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Deceuninck, chi troppo vuole nulla stringe

07.04.2021 17:24

Scheldeprijs indirizzato da freddo e ventagli, vince Jasper Philipsen in barba a Bennett e Cavendish che puntavano a fare primo e secondo. Mozzato e Nizzolo, solo una top ten


A volte il pesce piccolo si pappa quello grande, a determinate condizioni. Per esempio quando la corsa non segue un copione scontato, e ciò permette che i rapporti di forza possano essere messi in discussione (e già questo è successo oggi allo Scheldeprijs numero 109). O quando il pesce grande vuol prendersi più di quanto sarebbe richiesto, per esempio - nel nostro caso - piazzare primo e secondo all'arrivo, e non accontentarsi di vincere una corsa che era ampiamente alla portata. Se hai Mørkøv come lanciatore, e ai 200 metri non si è ancora spostato, e in scia si porta Bennett e Cavendish, beh il dubbio che l'altrove magnifico ensemble fiammingo stia sottovalutando ampiamente gli avversari, essendosi fatto prendere dall'ingordigia, esiste. Perché in una condizione normale Cav non sarebbe stato a ruota di Ben, ma al limite avrebbe lavorato prima nel treno nerazzurro.

Un'ingordigia tanto più ingiustificata in quanto nel gruppetto che si giocava l'ultima classica fiamminga della stagione non è che mancassero avversari veloci, dagli italiani Nizzolo e Mozzato (destinati a restare però ai margini delle posizioni che contano), ai sempre insidiosi Ackermann e Van Poppel, per non parlare di un certo Jasper Philipsen. Che la Alpecin oggi fosse votata, in partenza, al rapidissimo Tim Merlier non v'era dubbio. Ma quando hai un secondo nome del peso di Philipsen, appunto, puoi dormire tra due guanciali, dato che quello sarà probabilmente capace di districarsi al meglio tra ventagli e fatti vari, e avrà poi anche la bontà di sprintare bene al traguardo: cosa puntualmente avvenuta, non senza la fondamentale collaborazione di un minitreno creato all'occorrenza a dimostrazione che la Alpecin-Fenix non è solo Mathieu Van der Poel.

Cronaca. Subito out due possibili protagonisti, Nacer Bouhanni (Arkéa Samsic) che non ha preso il via e Arnaud Démare rimasto ai box con l'intera Groupama-FDJ a causa di un caso covid all'interno del team. Hype in picchiata in Francia. 194 i km totali dello Scheldeprijs 2021, e ne sono bastati 15 per vedere la corsa rivoltata totalmente: la partenza da Terneuzen e il primo tratto sulla costa olandese non lasciavano presagire in effetti nulla di diverso. Prima setacciata con 70 uomini (circa) rimasti davanti, ma poi da dietro son riusciti a rimediare e riecco il gruppo più o meno compatto poco dopo il km 40. Ma come era prevedibile, dato che il tratto esposto alle correnti era ancora da completare, altra rumba di tango sarebbe andata in scena più avanti, e infatti puntualmente al km 70 o giù di lì nuovo giro di ventagli, solo 13 uomini davanti e stavolta li possiamo elencare dato che sarebbero arrivati fino al traguardo: 3 per la Bora-Hansgrohe (Marcus Burghardt, Michael Schwarzmann e il capitano Pascal Ackermann), 2 per la Alpecin-Fenix (il veloce Jasper Philipsen e Jonas Rickaert), 2 per la Qhubeka Assos (Giacomo Nizzolo supportato da Max Walscheid), 2 per la Deceuninck-Quick Step (SuperSam Bennett con l'appoggio preziosissimo di Michael Mørkøv); e poi da soli Clément Russo (Arkéa), Danny Van Poppel (Intermarché-Wanty), Brent Van Moer (Lotto Soudal) e Norman Vahtra (Israel Start-Up Nation).

