranno ad incrociare ora…

Antonio Puppio, un argento costruito nel tempo
Il merito dell’impresa va ad Antonio Puppio, eccolo qui il nome del ragazzo che ci ha fatto esaltare e vivere con grande trepidazione la conclusione di questa gara a cronometro iniziata nella tarda mattinata e conclusasi in piena ora di pranzo. A raccontarla ora la sua appare davvero una bella storia di determinazione e presa di coscienza dei propri mezzi, dal momento che nel percorso di crescita di un atleta è sempre molto importante trovarla la propria strada, capendo quali sono le proprie caratteristiche migliori con l’aiuto di chi qualche esperienza in questo mondo l’ha vissuta e sa quindi essere buon consigliere. Diciotto anni compiuti nell’aprile scorso, il ragazzo che vive a Samarate, nel varesino, ma con il cognome che tradisce origini meridionali (i genitori emigrarono al nord da una frazione di Viggianello, paese in provincia di Potenza) si era fatto spesso vedere negli ordini d’arrivo nelle scorse annate ma forse gli mancava realmente un terreno in cui eccellere: veloce ma spesso non abbastanza per vincere, con discreta tenuta in salita ma non sufficiente a fare la differenza. Epperò il ragazzo una buona dote ce l’ha: sul passo viaggia, più che bene, per cui perché non provare a specializzarsi maggiormente nelle prove contro il tempo?

Un mondo, quello delle prove contro il tempo, spesso a sé stante, che può essere vissuto in maniera ludica quando si è allievi ma che comincia a divenire dimensione nuova nel passaggio tra gli juniores, lì dove qualcosa in più delle proprie velleità di corridore si comincia a comprendere. Una specialità in cui l’Italia aspetta da troppo tempo il messia, attraverso il passaggio tra fenomeni veri a cui purtroppo il destino ha troncato la carriera sul più bello (Adriano Malori), fenomeni le cui grandi qualità prima o poi si spera emergano anche lì dove realmente conta (Filippo Ganna) e tanti, troppi potenziali talenti persi tra un domani mai divenuto e l’incuria di un movimento che troppo spesso ha lasciato i ragazzi abbandonati a sé stessi, non preparandoli a dovere. Non ci lanciamo in facili proclami per il ragazzo della Bustese Olonia ma ci è piaciuto osservare quell’espressione più imbronciata che incredula nel dopo gara e sul podio, come se l’argento fosse vissuto più come occasione persa per un oro che poteva apparire possibile piuttosto che come un risultato storico.

Di certo per Puppio, che in stagione è passato dall’incredulità per un titolo italiano a cronometro (ottenuto a Caluso nel giugno scorso) giunto battendo atleti ben più celebrati, il crescendo è stato notevole e, a suo modo, esaltante: dapprima il decimo posto di Herning, ai campionati europei, che ha cominciato a dare una dimensione internazionale alle sue qualità, quindi il settimo posto nella cronometro conclusiva del Grand Prix Rübliland (importante gara a tappe svizzera) ai primi di settembre, ha iniziato a far sperare in un possibile bella prestazione a Bergen, anche se probabilmente non di questo tipo. Così il tutto si è consumato tra la trepidazione e la gioia di Dario Andriotto, suo direttore sportivo nonché prezioso maestro (in carriera, oltre ad essere valido gregario, conquistò anche il titolo italiano a cronometro nel 1997), la grossa delusione dei norvegesi per il flop dell’attesissimo Andreas Leknessund (solo ottavo) e l’ennesima gioia britannica data da Thomas Pidcock (segnatevi questo nome), che ha dimostrato come ancora una volta si possa passare dal ciclocross al pavé per poi giungere alla cronometro con un unico comun denominatore: la vittoria. Titolo mondiale a cronometro nello stesso anno in cui è riuscito ad aggiudicarsi l’iride nel ciclocross e la Parigi-Roubaix juniores: che dire, davvero niente male.

In 78 al via, la regia ignora Manfredi
Alle ore 11.35 con l’algerino Aymen Merdj ha preso il via ufficialmente la cronometro iridata uomini juniores, con ben 78 atleti al via e alcune presenze che celavano storie interessanti da raccontare, basti pensare al siriano Mohamed Rayes o a Stephen Belle, atleta in gara con i colori delle Seychelles, conosciute per lo più come gettonata meta vacanziera. 21,1 i chilometri da percorrere, vale a dire il solo “giro lungo” ammirato ieri nella prova degli Under 23, in cui però la presenza dell’ostico strappo di Birkelundsbakken (1,4 chilometri ma con pendenze superiori al 9%) rappresentava uno spartiacque importante per il conseguimento di un buon risultato: esagerare con i rapporti o lo sforzo lì significava commettere un errore fatale.

