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Ciclisti di...versi - Giovanni Gerbi

22.06.2020 10:14

Nono appuntamento con la rubrica che abbina poesia e ciclismo eroico. Dopo le due puntate iniziali con i transalpini Lucien Petit-Breton e Louis Trousselier, l'arrivo in Italia con Giovanni Cuniolo e Carlo Galetti, il ritorno in Francia con Octave Lapize, il passaggio in Belgio con Philippe Thys, il nuovo sbarco Oltralpe con Gustave Garrigou e un altro protagonista italiano come Giuseppe Azzini, ecco un nuovo grande del pedale tricolore, ovvero sia Giovanni Gerbi.

GIOVANNI GERBI

Tutto tentasti per non lavorare,
finché fu la bici che ti rubò il cuore.
Rosso di fiamma, esibito nel petto
ti rese diavolo, agli occhi d’un prete.
Diavolo fosti, per chi ti sfidava!
Un Belzebù d’astuzie e di forza!
Ardente stringesti il tuo caro manubrio,
prodigio incurante di pioggia e di vento.
Per la vittoria sprezzasti la sorte,
persino qualcuno in terra buttasti!
Con i francesi fu odio ed amore
anche se al Tour, ahi che legnate!
Troppo veloce scandisti il tuo tempo,
tanto che giovane già declinasti.
Ma quell'amore tra raggi e ferraglia
ti richiamò col suo fascino intatto.
Fu poi così che la storia finì,
tra lo stradone deserto e le rose.
E qui per sempre risuoni il tuo nome,
Diavolo Rosso, che ogn'animo scuote!

Giovanni Gerbi (Asti 4 giugno 1885 - 7 maggio 1954) è una delle figure leggendarie del ciclismo eroico italiano. Ragazzino d’indole ribelle, in gioventù provò a cimentarsi con vari mestieri ma con scarso successo, fino a quando, lavorando per un meccanico di biciclette, scoprì in quel mezzo su due ruote la sua vera vocazione. Cominciò a partecipare a varie gare sia in Piemonte che in Lombardia, alle volte anche con viaggi e vicende avventurose: si narra che una volta, alla Milano-Erba, lui e un suo fido compagno non vennero svegliati per tempo al mattino nella locanda in cui alloggiavano, partendo così con ben 15 minuti di ritardo. Nonostante l’inconveniente riuscì a rimontare e superare tutti i concorrenti, risultando vincitore.

Per la sua abitudine di gareggiare con un maglione di colore rosso, gli venne dato l’appellativo di Diavolo Rosso, che i racconti vogliono scaturito dall'esclamazione di un prete che, nel bel mezzo di una processione, si vide piombare l’esuberante corridore piemontese, il quale aveva sbagliato strada mentre stava partecipando da una gara. Il prete, colpito anche dalla sgargiante divisa, esclamò una frase che più o meno suonava come Quello è il diavolo!

Nel 1903, dopo aver già vinto varie corse, riuscì a conquistare la Milano-Torino a soli 18 anni con un'impresa memorabile: non solo si aggiudicò la corsa con distacchi abissali su tutti gli altri ma percorse il tracciato con tale rapidità che giunse nel capoluogo piemontese quando ancora non era stato montato lo striscione d’arrivo, né erano arrivati i giudici, tanto che per omologare il risultato fu determinante la testimonianza del proprietario del bar a cui si rivolse appena arrivato nel luogo indicato per l'arrivo.

L'anno successivo decise di recarsi in Francia per partecipare al Tour de France ma la sua avventura durò poche tappe, in quanto fu costretto al ritiro dopo aver subito un'aggressione da parte di sostenitori transalpini, che lo presero a bastonate quando già era sera, scambiandolo per Maurice Garin (il vero obiettivo di quegli esagitati). Nello stesso anno partecipò anche al Campionato del mondo degli stayer su pista ma nel finale di gara fu coinvolto in una rovinosa caduta che gli fece seriamente rischiare la vita, dal momento che fu portato esanime in ospedale, rimanendo in coma per alcuni giorni. Nel 1905 però, nella prima edizione del Giro di Lombardia, compì un vero e proprio capolavoro: dopo aver studiato meticolosamente il percorso, staccò tutti trionfando con oltre 40 minuti di vantaggio su Giovanni Rossignoli e Luigi Ganna.

Nel 1907 invece si fece notare per alcune delle proverbiali astuzie che lo portarono ad attuare comportamenti ben oltre il lecito nei confronti degli avversari: alla Milano-Sanremo, disputata per la prima volta, decise di favorire il francese Petit Breton, ingaggiato dalla sua stessa formazione, ostacolando in maniera netta e deplorevole l’altro transalpino Garrigou, beccandosi il declassamento ma riuscendo nel suo intento; ancor più incredibile quanto fece al Lombardia, rivinto con distacchi enormi. Dopo la corsa venne appurato il suo accordo con un casellante ferroviario, che avrebbe abbassato le sbarre appena dopo il suo passaggio per impedire agli avversari di raggiungerlo mentre vari suoi sostenitori ostacolarono la marcia degli altri corridori, gettando anche dei chiodi per farli forare. In virtù di questo venne retrocesso all'ultimo posto e squalificato per alcuni mesi dalle gare.

Non troppo fortunate furono le sue esperienze col Giro d'Italia: nel 1909, nella prima storica edizione, fu costretto al ritiro dopo poche tappe anche per via dell'eccessiva esuberanza di un suo sostenitore, che lo fece cadere danneggiandogli la bici. Raggiunse il podio solo nel 1911, quando fu terzo ma primo nella categoria isolati e nel 1912 nell'edizione a squadre. Tra i suoi successi più importanti, oltre al Giro del Piemonte del 1906 e 1908 vi fu anche la Roma-Napoli-Roma, conquistata per ben tre volte. Avviato ad un precoce declino e con la Prima Guerra Mondiale che lo tenne lontano forzatamente dalle competizioni, ritentò la fortuna al Giro d'Italia nel 1920 ma venne squalificato per essersi fatto trainare da un sidecar. Decise, pertanto, di ritirarsi e divenire produttore di biciclette.

Agli inizi degli anni Trenta però, quando già aveva superato di gran lunga i quarantanni, tornò a far parlare di sé per la sua partecipazione alla Milano-Sanremo del 1932, che riuscì a portare a termine. Pochi mesi dopo, a quasi 47 anni, prese di nuovo parte anche al Giro d'Italia, giungendo però fuori tempo massimo. Continuò comunque la competizione, anche se all'ultima frazione non trovò nessuno ad attenderlo all'arrivo, a parte sua moglie che gli donò un mazzo di rose rosse. Colpito da un'embolia, poche settimane dopo essere rimasto coinvolto in un incidente stradale, morì nella sua Asti il 7 maggio del 1954 all'età di 68 anni.

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