Ulteriore sfortuna per due dei più attesi oggi, Tim Merlier (Alpecin) e Alexander Kristoff (UAE-Emirates), vittime di una caduta poco dopo, e costretti a inseguire gli inseguitori. Mal gliene incoglieva, perché un secondo gruppetto non mollò mai la presa, vedendo davanti a sé la possibilità di rientrare davanti, e così è stato a 70 km dalla fine, col drappello dei battistrada salito da 13 a 29 unità per via del rientro di quelli subito dietro. Un rientro che certo cambiava gli equilibri lì davanti, con Deceuninck e Bora che andavano in superiorità imbarazzante. Vediamo i nuovi 16: Marc Sarreay e Stan Dewulf (AG2R Citroën), Nils Politt e Rüdiger Selig (Bora), Florian Sénéchal, Bert Van Lerberghe e Mark Cavendish (Deceuninck), Jonas Koch (Intermarché), Cees Bol (DSM), Dries De Bondt (Alpecin), Luca Mozzato (B&B Hotels p/b KTM), Evaldas Siskevicius (Delko), Dries Van Gestel (Total Direct Énergie), Søren Wærenskjold (Uno-X) e infine un tris della Beat (Piotr Havik, Luuc Bugter e il mitologico Jan-Willem Van Schip).

Da lì in poi la corsa non ha più avuto sussulti, nel senso che il gruppo dei 29 ha proceduto in ottimo accordo, e dietro - nonostante gli sforzi di alcuni dei team rimasti tagliati fuori, su tutti la UAE, la Cofidis, Solutions Crédits e pure la Bingoal Pauwels Sauces WB, ma non c'era verso di abbattere quei due minuti abbondanti, del resto davanti c'era dovizia di gregarioni da spendere per la causa dei velocisti in avanscoperta. Per non farla tanto lunga, andiamo direttamente al finale, un paio di pallidi tentativi di anticipo da parte di Havik ai 2.5 km e poi di Van Moer ai 2 km, ma i team dei velocisti hanno tenuto chiusa la porta senza problemi.

Lo sprint: all'ultimo chilometro non pareva esserci storia, con la Deceuninck a controllare la situazione. Ma ai 500 metri da dietro, alla destra dei Dec, è emerso il tre-nino degli Alpecin, con De Bondt a fare una tirata fondamentale per riportar sotto Philipsen (che partiva un po' indietro), Rickaert a lanciare lo sprint del compagno e Jasper a prendersi di prepotenza la scena al centro della strada. Bennett, il cui treno non voleva decidersi a lanciarlo (da qui il dubbio che gli uomini di Lefevere abbiano osato per fare primo-secondo), si è trovato addirittura anticipato da queste mosse, tanto che ha pure dovuto fare uno scarto netto ai 150 metri per ritrovare la ruota buona; solo che il rettilineo d'arrivo era troppo corto, e il belga della Alpecin troppo forte comunque per farsi rimontare, sicché l'irlandese ha dovuto masticare amaro solo il secondo posto. Alle sue spalle, a guardargliele letteralmente, Mark Cavendish terzo.

E poi giù dal podio Van Poppel, Russo, Ackermann, settimi e ottavi Mozzato e Nizzolo e infine Sarreau e Van Gestel a chiudere la top ten. All'Italia la corsa sfugge da Petacchi 2009, oggi i due nostri non erano messi male dato che la concorrenza non era amplissima nel gruppetto, e un podio per Giacomo più top five per Luca non erano sogni proibiti. Invece il campione europeo è partito troppo indietro, pur avendo l'intuizione di mettersi sul treno Alpecin, e ha pagato anche il fatto di avere Russo tra sé e Philipsen, per cui non ha potuto usufruire dell'aire del vincitore. Sul lato sinistro della strada invece Mozzato si era correttamente messo sulle ruote del treno Deceuninck, ma lì la lotta per la posizione, cruenta, deve avergli portato via la gran parte delle energie negli ultimi 300 metri, per cui è stato poi rimontato da più d'uno nei 100 finali. E pazienza, andrà meglio alla prossima corsa.
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Marco Grassi
Giornalista in prova, ciclista mai sbocciato, musicista mancato, comunista disperato. Per il resto, tutto ok!