Puntualmente (sembrava strana la sua assenza) ha cominciato a cadere anche la pioggia, anche se non tale da incidere in maniera determinante sulla gara, in cui i vari Fedorov (Kazakistan), Mazur (Bielorussia), Mitchell Wright (Australia) facevano via via segnare il miglior tempo. In questo frangente (la discesa dalla pedana era fissata per le ore 12.06) è stato della partita anche Samuele Manfredi, talentuoso atleta ligure del Romagnano a cui manca ancora qualcosa per emergere a livello internazionale ma comunque è un classe 2000, c’è tutto il tempo. La sua prova 29’43” che gli varrà il 33esimo tempo finale (a 1’41” dal vincitore) non è stata certamente di quelle da ricordare, peccato però che la regia internazionale l’abbia resa totalmente invisibile, visto che di Manfredi non vi è stata traccia alcuna, se non in un breve frame in fase di riscaldamento.

Dopo altri avvicendamenti irrompono Pidcock e un grande Puppio
La gara è così proseguita con il primo posto che è passato rapidamente e per questione di centesimi dal ceco Holec al tedesco Heinschke, quindi all’olandese Arensman e all’australiano Berwick. Un’altalena appassionante e livellata, almeno fino a quando non è sceso in gara Thomas Pidcock: l’atleta britannico ha mantenuto una condotta regolare, gestendosi molto bene nel tratto in salita e chiudendo con un bel rush nella fase conclusiva, che gli ha permesso di far segnare il miglior tempo in 28’02”15, unico a superare la barriera dei 45 chilometri orari.

Poco dopo è stata la volta di Antonio Puppio, scattato alle 13.14: il varesino ha altresì gestito abbastanza bene la prima parte di gara, senza fare pericolosi fuori giri sul Birkelundsbakken. È stato però nella seconda ed ultima parte, in cui era previsto anche il passaggio sul pavé, che l’azzurro è riuscito a fare la differenza, con un’andatura costante che in rapidità è stata seconda soltanto a quella di Pidcock, tanto da chiudere in seconda posizione a 12” dal britannico. Una bellissima prestazione, che però sul momento non poteva di certo garantire una posizione sul podio, visto che ancora dovevano concludere atleti decisamente quotati, su tutti Leknessund.

Leknessund crolla, per Puppio è argento!
Col passare dei minuti però la possibilità del podio ha cominciato a crescere a dismisura, allorquando diversi pretendenti al podio hanno cominciato ad accusare lo sforzo e a scivolare nelle retrovie: è stato così per il belga Grignard, podio all’europeo (sarà solo 21esimo), per l’olandese Hoole, lo sloveno Cemazar, il danese Johansen, fino ai due maggiori pericoli, costituiti dal polacco Maciejuk e dal kazako Chzan, con il primo soprattutto distante appena 3” dal varesino al terzo rilevamento. Per entrambi però l’ultima parte di tracciato non è stata sufficientemente rapida e così solamente il polacco è riuscito ad attestarsi in zona podio.

Restava Andreas Leknessund, l’idolo locale forte di vittorie in serie in stagione e campione europeo in carica: la partenza rabbiosa del possente norvegese sembrava poter far pensare ad un copione già scritto ma il rapporto troppo duro spinto sul Birkelundsbakken, unito ad una primissima parte troppo dispendiosa, hanno cominciato a presentare un conto amaramente salato: in vetta Leknessund ha conservato appena 1” su Pidcock ma l’azione del norvegese si è presto disunita e parecchio scomposta, tanto che al terzo intermedio la frittata era già compiuta: quarto con 15” da recuperare. Restava ancora la possibilità del podio ma il finale di Leknessund ha confermato il trend in atto, con il 28’34” finale che l’ha estromesso dal podio, su cui pertanto ha finito per ritrovarsi con pieno merito Puppio.

La classifica finale ha così recitato: Pidcock nuovo campione del mondo con 12” su Puppio e 13” sul polacco Maciejuk, a cui è andato il bronzo. Il primo degli esclusi dalla zona medaglie è stato il tedesco Hollman, quarto a 21”, seguito dal kazako Chzan (a 23”), dal danese Johansen (a 27”) e dall’olandese Hoole (a 30”). Soltanto ottavo a 32” Leknessund, con lo sloveno Cemazar (a 35”) e l’australiano Berwick (a 36”) a chiudere la top ten. Per quest’oggi ci siamo sicuramente divertiti ed ora inevitabilmente cresce l’attesa per la prova in linea di sabato prossimo, in cui sarà presente anche il campione europeo in carica Michele Gazzoli, recuperato a tempo di record dopo la brutta caduta ai mondiali su pista che gli lasciò in dote la frattura di una clavicola. La concorrenza, si sa, è elevatissima ma dopo quanto visto oggi perché non sognare?
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